di NOVELLA NICODEMI
Mancano poche ore al debutto in streaming della serie Il Gattopardo (visibile anche su Sky Q, Sky Glass e Now tramite la app Smart Stick), uno dei titoli di punta del catalogo Netflix, che contribuirà a far conoscere la storia italiana, in particolare quella del Sud, al pubblico internazionale, proprio come successo con la recente riuscitissima produzione I Briganti.
La nuova sontuosa creatura televisiva della piattaforma Netflix, prodotta da Indiana Production e Moonage Pictures, è stata creata e co-sceneggiata dall’inglese Richard Warlow e diretta da Tom Shankland (episodi 1,2,3,6) – figlio di un professore universitario di Italiano in Inghilterra che lo portava molto spesso in Sicilia -, Giuseppe Capotondi (episodio 4), Laura Luchetti (episodio 5).

“Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”: celeberrima sentenza, frase-manifesto, che racchiude nel suo tragico cinismo e nella sua visione disincantata della realtà l’anima del romanzo Il Gattopardo, scritto nel 1954 da Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Il capolavoro dello scrittore siciliano viene così di nuovo riportato in auge a distanza di poco più di 60 anni dalla indimenticabile trasposizione cinematografica del grande regista Luchino Visconti del 1963.
Giuseppe Tomasi di Lampedusa scrisse Il Gattopardo negli anni ’50, ma il manoscritto, rifiutato da diverse case editrici, tra cui Einaudi e Mondadori, grazie all’iniziativa di Giorgio Bassani, fu pubblicato dalla Feltrinelli nel 1958, un anno dopo la morte dell’autore.

La serie si confronta pertanto con due pietre miliari della cultura italiana: da un lato il best-seller pubblicato nel 1958 e vincitore nel 1959 del Premio Strega e dall’altro il capolavoro di Visconti con l’iconica scena del ballo durata quaranta leggendari minuti.
Il movie per il piccolo schermo è stato presentato alla conferenza stampa tenutasi a Roma, al Grand Hotel Plaza di Via del Corso i cui saloni hanno ospitato le riprese delle scene del celebre ballo. Kim Rossi Stuart è il principe di Salina – interpretato nel film di Visconti dal leggendario Burt Lancaster – mentre Saul Nanni, giovane attore bolognese, è Tancredi – interpretato all’epoca da Alain Delon -, Benedetta Porcaroli è Concetta principessa di Salina, e Deva Cassel (figlia di Monica Bellucci e Vincent Cassel) è Angelica, ruolo che fu della meravigliosa Claudia Cardinale. Nel cast, tra gli altri, anche Paolo Calabresi (padre Pirone), Francesco Di Leva (Don Calogero Sedara), Astrid Meloni, Francesco Colella. Le musiche sono di Paolo Buonvino.
Lo show in streaming su Netflix si compone di sei episodi. Girato a Roma e Torino e in Sicilia, tra Palermo, Siracusa e Catania, proprio nella bellezza opulenta di una assolata Sicilia barocca di memoria verghiana presenta le ultime scintille di un’epoca storica alla sua conclusione, contestualmente alla saga intima di una famiglia con i suoi drammi personali.
Una scrupolosa attenzione ai dettagli storici con ricerche accurate (con tre diversi tipi di consulenti: uno religioso, uno storico e uno dell’etichetta), ben cinque sartorie che hanno realizzato i costumi originali e una troupe di 250 persone: ciò ha consentito di espandere il racconto laddove nel romanzo ci sono ellissi temporali, dando spazio alla costruzione di lati inediti di alcuni personaggi come Concetta, che nella serie trova un respiro più ampio attraverso l’analisi del doloroso confronto con la figura genitoriale forte e dominante.
Un classico è tale quando per definizione è universale, che non significa anacronisticamente attualizzare una storia adattandola al contesto contemporaneo, ma riproporla nel tempo, con uno sguardo nuovo, pur mantenendone anima e spirito originari.
E questa serie si propone di esplorare temi appunto universali – come il potere, l’amore e il costo del progresso – attraverso il racconto epico di una generazione a cavallo fra il vecchio e il nuovo, con la mastodontica figura del principe di Salina a rappresentare il mondo che sta tramontando e l’audace nipote Tancredi a interpretare le istanze dei tempi nuovi i cui possibili stravolgimenti vanno cavalcati per ottenere il mantenimento dei privilegi. Il titolo Il Gattopardo si riferisce all’animale presente nello stemma della famiglia Salina, simbolo di un’aristocrazia destinata a subire pesanti contraccolpi con l’Unità d’Italia.
Siamo nella Sicilia del 1860 che con lo sbarco di Garibaldi impone delle scelte all’aristocrazia locale che, per conservare i propri privilegi, si vedrà costretta a stringere nuove alleanze.
Circondato da alte aspettative da parte del pubblico degli appassionati di letteratura e cinema, il kolossal, tra eleganti scenografie e costumi d’epoca, promette di rispettare lo spirito originario di un libro che racconta la storia del nostro sud nel momento cruciale in cui incontra la storia nazionale.
Don Fabrizio Salina, protagonista del romanzo (basato in gran parte su Giulio Fabrizio Tomasi, bisnonno dell’autore, uomo di grande cultura, esperto di astronomia), è consapevole che l’unificazione italiana porta con sé serie minacce alla sua casata e, da acuto interprete degli avvenimenti, pur infliggendo un forte dolore alla figlia, promuove il matrimonio del nipote Tancredi con Angelica, espressione della ricca borghesia che sta acquisendo sempre più potere. Una dolorosa transizione tra il passato rappresentato dalla dominazione borbonica e il futuro con lo sfondo dell’impresa dei Mille di Garibaldi, che porterà la Sicilia ad essere annessa al Regno di Sardegna.
Il corso della storia è ineluttabile e per mantenersi a galla non c’è altro da fare che assecondarne il flusso, ma il cambiamento è solo apparente perché tutto viene stravolto affinché resti tutto uguale.