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Il calcio e i suoi schemi di gioco

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di GIUSEPPE GARGANO

“A un vincitore nel pallone”, scriveva Giacomo Leopardi nel 1821, preannunciando, forse senza volerlo, una rivoluzione ludica che sarebbe poi avvenuta in Inghilterra nel 1863, grazie a Ebenezer Cobb Morley, che ideò il “calcio moderno”, così detto per distinguerlo dallo storico rinascimentale “calcio fiorentino” (antenato del rugby), e fondò la Football Association.

Per porre ordine e intelligenza nell’arrembaggio dei ventidue calciatori, che cercavano disperatamente di far passare la palla di cuoio attraverso le porte allora senza reti, fu ideato un primo schema di gioco: il modulo. Esso prevedeva un portiere, due difensori, cinque centrocampisti e tre attaccanti; oggi lo definiremmo 2-5-3. Resta tuttora lo schema del “calcio Balilla” o “bigliardino” che dir si voglia; intanto, onde evitare errori di visualizzazione, venivano applicate le reti alle porte. Queste ebbero pali quadrati fino al mondiale del 1966, quando il goal “fantasma” dell’inglese Hurst nella finale con la Germania obbligò la federazione ad adottare pali rotondi. 

Il modulo prevedeva due difensori accentrati davanti al portiere, definiti “terzini”; quindi a centrocampo due “mediani” esterni, un “centromediano” e due mezzeali più avanti. L’attacco era formato da due ali e da un centravanti. Fondamentale era il centromediano, definito appunto “metodista”. Nel 1928, al fine di migliorare lo schema, furono introdotti i numeri. Così 1 era il portiere, 2 e 3 i due terzini, 4 e 6 i mediani, 5 il centromediano, 8 e 10 le mezzeali, 7 e 11 le ali, 9 il centravanti. In particolare, il portiere interveniva spesso sul centravanti, quando questi si inseriva nella sua area.

Negli anni ’30 l’inglese Hebert Chapman inventò il “sistema”, uno schema di gioco che era improntato sull’aumento dei difensori, i quali passarono da due a tre, mediante l’arretramento del centromediano che diventava “stopper”, affiancato dai terzini che si allargavano sui lati. Il nuovo schema fu anche detto “WM”, tenendo presente la sezione più difensiva con i mediani accentrati davanti alla predetta linea a tre (W) e quella più offensiva che manteneva la struttura del metodo (M). Naturalmente il gioco rimaneva rigorosamente “a zona”, cioè ogni calciatore operava nella propria zona di pertinenza.

Nel campionato 1947-1948 l’allenatore Gipo Viani inventava il “vianema”, spostando il 9 indietro, che divenne “falso centravanti”, liberando lo stopper 5 dalla marcatura e facendolo diventare, come lo definì Gianni Brera, il “libero”. Con tale schema Viani fece della sua Salernitana un coriaceo avversario delle squadre più blasonate. Egli dava lo spunto al suo allievo Nereo Rocco a costruire il “catenaccio” per il suo Milan campione, immediatamente imitato da Helenio Herrera con la sua Inter pluricampione, una struttura ancor più difensiva, che prediligeva il “marcamento a uomo”. Siamo negli anni ’60, che videro l’apparizione del 4-4-2 e in qualche caso anche del 4-3-3. Nel primo e nel secondo nasceva il “terzino fluidificante”, che sulla sua fascia difendeva e spingeva in avanti: famoso Facchetti, numero 3 dell’Inter, che in un campionato segnò ben 10 reti. Nel 4-4-2 la difesa era composta da due terzini, uno marcatore e l’altro fluidificante, dal libero e dallo stopper; il centrocampo dal mediano di spinta, dall’interno, dalla mezzala di spola e dall’ala tornante, mentre all’attacco rimanevano il centravanti e l’ala di punta (nel 4-3-3 non c’era l’ala tornante ma un’altra ala di punta). L’ala tornante faceva la spola tra la linea di centrocampo e l’area della trequarti; essa era l’evoluzione dell’”ala tattica” che Fulvio Bernardini ideò nello spareggio per lo scudetto del 1964 con il suo Bologna: si trattava del terzino Capra schierato come mediano esterno da modulo sulla sinistra del centrocampo.

Gusztav Sebes nel mondiale del 1954 inaugurò un nuovo schema di gioco: il 3-2-3-2, che presentava tre difensori, due mediani, tre trequartisti e due mezzeali d’attacco. In particolare, il 9 diventava “centravanti di manovra” dietro le mezzeali e in linea con le ali. Queste occupavano una posizione più arretrata rispetto alle ali di punta. La sua Ungheria, “squadra d’oro”, mancò d’un soffio la conquista del titolo mondiale. Hidegkuti e Puskas divennero leggendari calciatori di tale formula.

Quattro anni dopo Feola celebrava la vittoria del mondiale, replicando nel 1962, con il suo Brasile che giocava con il 4-2-4, così inquadrato: quattro difensori in linea, che recavano, da destra a sinistra, i numeri 2, 4, 3, 6, quindi due terzini da sistema e due stopper o terzini da metodo; due centrocampisti, di cui uno (5) centromediano metodista e l’altro (8) mediano; quattro attaccanti, di cui due ali (7 e 11) e due centravanti (9 e 10), gli eredi dello schema ungherese. Celeberrimo numero 10 fu Pelè. In considerazione del gioco prodotto dai mitici undici carioca, possiamo affermare che spesso lo schema diventava un 4-2-2-2, in quanto l’ala sinistra Zagalo arretrava come ala trequartista e Pelè faceva il centravanti di manovra, antesignano della mezzala di punta dei nostri tempi.

Dopo il mondiale statunitense del 1994 i numeri più o meno strettamente legati ai ruoli andarono a farsi friggere, sostituiti da assurdi numeri da bancolotto personalizzati ai singoli calciatori.

La nuova era del calcio, cominciata con il III millennio, è stata interessata da un’evoluzione negli schemi di gioco decisamente interessante. Oggi gli allenatori hanno a disposizione una vasta gamma di possibilità, per cui qualcuno di essi opta per un solo modulo, mentre altri per vari schieramenti da adottare secondo l’avversario o in corso d’opera. Oggi assistiamo al tramonto del 4-4-2, mentre il 4-3-3 resiste egregiamente, anche se con qualche variazione sul tema, che interessa il centrocampo, dove è possibile vedere due mezzeali e un interno centrale, che funge quasi da centromediano metodista (v. Napoli di Spalletti). Si sta largamente diffondendo il 3-5-2, con un ritorno alla difesa del sistema, ad un centrocampo da metodo oppure con due esterni metodisti e due mediani sistemisti, ad un attacco formato dal doppio centravanti, evoluzione delle mezzeali d’attacco ungheresi, una soluzione sperimentata per la prima volta dal Napoli nella Coppa delle Alpi, torneo svizzero estivo degli anni ’60, con Orlando (9) e Altafini (10), un centravanti di sfondamento e uno di manovra. Nel modulo 3-4-2-1 assistiamo alla formazione di un centrocampo con due esterni e due mediani, nonché all’ideazione di due mezzeali trequartiste dietro il centravanti. Nella formula 4-3-2-1 abbiamo il così detto “albero di Natale”, con due esterni e un interno a centrocampo; mentre nel 4-2-3-1 ritroviamo la trequarti di ungherese memoria.

Terminiamo qui la carrellata quasi confusionaria dei numeri schematici, seppur suggestiva. Credetemi, ancora oggi il calcio si conferma come “il più bel gioco del mondo”!  

redazione
http://www.quotidianocostiera.it
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