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A Ravello resiste la tradizione della “Quarantana” di Quaresima grazie ad Annamaria Amato

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di EMILIANO AMATO

«Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai». Con questa citazione comincia oggi, Mercoledì delle Ceneri, la Quaresima, il periodo penitenziale di quaranta giorni che precedono la Pasqua cristiana. Durante le semplici ma coinvolgenti liturgie delle ceneri, il sacerdote imporrà della cenere sul capo dei fedeli per incoraggiarli all’impegno penitenziale del tempo di Quaresima, ma soprattutto per rammentare loro la caducità della vita terrena.

Oltre a “passione” la Quaresima è sinonimo di “tradizione”. Il giorno seguente il Carnevale, (dal latino carnem levare – togliere la carne) non è possibile cibarsi di carne per tutto il periodo “di magro” della Quaresima.

I quaranta giorni di astensione da carni animali ha portato, i nostri avi, ad una elaborazione di una cucina più magra, particolarmente fantasiosa e saporita; per questo tipo di necessità sono nati numerosi piatti della nostra cucina tradizionale.

Per rispettare appieno i quaranta giorni di digiuno, fino alla seconda metà del secolo scorso, dopo la cena del martedì grasso, si usava sgrassare, con cenere e limone, tutte le stoviglie presenti in casa, così da ripulirle da eventuali depositi animali giacché sino a quel giorno abbondava la carne di maiale. Perfino labbra e denti venivano lavati col limone. Tutto questo allo scopo di rispettare fedelmente il digiuno e di non commettere peccato, ulteriore testimonianza della profonda fede e del timore di Dio, radicata un tempo.

Simpatica usanza della Quaresima è senza dubbio la cosiddetta “Quarantana”, quella del fantoccio di stoffa con i caratteri della donna anziana, unito ad una patata nella quale sono infilzate sette penne di gallina vecchia che non produce più le uova. Sospeso all’esterno delle abitazioni – a Ravello pare che soltanto Annamaria Amato (di mastro Ciccio, nelle foto) osservi questa antica tradizione -, le sue penne, una per ogni venerdì, vengono estratte e bruciate. Nel giorno del Venerdì Santo, infine, questo simbolo viene interamente arso con l’ultima penna rimasta conficcata nella patata. Tutti i riferimenti mitologici di questo rito sono connessi con i simboli della morte: un fantoccio di stoffa con i caratteri della non prolificità recante le penne di un animale improduttivo.

E’ indispensabile comprendere il presente e scoprire chi siamo, partendo dal passato, attraverso la conoscenza delle nostre abitudini, nei riti, nelle ricorrenze, nelle usanze popolari. Le tradizioni sono saperi trasmessi da generazioni e noi, anche nell’era della globalizzazione, abbiamo il dovere di salvaguardare quell’immenso patrimonio di usi e costumi tramandatici dai nostri avi.

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