In Costiera Amalfitana ha trascorso un’esperienza rilevante e produttiva del suo percorso professionale, ma da quando è rientrato al “suo posto” ha già portato a termine importanti operazioni per il contrasto al crimine. Il maggiore Umberto D’Angelantonio, ex comandante della Compagnia Carabinieri di Amalfi e attualmente al comando del Nucleo Anticrimine Carabinieri del Ros di Foggia, negli ultimi sette mesi (da quando cioè è tornato in terra dauna) ha inflitto un duro colpo alla terribile malavita foggiana, definita “la quarta mafia”.
Tra gennaio e febbraio, infatti, in 24 ore, il Ros ha arrestato Gianluigi Troiano, a Granada, in Spagna, dopo un lunghissimo pedinamento, e Marco Raduano, in Corsica, ad Aleria. Il primo a finire in manette è stato “U minorenne”, fuggito dagli arresti domiciliari che scontava a Camporino nel settembre 2021, (era stato condannato a 9 anni) poi è toccato a “Pallone”, protagonista, nel febbraio 2022, di una spettacolare evasione, con le lenzuola annodate che gli hanno consentito di scalare il muro di cinta del carcere di massima sicurezza di Nuoro. Il boss di uno dei clan di Vieste che, controllano i traffici illeciti in città, era imputato per l’omicidio di Giuseppe Silvestri avvenuto in Monte Sant’Angelo e quello di Omar Trotta, entrambi del 2017, delitto, quest’ultimo, per il quale è imputato, in con corso, anche Troiano. E intanto è stato con dannato in via definitiva.
È proprio il maggiore D’Angelantonio, in una intervista a “Il Messaggero”, a spiegare i dettagli e le fasi della cattura.
Quali sono i profili dei due detenuti?
«Raduano, classe ’83, capo dell’omonimo clan, al momento della cattura risultava condannato in via definitiva a 19 anni, e a 3 tre anni di libertà vigilata, per associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, aggravata dal metodo mafioso, dall’ingente quantitativo e dall’uso di armi, anche da guerra, in seguito all’operazione “Neve di Marzo” del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Foggia. Era anche destinatario di un provvedi mento di esecuzione di pene: nel complesso 24 anni e 6 mesi di reclusione e aveva una condanna in primo grado all’ergastolo per associazione mafiosa, omicidio, tentato omicidio, estorsione, rapina e violazioni in materia di armi, nell’ambito dell’operazione denominata “Omnia nostra”, condotta dal Ros tra il 2017 ed il 2021. Dopo l’evasione, ovviamente, Ra duano, era stato inserito nell’elenco dei latitanti pericolosi. Troiano, classe ‘93, è un affiliato del clan Raduano e al momento dell’arresto era condannato in via definitiva a 6 anni e 7 mesi per associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, aggravata dal metodo mafioso, dall’ingente quantitativo e dall’uso di armi, anche da guerra, sempre nell’operazione “Neve di Marzo”».
Come si è svolta l’operazione che ha portato agli arresti?
«L’operazione rientra in una più ampia manovra investigativa del Ros nella provincia di Foggia, con particolare riguardo al promontorio garganico, coordinata dalla Dda di Bari. Le catture sono state frutto di una complessa attività d’indagine sviluppata da diverse articolazioni del Ros grazie a sofisticati strumenti investigativi: intercettazioni telefoniche ed ambientali, servizi di osservazione e pedinamento. Le indagini, ancora in corso, hanno portato a individuare i due latitanti ed è stata necessaria la collaborazione della Section de recherches di Bastia in Francia e dell’Uco della Guardia civil in Spagna. Entrambi sono stati bloccati dalle polizie locali solo dopo che gli uomini del Ros avevano avuto la certezza della loro identità. Entrambi avevano una fitta rete di fiancheggiatori con cui mantenevano i contatti. Dopo l’estradizione, Raduano ha deciso di collaborare, mentre Troiano è ancora detenuto in Spagna».
Quanto è potente il clan Raduano?
«Il clan Raduano, egemone sul territorio di Vieste e nella zona, è un’articolazione del clan ex Romito, ora Lombardi–La Torre, attivo nell’area di Manfredonia, con legami soprattutto con la batteria foggiana Moretti-Lanza–Pellegrino. Avversario del gruppo è il clan a suo tempo capeggiato da Girolamo Perna, ucciso nel 2019, e ora retto da Claudio Iannoli, alleato con Li Bergolis–Miucci di Monte Sant’Angelo, legati ai Sinesi-Francavilla».
Quali sono le peculiarità di questi clan?
«La tipicità di questi gruppi è la mancanza dei riti di affiliazione e il forte legame familiare degli associati o uniti da forme di “comparaggio” (padrini di cresima, nozze, battesimi).
Inoltre, nonostante le numerose guerre di mafia, e fino alle recenti operazioni di polizia, è stata quasi totale l’assenza del fenomeno del “pentitismo”. Altro elemento tipizzante è che le alleanze vengono strette principalmente, ma non solo, per la commissione di fatti di sangue, con l’obiettivo di rafforzare il vincolo associativo anche tra gruppi che operano in diversi paesi».
Leggi anche: