di NOVELLA NICODEMI
ll Dantedì, giornata nazionale istituita per celebrare il lascito culturale e letterario di Dante Alighieri, si celebra ogni anno il 25 marzo, data simbolica scelta dagli studiosi perché rappresenta, nella finzione letteraria della Comedìa, l’avvio temporale del viaggio ultraterreno di Dante-personaggio nel mondo dei morti. Le due città che segnano maggiormente la vita del padre della lingua italiana, la sua amata Firenze e Ravenna che custodisce le sue spoglie, sono coinvolte anche quest’anno in una fitta rete di iniziative finalizzate a omaggiare degnamente il sommo poeta.

Celebrare Dante è sempre più di vitale importanza: non è commemorare in modo accademico un reperto archeologico, ma significa far risplendere un tesoro inesauribile di contenuti e linguaggi sorprendentemente moderni in quanto universali. Dante non ha ancora smesso di parlare con noi, non ha ancora finito di darci insegnamenti. Anzi, non finirà mai di farlo.
Nel corso dei secoli la sua fortuna ha avuto molti corsi e ricorsi storici. In passato amato e divulgato da Boccaccio, ripreso nei Canterbury Tales da Chaucer, scartato come modello di poesia volgare da Bembo a favore di Petrarca, vittima dell’Inquisizione, guardato con diffidenza dall’Illuminismo settecentesco, fu definitivamente rivalutato nella sua grandezza dal Romanticismo. Da Francesco De Sanctis in poi gli intellettuali italiani ne hanno fatto un punto di riferimento imprescindibile, da Primo Levi – che in Se questo è un uomo concepisce il capitolo 11, Il canto di Ulisse, sulla base del canto XXVI dell’Inferno – al Pasolini di Salò o le Centoventi giornate di Sodoma.
Anche la Chiesa ha cambiato nel tempo posizione nei confronti di colui che ha relegato il papa Bonifacio VIII dritto all’Inferno. Papa Benedetto XV dedicò al sommo poeta l’enciclica In Praeclara Summorum il 30 aprile 1921 (nel sesto centenario della morte) e Papa Paolo VI la lettera apostolica Altissimi Cantus il 7 dicembre 1965 (settimo centenario della nascita) mentre oggi Papa Francesco vede Dante come guida per attraversare le tante selve oscure ancora disseminate nella nostra terra.
La Comedìa, che per Jorge Luis Borges è la migliore opera letteraria di tutti i tempi, ha ispirato la letteratura, l’arte pittorica, il cinema, la musica, la fumettistica e persino il mondo dei videogiochi. Dante è dappertutto, nel vero senso della parola: campeggia, giusto per citare un esempio, nel Dante Park a New York dove gli italoamericani gli dedicarono una statua nel 1921, e, in scala più piccola, ai bei tempi della Lira italiana, sulla moneta da 500 lire, poi sulla banconota da 10.000 lire e dal 2002 sulla moneta da 2 euro.
Per quanto concerne la musica, se nel 1849 Franz Liszt compose la sonata Eine Symphonie su Dantes Divina Commedia, due secoli dopo Vinicio Capossela, da sempre affascinato dall’opera dantesca, canta la struggente Nostos, incentrata sul folle volo di Ulisse e sul suoviaggio, sulla nostalgia intesa come desiderio del ritorno :Né pietà di padre, né tenerezza di figlio, né amore di moglie/Ma misi me per l’alto mare aperto/Oltre il recinto della ragione/Oltre le colonne che reggono il cielo[…]Fatti non foste a viver come bruti/Ma per seguire virtute e canoscenza/Considerate la vostra semenza.
Spostandoci nel campo dell’arte visiva, Salvador Dalì, cui nel 1950 il Governo italiano commissionò per il settecentesimo anniversario della nascita le illustrazioni dei cento canti della Divina Commedia, realizzò centodue acquarelli dove interpreta il mondo dell’oltretomba in chiave metafisica e psicologica, con la sua vena dissacrante, usando per l’Inferno torni chiari in contrasto con le tonalità scure delle celebri storiche incisioni di Gustave Doré. L’autore di fumetti giapponese Go Nagai, oltre a Mao Dante e Devilman, ha pubblicato la versione a fumetti del poema; nei manga One piece e Cavalieri dello Zodiaco viene riprodotta la struttura del regno degli inferi – così come nel videogioco Dante’s Inferno – senza dimenticare la celebre versione fumettistica della Divina Commedia creata dalla Disney.
In ambito letterario, nel mare magnum delle citazioni colte del Ghibellin fuggiasco, al mondo subtellurico di Dante si sono ispirati anche autori della cosiddetta letteratura di consumo, come nel caso del best seller Inferno di Dan Brown del 2013. Nel volume, il Professor Robert Langdon, risvegliatosi in un ospedale di Firenze con una ferita d’arma da fuoco alla testa e terrificanti allucinazioni, per fermare il piano criminale di uno scienziato folle, spostandosi da Firenze a Venezia fino a Istanbul, estrapola misteriosi indizi dal dipinto di Botticelli che riproduce la mappa dell’Inferno dantesco.
Sul versante cinematografico troviamo poi una vera miniera dantesca. Attorno a un serial killer che punisce chi si è macchiato dei sette peccati capitali descritti nella Comedìa è costruita ad esempio la trama di Seven di David Fincher. In una realtà degradata dominata dalla violenza, una città infernale buia e decadente, costantemente battuta dalla pioggia, l’indagine è affidata al poliziotto Mills (interpretato da Brad Pitt), sicuro di sé al limite della superbia, istintivo e impulsivo, noncurante degli ammonimenti di Somerset, un vecchio detective disilluso prossimo alla pensione, interpretato da Morgan Freeman. Somerset, personaggio saggio e riflessivo, dovrebbe essere la sua guida, il suo Virgilio, e in effetti cerca di contenere l’irruenza di Mills, proteggendolo da sé stesso, ma il giovane cade negli inganni dell’assassino, sottovalutandone la crudeltà e l’astuzia. Il serial killer John Doe, termine poliziesco per indicare un uomo non identificato, è un anonimo peccatore, l’incarnazione del male che il bene cerca di estirpare da questo mondo. Nella scena dell’arresto, ridotto a terra, dal basso alza gli occhi verso Mills, mostrando il suo vero peccato, l’invidia, che sarà a sua volta punita dall’ira del poliziotto. Alla fine, in questo capolavoro cinematografico, è il male a vincere, diversamente dal capolavoro dantesco in cui il viaggio ultraterreno di Dante si conclude con il protagonista che redime sé stesso e l’umanità.