di GIUSEPPE GARGANO
«Torero, torero, olè!», cantava Renato Carosone nei lontani anni ’50, quando Jepson, il biondo vichingo, il cui acquisto fece “sbancare” il Banco di Napoli, era l’idolo delle folle partenopee, seguito a breve distanza di tempo dal “Lione” Vinicio.
Ora il “matador torero” si chiama Osimhen, ha il colore un po’ più cioccolatteo, collaborato dagli svolazzi e dalle finte dei suoi compagni.
Si eleva come un’alta torre, più alta dell’Antonelliana di Torino, il nostro “Testadimaglio”, pronto all’appuntamento a schiacciare nella rete torinista ma anche a togliere dalla porta azzurra una palla che sta per entrarvi.
Kvara al ritmo del tango argentino fa sognare il “dieci de Dios”: il suo tacco spiazza e confonde gli avversari, mentre innesca azioni da goals sicuri. Su ogni rete partenopea c’è sempre uno dei suoi piedi, destro o sinistro che fosse, non ha importanza. Non dimentichiamoci quando sette giorni fa con rapidi fraseggi di destro e di sinistro ha imbambolato la Dea orobica, mentre il nigeriano la costringeva a tagliarsi le bionde chiome, oscillanti al vento, per penitenza.
Il Napoli, pure se scendesse in campo con lo scopo di perdere, di voler, fors’anche per pietà, regalare tre punti all’avversario, non potrebbe farlo tanto è perfetto il suo gioco impostato sul piazzamento delle linee, per cui, superata la prima, inevitabilmente il pallone finisce sui piedi della seconda, che fa partire l’implacabile contropiede.
Quelle che, rispetto ad una formazione dichiarata per abitudine “tipo” o di partenza, sono chiamate “riserve”, considerato il loro apprezzabile valore, devono giocoforza essere indicate come “altri titolari”, alla stregua delle figurine Panini degli anni ’60 che completavano il quadro degli undici titolari.
Matato il Toro granata, ora occorre spezzare le corna al Diavolo rossonero, raccomandando al Ciuccio di tener pronti gli zoccoli delle zampe posteriori per parare i colpi di coda satanici.
E intanto il Ciuccio mette le ali, che non sono ovviamente quelle di Redbull, ma sono piumate angeliche prominenze adatte a fargli spiccare il volo da capolista che stiracchia la classifica.
E non si tratta del “folle volo” dell’Ulisse dantesco, perchè non affonderà nei vortici improvvisi dell’oceano al cospetto della montagna del Purgatorio, bensì “transumanerà”, per dirla ancora una volta con Dante, in barba alla gravità attraverso gli azzurri cieli cosmici nella sicura direzione dell’Empireo calcistico.