di ANDREA GALILEO
La nostra comunità arcidiocesana di Amalfi – Cava de’Tirreni ha avuto la gioia sabato scorso di intraprendere il cammino giubilare verso la Porta Santa della Basilica Papale di San Pietro, aperta durante la Notte di Natale da Papa Francesco.

Per motivi di studio, non ho avuto modo di prendere parte in maniera completa e attiva al pellegrinaggio giubilare della mia diocesi, ma non posso negare l’emozione e la gioia di incontrare l’Arcivescovo ed i miei fratelli condiocesani che con la lunga coda di cappellini blu venivano abbracciati dal colonnato della Basilica, simbolo dell’abbraccio della Chiesa al mondo.
I giorni precedenti al pellegrinaggio, anche io, che ormai svolgo il mio servizio liturgico nella basilica di San Pietro insieme ad altri giovani universitari, ero molto emozionato al punto tale che in tanti, colleghi e superiori della Basilica, in maniera affettuosa mi prendevano in giro dicendo: “Cosa sarà quel giorno quando verrà Amalfi!”.

La stessa trepidazione ho provato sabato, quando contribuendo all’organizzazione della celebrazione, mi veniva detto, in maniera confidenziale: “Come sei particolarmente carico oggi… si vede che oggi viene Amalfi”.
Era proprio la verità! Ero molto emozionato perché ho avuto la gioia di accogliere la mia Chiesa di cui sono figlio nel centro della cristianità, dove il successore del Beato Apostolo Pietro, nella Carità, guida la Chiesa universale.

Ho cominciato a prendere veramente coscienza di quel momento quando sul sagrato della Basilica, ho incontrato l’Arcivescovo, al quale mi lega un profondo affetto filiale e sentimenti di stima reciproca. Sono riuscito ad avvertire nel suo volto la gioia di un pastore che si rallegra nel vedere le pecorelle, affidate al suo ministero, unite verso Cristo, vero senso delle nostre vite.
Incontrare i miei conterranei, amici di scuola, amici, famiglie, sacerdoti, operatori pastorali e tante altre persone legate dalle stesse mie origini ha significato per me come ritornare a casa.

Sicuramente questo pellegrinaggio è stato per me e per tutti coloro che lo hanno vissuto in maniera più intesa, una pagina di storia scritta nelle vite di ciascuno, che di certo rimarrà indelebile e viva.
Ma cosa significa realmente per un cristiano passare per la Porta Santa? È certamente un segno che richiama le parole stesse di Gesù ai suoi discepoli: “Bisogna passare per la porta stretta”. Per questo motivo, le Porte Sante delle quattro Basiliche maggiori sono gli ingressi più piccoli di accesso.

Passare per la Porta Santa non è un gesto di magia o di superstizione, significa passare per la “Porta del gregge” cioè Gesù e accogliere il suo invito ad essere veri testimoni della sua Parola, conformando, o almeno provando a conformare, la nostra vita a Lui! Ciò non vuol dire compiere azioni straordinarie ma vivere l’ordinario in maniera straordinaria (San Giovanni Paolo II).

Questo Giubileo, come ci ricorda la bolla di indizione “Spes non confundit”, “la Speranza non confonde”, ci aiuta a non perdere la speranza in un mondo dilaniato dalle guerre, dall’odio, dal delirio di potenza e supremazia. Non a caso il paragrafo numero 3 dice: La speranza, infatti, nasce dall’amore e si fonda sull’amore che scaturisce dal Cuore di Gesù trafitto sulla croce: «Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita» (Rm 5,10). E la sua vita si manifesta nella nostra vita di fede, che inizia con il Battesimo, si sviluppa nella docilità alla grazia di Dio ed è perciò animata dalla speranza, sempre rinnovata e resa incrollabile dall’azione dello Spirito Santo.
Credit picture: Maria Rosa Patruno (Comunicazioni sociali Diocesi di Castellaneta)