di ANTONELLO BARTIROMO*
La Strada Provinciale 1 che connette Ravello al Valico di Chiunzi è una sorta di laboratorio a cielo aperto che consente di comprendere l’effetto Venturi. Quest’ultimo, denominato anche paradosso idrodinamico, riguarda i fluidi che scorrono lungo un condotto orizzontale. Nei punti in cui la sezione si restringe, la velocità del fluido aumenta mentre la pressione diminuisce. Le auto che transitano per quella strada si comportano alla stregua di un fluido: dove la strada si restringe per la presenza della felce aquilina (Pteridium aquilinium) aumenta la velocità dei mezzi che la percorrono. Ma si osserva anche un altro fenomeno: quando le curve sono cieche, i conducenti tendono ad invadere la corsia opposta cercando di sperimentare sia la loro Schadenfreude, ovvero il piacere maligno che si prova di fronte alle sfortune altrui, sia i loro impulsi autodistruttivi. Insomma, la strada è davvero un laboratorio delle Scienze Naturali per studiare l’effetto Venturi, il comportamento autodistruttivo dei conducenti dei vari veicoli ed infine l’accrescimento di una Pteridophyta, cioè quello della felce aquilina, che invade la sede stradale inglobando anche i guard rail. A pensarci bene, però, l’effetto Venturi potrebbe essere solo apparente e quindi un effetto ottico soggettivo, mentre la tendenza autodistruttiva dei conducenti presumibilmente imputabile a mancanza di punti di riferimento. La strada in questione, infatti, manca totalmente di segnaletica orizzontale -obliterata dai sedimenti- e verticale che, quando presente, è occultata dalla vegetazione. La sede stradale è spesso occupata da rocce e da massi decimetrici, alcuni dei quali lì da anni, ma che non vengono rimossi perché a) sono diventati un elemento caratterizzante del paesaggio -stradale- e b) hanno la funzione di innescare le imprecazioni dei tanti turisti che devono riconsegnare intonse le auto a noleggio. Le cunette, poi, completamente colmate da frammenti di rocce e sabbia – che non vengono rimossi da anni -, costituiscono il substrato per numerosi elementi della macchia mediterranea che spesso mascherano rifiuti agli occhi dei tanti botanofili. La felce, invece, non è una specie rara da preservare ma anzi una infestante di difficile eradicazione che invade buona parte delle superfici denudate dalla deforestazione e dall’incuria. Ecco, forse la radice dei mali di questa strada è proprio l’incuria, che la Treccani definisce come: Negligenza grave a danno dell’interesse proprio o altrui. Potenziale danno per chi la percorre, ma sicuramente un danno d’immagine per tutti i Comuni della Costiera Amalfitana di cui quella strada ne è l’anticamera. Forse stiamo aspettando il prossimo incidente stradale fatale per donare alla monocromia imperante della vegetazione uno sprazzo di rosso per poi assistere al rimpallo delle responsabilità ed infine tombare tutto con una bella prescrizione. Più che la SP 1 è la Strada Pericolosa n° 1!
*docente scuola secondaria di primo grado Ravello