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Amalfi

Costa d’Amalfi, il 14 febbraio di 160 anni fa al freddo e al gelo

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di DONATO SARNO

I mutamenti climatici e il conseguente innalzamento delle temperature che purtroppo si stanno registrando negli ultimi anni a livello planetario producono i loro effetti e sono avvertiti anche in Costa d’Amalfi. Mentre infatti da noi le estati si fanno ormai sempre più torride, ci troviamo a vivere inverni spesso assai più miti delle medie stagionali e le precipitazioni nevose, divenute ormai rarissime a bassa quota, si sono ridotte pure ad alta quota; durante quest’inverno, poi, neppure le cime più alte dei Monti Lattari finora si sono ancora imbiancate. In passato ovviamente non era così, in quanto il freddo e la neve comparivano in Costa d’Amalfi più volte, presenti ora con maggiore ora con minore intensità, come ben ricordano gli anziani e come diversi documenti del passato ci attestano. Quando, ad esempio, verso la metà del Settecento, si avviarono le pratiche per far incoronare la miracolosa statua della Madonna Avvocata venerata a Maiori sul monte Falerzio, non si mancò di evidenziare che la chiesa con l’annesso convento dei Padri Camaldolesi, i quali allora lì dimoravano, era ubicata su di un’aspra ed alta vetta, la quale “nell’orrida Staggione dell’Inverno” era di frequente colpita da “nevi, nebbie, impetuosi venti, turbini, e percotimenti di fulmini, e saette”. Alcuni decenni prima il sacerdote e storico Francesco Pansa, descrivendo Agerola, l’aveva definita “luogo freddissimo d’ogni tempo”, tanto che egli, “essendovi andato nel mese d’Agosto per le belle caccie di beccafichi”, dovette indossare “gli abiti, che usar sogliamo d’inverno” a motivo della temperatura bassa che persino d’estate c’era lì. La neve inoltre nei mesi autunnali e invernali cadeva sui monti di Agerola e di Scala talmente in abbondanza, che, come  ricorda lo stesso Pansa, essa veniva conservata in grandi fosse lì scavate (le cosiddette  “conserve delle nevi” o “neviere”, alcune delle quali ancora visibili perché in uso sino alla prima metà del XX secolo) e poi si adoperava, nella calda stagione, in mancanza degli odierni frigoriferi, per rifornire di ghiaccio i paesi della Costiera ed anche Napoli, dove con quella neve, trasportata su barche via mare da Castellammare di Stabia dopo essere stata calata a valle in spalla tramite sporte, si facevano “sorbette, e frutti gelati”.

I mesi più freddi erano quelli di gennaio e febbraio, quando non di rado capitava di vedere anche nei paesi marittimi della Costa d’Amalfi neve e ghiaccio. Un freddo particolarmente intenso si verificò 160 anni or sono, nella notte tra il 13 e il 14 febbraio 1864, quando la temperatura scese diversi gradi sotto lo zero, provocando a Maiori un fenomeno rarissimo. Nel 1864, il 14 febbraio era domenica e precisamente la prima domenica di Quaresima, oltre che memoria liturgica del vescovo San Valentino. I Maioresi, destatisi quasi tutti di buon mattino per andare a sentir Messa (le Messe allora si celebravano prestissimo, anche all’alba e comunque non oltre mezzogiorno, ed erano frequentatissime), si accorsero, con immenso stupore, che le acque del fiume Reginna si erano congelate: il ghiaccio aveva infatti formato a pelo d’acqua una crosta di ben due centimetri di spessore. Fu uno spettacolo davvero insolito, che nessun Maiorese aveva mai visto e che, in tali dimensioni, mai più si è verificato, al punto che lo storico Filippo Cerasuoli, nel dare alle stampe, due anni dopo, nel 1866, il suo libro Scrutazioni sulla Città di Maiori, ritenne giusto farne ivi menzione particolare. In generale il Cerasuoli nel suo libro si occupò solo dei fatti più antichi, senza parlare di fatti a lui contemporanei, ma la visione del fiume Reginna totalmente ghiacciato dovette profondamente colpirlo ed impressionarlo (egli aveva all’epoca già compiuto ottanta anni), per cui ritenne giusto e doveroso tramandare ai posteri la memoria di quel fenomeno singolare ed eccezionale a cui aveva modo di assistere. Ed è grazie a lui che oggi è possibile far rivivere e far conoscere le emozioni (ed anche ovviamente i disagi, non essendo le case riscaldate come oggi) che provarono i nostri padri quella freddissima mattina ormai lontana – e così diversa da noi per tanti aspetti, e non solo per il clima – di 160 anni fa.

redazione
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