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Dalla gloria all’abisso in due anni: povera Salernitana, tradita e umiliata

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di EMILIANO AMATO

Due anni. Tanto è bastato per passare dalla gloria all’abisso. Dalla Serie A alla Serie C, in una discesa rovinosa e senza appigli, tra illusioni svanite e promesse mai mantenute. Otto allenatori cambiati, quattro direttori sportivi bruciati, record negativo di punti in Serie A, due stagioni da dimenticare e un epilogo che si può riassumere in una sola, semplice parola: fallimento. In realtà la discesa era cominciata il 31 maggio 2023, al termine della festa salvezza di Piazza della Concordia che garantiva alla Salernitana la terza partecipazione consecutiva al massimo campionati di calcio. Quello che sembrò il momento più alto dei 106 anni di storia granata fu l’inizio della fine. Una disfatta impronosticabile quella sera di due anni fa.

Non servono giri di parole per raccontare l’epilogo triste – e per molti annunciato – della Salernitana. È la fine di una storia, l’ennesima, che sa di incapacità e ingiustizia soprattutto. Di un calcio sempre più lontano da quello che abbiamo conosciuto, che abbiamo amato. Un calcio in cui l’interesse detta legge, cancella la passione e alimenta disillusione e rabbia.

Un epilogo indegno

La partita tra Salernitana e Sampdoria resterà nella memoria non per le giocate ma per la rabbia sugli spalti, per i sediolini lanciati in campo e la gara sospesa e poi chiusa anzitempo.

Urla e lacrime non sono bastate a coprire il suono assordante del fallimento. Né lo saranno i post sui social o i proclami fuori tempo massimo. Lo sfottò ci sta, la goliardia pure, ma ciò che è accaduto ieri sera è stato solo il frutto finale di una gestione indegna, inadeguata, fuori controllo.

Un disastro scritto e annunciato

Quello che è successo è solo la naturale conseguenza di segnali ignorati per mesi: una squadra allo sbando, un ambiente esasperato, una guida assente. Perfino la sospensione della gara – quando il risultato era già compromesso – è sembrata una sconfitta ulteriore per la città, per i tifosi, per chi ancora ci credeva.

Un rigore netto negato alla Salernitana per fallo di Yepes su Soriano, un gol irregolare della Samp per fallo di mano di Meulensteen. Ma non è solo colpa degli arbitri. Il campo ha parlato chiaro, e quel poco di calcio rimasto è stato spazzato via dalla confusione generale. L’unica prestazione maiuscola possibile, quella del cuore e dell’orgoglio, non è mai arrivata.

E ora, si parla già di “programmare la prossima stagione”. Ma da chi? Con quali competenze?

Da “San Siro” al “Lamberti” di Cava de’ Tirreni, la caduta è stata troppo vertiginosa, surreale.

Il fallimento di Danilo Iervolino

Ma il presidente Danilo Iervolino, si è reso conto di ciò che ha combinato?
Arrivato come il salvatore, si è presentato come l’imprenditore visionario, l’uomo nuovo del calcio. Pretendeva di cambiare le regole senza conoscere il mondo del calcio, a partire dalle commissioni per i procuratori. Ma alla prova dei fatti, ha distrutto tutto.
Dopo averla acquistata in serie A per poco più di 10 milioni di euro al gong, in quella notte di San Silvestro, ha trattato la Salernitana come una start-up da lanciare, un algoritmo da ottimizzare. Ma il calcio non è un business plan. È cuore, passione, visione, storia, lungimiranza, intuizione, abnegazione, rispetto… E in questa avventura Iervolino ha fallito: non vuole certo essere un insulto – per lui che si risente facilmente quando riceve una critica -, ma è un dato di fatto. Questa piazza non ne può più del “ricco offeso”, dei proclami, delle frasi fatte. La Salernitana non è un giocattolo.

Ieri sera sarebbe dovuto uscire. Metterci la faccia. Invece è scappato, come se avesse qualcosa da temere.
Ma nessuno gli vuole male, per carità: la gente di Salerno vuole solo rispetto, chiarezza e dignità.

L’unica via d’uscita: umiltà e uomini giusti

Adesso, l’unica cosa sensata è azzerare tutto.
Ripartire, sì, ma in silenzio. Senza slogan. Con umiltà e con gli uomini giusti al posto giusto. Con chi sa davvero cosa significhi costruire, gestire, onorare una squadra, una maglia, un simbolo, un’intera città e la sua Provincia. basta improvvisazione: oggi la Salernitana è umiliata, ferita, tradita.

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