di SIGISMONDO NASTRI
Nel giorno del suo compleanno, ecco la notizia ufficiale che Vittorio Perrotta è il Magister Civitatis Amalfie per il 2023. Riceverà l’investitura, come da programma, il 1° settembre, quando sarà celebrato il Capodanno bizantino ad Atrani e Amalfi.
Vittorio è un personaggio straordinario. Ho già avuto modo di scriverlo. Un novello Re Mida, capace di trasformare in oro tutto quello che tocca. Basta leggere il libro nel quale si racconta a Mauro D’Arco, “627 scalini. La storia romanzata di Vittorio Perrotta”, edito da Franco Di Mauro, per rendersene conto.
Scrive nella prefazione il sociologo Domenico De Masi: «La terra in cui Vittorio è nato e si è formato è la Magna Grecia. Proprio di fronte ad Atrani, nella striscia di terra che segna i confini del golfo, era Elea, la città di Parmenide e di Zenone. Qui, secoli addietro, si insegnava che accanto alla ‘tesis’, cioè alla forma del pensiero razionale, matematico, preciso, inflessibile, esiste e potentemente opera la ‘metis’, cioè quella qualità umana di cui Vittorio, figlio della Magna Grecia e delle incursioni saracene, è dotato in sommo grado. Solo chi possiede quella qualità sa ricorrere all’intuito, allo stratagemma, al combinare irrequietezza e intraprendenza, avventura e fantasia, vigile attenzione e ispirazione audace».
Mi piace, nel titolo del libro, il richiamo ai 627 scalini che, in un paese – Atrani – costretto a svilupparsi verticalmente, nella gola angusta del torrente Dragone, è necessario percorrere per raggiungere la casa dove Vittorio nacque il 24 agosto 1939. E, nel colophon, l’annotazione che il ricavato della vendita (15 euro) è devoluto alla Collegiata di Santa Maria Maddalena e alla Chiesa del Carmine. Un atto di mecenatismo, da sommare ai tanti già compiuti, dei quali sono testimoni i suoi concittadini. Una ulteriore prova che il cordone ombelicale tra il ragazzo emigrato a Parigi e fattosi “grande” con straordinaria caparbietà, tenacia, tante idee innovative, conservando la voglia di vivere e di scherzare, come sottolinea De Masi, è ancora perfettamente integro. Anzi, diventa più solido con lo scorrere del tempo. Me ne accorgo ogni volta che mi chiama al telefono, ne ho avuto ulteriore testimonianza qualche mese fa quando mi ha voluto a pranzo con lui ad Amalfi.
Una folla di ricordi ha invaso la mia mente. A cominciare da quelli lontani della prima giovinezza: le romantiche serate alla Torre dell’albergo Luna, gli abbordaggi sullo stradone, sulle marine, nei night (e io scrivevo sul giornale di pin-up-girls giunte dal Nord, catturate dai tritoni locali: sia pure con scarsa fortuna, mi ci metto anch’io). Fu allora che Vittorio si guadagnò l’appellativo di “Sarracino”, tanto era bello, prestante: con quel viso eternamente abbronzato, che suscitava sguardi femminili ammirati e concupiscenti. E anche un po’ d’invidia tra i coetanei.
Fino all’ospitalità nel meraviglioso pied-à-terre di rue St. Dominique, a due passi dalla Torre Eiffel, e all’invito nella sua maestosa residenza sulla Marne, la vigilia di un Natale. Ci venne a prendere – me e famiglia – con la Rolls Royce appartenuta al Duca di Windsor. Non ho dimenticato i salti di gioia di mio figlio Antonio al solo vedere quell’auto!
Vittorio era stato considerato un fenomeno per aver dato vita alla catena di negozi “La chef des soldes” (poi “La clef des marques”), richiamando su di sé l’attenzione delle maggiori riviste di economia. Ricordo che una volta trovai sul comodino una copia di “Le nouvel economiste” con un lungo servizio che si occupava di lui, dal titolo “Profession Soldeur”. Aveva inventato un nuovo modo di far commercio: gli outlet.
Dalla capitale transalpina, poi, i suoi interessi si sono trasferiti a Cuba e, quindi, a Marrakech, in Marocco, dove ha creato un importante complesso residenziale. E dove vive in una splendida casa, “Villa Alessandrina”, chiamata così in memoria della mamma, persona semplice e forte, mancatagli troppo presto, a soli 39 anni, nel 1957.
Al padre, Lorenzo, che faceva il sarto ad Amalfi in una piccola bottega al tondo Volpe, sotto l’albergo Riviera, avrebbe voluto dedicare un museo ad Atrani, ma non è stato possibile. “Per quanto io voglia regalare alla città parte delle mie collezioni – disse quattro anni fa -, sembra non ci sia uno spazio comunale adatto ad ospitarla”. Chissà che non possa realizzare quest’altro suo sogno proprio a Villa Savo, acquistata di recente e in avanzato restauro!