di MICHELE RUOCCO
Agricoltura di accoglienza, economia emozionale e relazionale nella conoscenza e promozione del territorio, questo era il mio sogno.
Ero giovane, sognatore appunto, figlio di contadini, orfano di padre e boy scout. Pensavo e scrivevo queste parole nella mia tesina scolastica: un’ipotesi di sviluppo in Costa d’Amalfi, agricoltura di accoglienza, emozioni e relazioni nell’economia del territorio.
Questa mia tesina, frutto della collaborazione anche di alcuni illustri professori quali Lezzi e Cerenza, fu apprezzata e favorì la mia vita poiché mi consentì di trovare un posto di lavoro in una banca.
Il mio sogno era dovuto al fatto che non condividevo in parte la filiera corta, perché pensavo difficile da realizzare nel nostro territorio. Ritenevo infatti che, per aiutare la sopravvivenza della nostra agricoltura, si dovesse puntare – non solo ad esportare il prodotto presso nuovi mercati – bensì a cercare di “utilizzare” e gestire i flussi turistici come un grande mercato. Ciò avrebbe comportato l’esportazione non solo di beni, ma anche l’offerta al turista del nostro prodotto unitamente alla conoscenza del territorio e della sua grande cultura contadina. Nel passato eravamo marinai e contadini e, pertanto, sarebbe stato auspicabile che diventassimo anche albergatori (oltre contadini) e che utilizzassimo il limone come simbolo e brand di conoscenza.
Non solo economia turistica in cultura dominante, quindi, essendo l’economia un fatto complesso dove non può esserci un settore dominante perché sarebbe impensabile che settori non dominanti creino le condizioni per il dominio monopolistico del mercato, del territorio e della partecipazione degli abitanti del paese.
Ero un sognatore e nel tempo tantissimi operatori mi hanno stimolato e spinto ad andare avanti. Constatare che oggi alcuni di quei sogni o vaneggiamenti giovanili si stiano – in parte – concretizzando sul territorio, mi rende orgoglioso e cosciente che una idea, una teoria soprattutto economica si può realizzare, grazie a tutti coloro che vi collaborano. E’ così che poi diventa patrimonio di tutti dimostrando la validità dei progetti inizialmente sognati.
Vedere, anche se parzialmente, concretizzarsi il mio sogno nel luogo dove sono nato ed ho vissuto, constatare che le nuove generazioni sono ritornate a vivere a Torre di Minori lungo il sentiero dei limoni perché hanno creduto possibile viverci con i loro figli e contribuire al miglioramento del territorio, mi rende felice e consapevole che lo sforzo e l’impegno a non fare abbandonare questo villaggio – evitandone lo spopolamento – non è stato vano ma fruttuoso.
Nessuna vittoria è bella se non condivisa e motivo di gioia con la comunità.