Un patto forte tra genitori, scuola e Stato al centro della rivoluzione culturale che ha portato l’Islanda nel giro di 20 anni a una drastica riduzione dell’uso di alcol e droghe da parte degli adolescenti.
Oggi il modello islandese è osservato da alcuni comuni italiani.
Il progetto si è mosso seguendo due vie: un primo intervento comportamentale che ha creato una sorta di coprifuoco per i ragazzi adolescenti islandesi e ridotto l’accesso alle sostanze d’abuso (divieto di pubblicità di alcolici e tabacco, divieto di vendita di alcolici a ragazzi sotto i 20 anni), e un secondo intervento, più profondo, che ha previsto l’attuazione di un piano di inserimento dei ragazzi adolescenti entro programmi ricreativi ed educativi (corsi di arte, un’implementazione forte del tempo speso facendo attività sportiva).
Il programma si chiamava “Youth in Iceland”, poi ripreso a livello europeo con il nome di Youth in Europe (http://youthineurope.org/), ha preso vita nel 1998 e come dicevamo ha condotto a risultati apparentemente radicali. Dal 1998 i ragazzi islandesi, forti consumatori di alcol, sono scesi dal 48% al 5%, i consumatori di cannabis dal 17% al 7%.
Oggi a livello locale ci si interroga se il modello islandese possa essere importato anche in Italia dove è in netto aumento, tra i giovani, il ricorso a sostanze stupefacenti, gioco d’azzardo, abuso di internet, con conseguente ritiro sociale.
Non sono esenti i territori di provincia come la Costiera Amalfitana (clicca qui per approfondire) dove al netto delle ataviche difficoltà di natura strutturale è necessario promuovere tra i giovani stili di vita sani e per distoglierli da forme di dipendenze patologiche, proponendo loro alternative positive come sport, cultura e musica.