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Il turismo ad Amalfi e la sua storia

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di GIUSEPPE GARGANO

La parola “turismo” deriva dal francese “tour” nell’accezione di “giro”, inteso come viaggio, passata poi all’inglese nella forma del verbo “to tour” e con il significato di “viaggiare”.

Il fenomeno del “turismo”, sviluppatosi principalmente nel corso del XX secolo a livello mondiale, si incentra su due aspetti fondamentali: l’uno economico, l’altro culturale. Molto si è discusso e si è scritto circa questa duplice natura; non ultimo un convegno internazionale, tenutosi nella Villa Rufolo di Ravello e organizzato dal Centro Europeo per i Beni Culturali, al quale hanno preso parte insigni studiosi dell’economia e della cultura, ha cercato di affrontare il problema, senza, comunque, giungere ad una conclusione esaustiva. Il turismo è necessità di conoscere e di visitare altri luoghi e altri popoli, sulla scorta di un efficace sistema economico per la sua concretizzazione.

La Costa d’Amalfi da sempre offre un quadro completo di attrattive: il clima mite, il paesaggio divino, la storia millenaria e quasi unica nel suo genere, le manifestazioni dell’arte e della cultura. Questi elementi fanno di Amalfi e della sua costa un unicum nel settore del turismo.

Ai primordi della storia e della civiltà amalfitana il paesaggio e il clima furono i soli attrattori per l’élite della Romanità imperiale.

«Stanco di municipii e di colonie e di ogni altra terra del continente, l’imperatore Tiberio si chiuse nell’isola di Capri, discosta tre miglia di mare dall’ultima punta del promontorio di Sorrento. Molto gli piacque quella solitudine, perchè laggiù non ha porti, ma solo ripari per piccoli navigli e nessuno potrebbe mettervi piede se non per una svista delle guardie. Mite è il clima in inverno a Capri, protetta com’è dal monte contro le furie dei venti, e dolcissima l’estate, esposta alle brezze di ponente con quel gran mare aperto all’intorno». Così descrive Tacito, nel IV libro degli Annali, l’isola di Capri e l’intervento dell’imperatore Tiberio, che ivi costruì un palazzo e dodici ville, nelle quali accolse, come in una sorta di Versaille ante litteram, il patriziato senatorio ed equestre. Egli fu emulato da tanti altri romani, i quali edificarono sia nel Sinus Neapolitanus (Golfo di Napoli) che nel Sinus Paestanus (Golfo di Salerno) numerose ville marittime, come quella di Pollio Felice presso la Punta Campanella, descritta da Stazio nelle Silvae e presentata quale ben riuscito esempio di geniale intervento architettonico ed artistico umano nella divina ma selvaggia natura. La realizzazione di tali ben organizzate ville e la loro frequentazione stagionale da parte dei loro proprietari rappresentavano una forma di “turismo imperiale”.

Il richiamo classico fu poi alla base degli albori turistici moderni amalfitani: sulla scia della riscoperta greca e romana settecentesca di Pompei, Ercolano e Paestum numerosi viaggiatori provenienti da ogni parte d’Europa, tra cui il celebre Goethe, intrapresero il loro “viaggio nel Sud”. Così Amalfi divenne, almeno per la durata di un giorno, la stazione di rifocillamento sulla rotta marittima che collegava le predette città classiche appena ritrovate: fu il primo curioso impatto tra gli amalfitani e i viaggiatori stranieri, che cominciarono a disegnare e a descrivere brevemente una realtà non conosciuta. Quando il disegnatore delineava sul suo Skizzenbuch il ritratto di un autoctono, questi immediatamente spariva alla sua vista, credendo che per superstizione sarebbe morto, senza sapere che proprio quei disegni avrebbero dato luogo all’insorgere delle future fortune turistiche amalfitane, in virtù della propaganda indiretta che avrebbero svolto nei lontani paesi dell’Europa centrale e settentrionale.

Amalfi viene riscoperta in maniera costante e definitiva nei primi decenni dell’Ottocento sull’onda del Grand Tour e sulla manìa romantica dello studio del Medioevo. Così la città diventava meta alquanto frequente di illustri viaggiatori, che restavano lì per più giorni, producendo opere artistiche, poetiche e letterarie. Venivano scelti miti, personaggi e ideazioni della storia e della tradizione amalfitana: Flavio Gioia, mitico inventore della bussola, la duchessa Giovanna d’Aragona e la sua tragica storia d’amore, Tommaso Aniello d’Amalfi detto “Masaniello” e la sua rivoluzione napoletana, la Tabula de Amalpha (codice di diritto consuetudinario marittimo). Tra le opere poetiche spiccano per la loro valenza culturale le liriche di August von Platen (1827) e di Samuel Rogers (1830): il primo, tedesco, scrive alla maniera di Leopardi idillico, ispirato anche da Catullo, soffermandosi sul convento dei Cappuccini, sulla Valle dei Mulini, su aspetti sociali della gioventù amalfitana; il secondo, inglese, ripercorre le tappe fondamentali della storia di Amalfi, esaltando i vari primati che la repubblica marinara seppe raggiungere nei secoli dell’Alto Medioevo. A questi è d’obbligo aggiungere il pittore-architetto Karl Blechen (1829) che, con il suo motto “dipingo ciò che vedo”, fece conoscere nel nord dell’Europa molteplici angoli di paesaggio naturale e antropico della Costa d’Amalfi.

Intanto aumentavano a vista d’occhio gli ospiti che da ogni parte del continente europeo giungevano ad Amalfi soprattutto per svernare. Così il drammaturgo norvegese Enrich Ibsen soggiornò per alcuni mesi nell’Albergo della Luna, diventando amico del proprietario, al quale, in riferimento al suo cognome, amava scherzosamente rivolgere l’appellativo di “Barbaro signore” o, meglio ancora e in termini romantici, “Signore della Luna”. Fu proprio nelle stanze di quell’albergo che egli scrisse “Casa di Bambola”, un autentico best-seller relativo all’emancipazione della donna.

Dagli Stati Uniti arrivava, inoltre, a trascorrere un certo delizioso tempo il poeta Henry Longfellow, che scelse il più antico albergo della costiera e uno dei primi d’Italia, il Cappuccini. Tornando tra il piatto freddo nevoso paesaggio di Boston, ebbe una cocente nostalgìa di Amalfi, alla quale dedicò il poem “Amalfi” (1875), meglio noto come “Quel paradiso di là dal mare”. Quello scritto fece una rilevante propaganda di Amalfi in America e lanciò un forte messaggio culturale relativo alla storia della città medievale, addirittura soffermandosi persino sul mito di “Amalfi sommersa”, anche se per assistere all’arrivo di frotte di turisti americani in Costiera bisognerà attendere gli anni Cinquanta del XX secolo.

Nel corso del XIX secolo le prime strutture ricettive per questi illustri ospiti furono i “conventi-albergo” del Cappuccini e della Luna, come volle definirli in un suo saggio Enrico Caterina, cioè ex-cenobi medievali trasformati in accoglienti e suggestive dimore per i turisti. Lo stesso Caterina, negli anni ’50 del XX secolo, pensò bene di inserire in questa interessante categoria anche il suo “S. Rosa”, monastero del 1681 collocato a Conca dei Marini, ora rinnovato e rilanciato in un circuito alberghiero internazionale.

Racconta Gaetano Afeltra che, quando il Cappuccini inventò i famosi “cannelloni”, li inviò come assaggio al Luna, che, apprezzandone la bontà, rispose con il suono delle sue antiche campane. La fama del Cappuccini crebbe così tanto che uno straniero, inviando una cartolina con la semplice dicitura “Cappuccini – Italia”, la vide recapitata proprio nell’omonimo albergo amalfitano.

Nel frattempo un numero crescente di viaggiatori si diffondeva in altre località della Costiera: gli inglesi preferirono Ravello, colpiti dallo splendore dei suoi monumenti arabo-bizantini. Quindi Nevil Reed acquistò la struttura palaziale erroneamente detta “Villa Rufolo” e la trasformò in un meraviglioso giardino quasi a picco sulla costa orientale. Lì Richard Wagner salì a dorso di mulo con la sua consorte Cosima, rigida prussiana che considerava “cannibali” gli abitanti della Costa; lì il musicologo germanico trovò il magico giardino di Klingisor per il suo “Parsifal”.

La crescente presenza degli inglesi a Ravello promosse rapporti sempre più stretti tra questi e gli autoctoni, tanto che molti ravellesi li seguirono in Inghilterra in cerca di fortuna, acquisendone la mentalità organizzativa e produttiva, segnata ancora oggi dal rito del tè con biscotti da sorseggiare puntualmente alle cinque del pomeriggio.

L’atmosfera musicale inaugurata da Wagner suscitò nel maestro Mario Schiavo, figlio di Ravello, l’idea dei concerti wagneriani, che ogni anno, attirando uno scelto e qualificato pubblico, uniscono le loro dolci e soavi melodìe al paradisiaco paesaggio che solo dalle terrazze di Villa Rufolo è possibile contemplare.

Il turismo invernale del XIX secolo cominciò a subire dei graduali cambiamenti nel senso di una versione estiva e balneare a partire dagli anni Venti del XX: spuntarono, in tal modo, stabilimenti balneari sulle spiagge di Amalfi e di Maiori, i cui frequentatori abituali (soprattutto italiani del Nord) vengono sagacemente delineati dall’abile penna di Cesare Afeltra.

A dare una valida mano alla propaganda effettuata dalle opere scritte e disegnate si aggiungeva, intanto, la fotografia, che sin dal 1852 riproduceva siti, ambienti, monumenti, manifestazioni religiose e popolari con il concorso di fotografi del calibro dei francesi, tra cui per primo Jeuffrain, nonchè degli italiani Alinari, Sommer, Samaritani, Piumelli.

Il numero crescente dei turisti obbligava la creazione di nuove strutture alberghiere: così nascevano il Caruso, il Bonadies e il Palumbo a Ravello, il S. Caterina ad Amalfi, che, franando nel 1899, fu ricostruito nella sede attuale.

Occorreva allora creare ordine e disciplinare quell’emergente e prorompente fenomeno chiamato ormai “turismo”. Allora nel 1928 veniva istituita l’Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo di Amalfi in alcuni locali della Piazza Duomo, pochi anni dopo trasferita dov’è tuttora, a seguito dei lavori di ristrutturazione di locali duecenteschi e rinascimentali condotti dall’ingegnere amalfitano Ruggero Francese, lo stesso che nel 1932 valorizzava la Grotta dello Smeraldo di Conca dei Marini, la “Grotta Verde” dei viaggiatori tedeschi dell’Ottocento, rendendola una delle mete maggiormente ricercate dai turisti.

In quegli anni gli amministratori locali si cimentarono in una politica di valorizzazione turistica di Amalfi in chiave eminentemente storica.

Furono stabilite, dall’arcivescovo Ercolano Marini e dal podestà Francesco Gargano, relazioni intense tra Amalfi e l’Ordine di Malta, il cui fondatore era stato il monaco-medico scalese fra’ Gerardo Sasso nel 1099. Quindi il podestà Salvatore Esposito procedeva al restauro dell’arsenale, inaugurando iniziative culturali tese all’organizzazione di convegni e di mostre e anche con lo scopo di creare un museo sulla civiltà amalfitana medievale. Alcuni progetti di Ruggero Francese, purtroppo non realizzati, a causa dello scoppio della guerra, prevedevano la fondazione di un circolo dei forestieri e di un palazzo dei congressi. Comunque negli anni Trenta i fratelli Raffaele e Renato Camera d’Afflitto promuovevano la costruzione di un eccellente campo da tennis presso il porto della città, destinato a rapida distruzione nell’immediato dopoguerra.

Nel contempo Positano diventava la meta preferita dai profughi dei totalitarismi nazista e stalinista, accogliendo illustri personaggi che contribuirono non poco al progresso sociale ed economico della località, la quale nel dopoguera ricevette un ulteriore impulso dai “vip” internazionali, che attirarono lì miriadi di turisti da tutte le parti del mondo. In aggiunta, i positanesi impararono a valorizzare la loro antica industria del canovaccio per trasformarla in una celebre moda, quelle delle “pezze di Positano”.

Intanto il turismo della Costa d’Amalfi non assumeva più il carattere invernale, ma diventava dichiaratamente estivo: esso si protraeva da aprile ad ottobre. Questa stagionalizzazione, che tuttora dura, costrinse molti a cercar lavoro lontano, alimentando una nuova forma di emigrazione, un tempo diretta verso le Americhe, la Calabria e la Sicilia, ora scegliendo alcuni paesi europei e il Settentrione d’Italia. Chi restava in zona, doveva accontentarsi di lavorare nel settore turistico, divenuto ormai l’unica risorsa economica, soltanto nei mesi primaverili ed estivi, mentre d’inverno o s’inventava un’altra occupazione o restava disoccupato. Si delineava, inoltre, una chiara distribuzione relativa all’ospitalità: gli stranieri preferivano giugno e settembre, gli italiani luglio e agosto.

Negli anni Cinquanta il cinema riscopre la Costa d’Amalfi: vari registi decidono di girare films tra Maiori, Amalfi, Atrani, il Fiordo di Furore; tra questi primeggia senz’altro Rossellini, fortemente sostenuto dalle incantevoli esibizioni di Anna Magnani.

Nel 1955 il pisano Mirro Chiaverini e l’amalfitano Francesco Amodio idearono la “Regata delle Antiche Repubbliche Marinare d’Italia”, una manifestazione che si svolge ogni anno a turno nelle città di Amalfi, Genova, Pisa e Venezia e che consiste nella sfilata dei cortei storici rievocanti eventi, personaggi e momenti delle quattro repubbliche del mare e in un palio remiero. La manifestazione, che è sotto l’alto patronato del presidente della Repubblica, ha raggiunto quest’anno la cinquantasettesima edizione.

Sulla stessa falsariga storico-medievale si organizza, sin dal 1997, ogni I settembre, il “Capodanno bizantino”, il quale si riferisce all’inizio dell’anno in Amalfi medievale, data in cui venivano anche eletti i capi della repubblica autonoma.

Negli anni Settanta l’energico presidente dell’Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo di Amalfi, Plinio Amendola, diede un maggiore impulso all’aspetto culturale del turismo amalfitano. Egli in primo luogo fece dell’arsenale, l’unico cantiere navale medievale tuttora esistente in Italia dal punto di vista architettonico, un luogo per l’allestimento di mostre di notevole spessore artistico; quindi istituì i concerti musicali nel Chiostro Paradiso. Realizzò il progetto “Amalfi by night”, che riscosse grandi successi: si trattava di un percorso guidato tra i vicoli della città medievale, lungo il quale era possibile visitare chiese, abitazioni d’epoca, mostre, esposizioni, nonchè gustare la tradizionale gastronomia locale. Sospesa per lungo tempo, la manifestazione fu nuovamente organizzata alla fine degli anni Novanta, sotto il titolo di “Amalfi ‘e notte”.

Negli anni Sessanta si tentò pure di lanciare Amalfi dal punto di vista del teatro, cercando di ospitare commedie, tragedie, spettacoli di un certo rilievo; purtroppo però questo genere non ha ricevuto in seguito l’adeguata attenzione organizzativa.

Allora si pensò pure a far diventare ospite abituale della città qualche illustre personaggio della letteratura: il presidente dell’Azienda del Turismo, Giuseppe Liuccio, stabilì rapporti significativi con il premio nobel Salvatore Quasimodo, che scrisse su Amalfi un celebre elogio e lasciò la vita terrena proprio mentre era ospite del Cappuccini.

Un valido contributo al turismo culturale amalfitano viene fornito, sin dal 1975, dal Centro di Cultura e Storia Amalfitana, associazione ufficialmente riconosciuta quale ente di ricerca dal Ministero dei Beni Culturali, dalla Regione Campania e dalla Provincia di Salerno, nonchè da numerose università italiane e straniere. Il Centro promuove ed organizza convegni internazionali, mostre, attività di ricerca, didattica e divulgazione relative alla storia, alla civiltà, all’arte del territorio amalfitano. Il Centro ha istituito una fornitissima e specializzata biblioteca, frequentata da locali e da ospiti italiani e stranieri; pubblica volumi e rassegne in varie lingue. Dal dicembre 2010 ha allestito, insieme al Comune di Amalfi, il “Museo della Bussola e del Ducato di Amalfi” nell’arsenale della città. Ha, inoltre, fermamente voluto il museo di arte sacra presente nell’ex-cattedrale del Crocifisso, partecipando in maniera attiva e propositiva alla sua realizzazione, museo visitato, insieme all’intero complesso delle due basiliche comunicanti, della cripta e del Chiostro Paradiso, da centinaia di migliaia di turisti all’anno. Insigni e qualificati studiosi collaborano alle attività del Centro, favorendo indirettamente lo sviluppo di un turismo culturale internazionale che indirizza frequentemente gruppi di visitatori verso Amalfi e gli altri centri costieri. Ci corre l’obbligo di segnalare a tal proposito tre cittadini onorari amalfitani: Dieter Richter dell’Università di Bremen, che ha organizzato mostre e convegni sulla storia del viaggio nel Sud, indicando Amalfi quale meta fondamentale e favorita per il Grand Tour dell’Ottocento; Hidenobu Jinnai dell’Università Hosei di Tokyo, che ha promosso studi e ricerche urbanistiche sui centri amalfitani, organizzando convegni e conferenze in Giappone, nonchè documentari televisivi, grazie ai quali si è registrato un notevole incremento di presenze nipponiche durante tutto l’anno; Giuseppe Fiengo dell’Università di Napoli, che ha catalogato e studiato i monumenti della Costa d’Amalfi insieme alle case a volta, elemento urbanistico di eccezionale valore, offrendo un valido ed indispensabile sostegno per la valorizzazione e la conservazione di un patrimonio particolarmente rilevante per il paesaggio antropico in chiave anche turistica.

Altra componente essenziale per il turismo culturale amalfitano è la tradizione alimentare: a tal uopo il presidente della Comunità Montana “Penisola Amalfitana”, Raffaele Ferraioli, ha gettato le basi per la realizzazione del Museo del Gusto e della Via del Vino a Tramonti. Il turismo della tradizione alimentare amalfitana è stato fermamente ricercato dall’indimenticabile Ezio Falcone, profondo studioso della gastronomia storica, che, insieme ad Andrea Reale e ad altri collaboratori, tra cui il rinomato pasticciere Salvatore De Riso, è stato il fautore della manifestazione “Gusta Minori”.

Il crollo delle barriere politiche che hanno diviso l’Occidente dall’Est comunista ha aperto la strada ai pellegrinaggi di ortodossi verso Amalfi, che vi giungono per pregare in cripta sulla tomba dell’Apostolo Andrea e al cospetto della reliquia del capo. Così negli ultimi tempi si è verificato un forte rilancio del turismo religioso. Interscambi culturali promossi dal Centro di Cultura e Storia Amalfitana e sostenuti dall’Accademia delle Scienze di Sanpietroburgo e dall’Istituto Teologico “S. Andrea” di Mosca stanno aprendo nuove suggestive prospettive.

Tutto questo fa comprendere che il turismo di Amalfi e della sua Costa o è culturale o non è. Pertanto, al turista dei nostri giorni frettoloso e pizzaiolo, che a stento si ferma per dare un’occhiata superficiale al complesso della cattedrale, bisogna necessariamente sostituire un viaggiatore più sereno, desideroso di apprendere e godere a pieno la storia, la civiltà, l’arte, il paesaggio del nostro territorio. Oggi, purtroppo, la città di Amalfi è tornata ad essere quella del X secolo: si ferma, cioè, per i visitatori alla Porta dell’Ospedale e non procede all’interno, verso quel miracolo di natura e d’ingegno umano che è la Valle dei Mulini. La tradizionale “vita ‘e coppa” non è più in relazione, come lo era un tempo, con la “vita ‘e vascio”; cioè l’economia agricola e protoindustriale è separata nettamente da quella commerciale e turistica. Tutto si arresta tra l’area marittima, la cattedrale, qualche piazza o via urbana, ma a settentrione la presenza dei turisti è quanto mai sporadica. Invece dovrebbe essere oggetto indispensabile di accurata visita, in quanto significativo polo di attrazione grazie all’habitat incontaminato da Eden preistorico nella sua parte più interna, al quale si aggiungono i terrazzamenti dei limoni, già sistemati in “lemon gardens”, nonchè i ruderi delle antiche cartiere e della ferriera, il primo opificio pubblico per l’estrazione del ferro nel Meridione in ordine di tempo. Per fortuna alcuni avveduti studiosi hanno pensato di pubblicare e diffondere preziosi itinerari percorribili a piedi tra i sentieri che attraversano e intersecano la valle, collegandola ad altre realtà paesaggistiche di buon rilievo. In tal modo si vedono ogni tanto gruppi di intrepidi ed appassionati stranieri seguire quei percorsi con la cartografia in mano e la curiosità della scoperta nel volto.

In quell’area qualcuno, come il magister in arte chartarum, come amava essere definito, Nicola Milano, ha pensato di creare il Museo della Carta che, se opportunamente collegato al patrimonio di archeologia protoindustriale da recuperare in quella zona, offrirebbe al turismo culturale amalfitano un valido contributo di crescita e di sviluppo. Per la propaganda nel Nord Europa del primato medievale amalfitano della “carta a mano” si attiva da anni un figlio di cartari amalfitani, il giornalista Angelo Tajani.

Il futuro prossimo venturo del turismo amalfitano deve necessariamente puntare alla valorizzazione e non allo sfruttamento delle sue enormi risorse.

Strutture museali sul territorio opportunamente messe in rete tra di loro potrebbero essere altri richiami per i turisti e fonte di lavoro per giovani conservatori, custodi, guide specializzate; suggeriamo a tal proposito la realizzazione di una pinacoteca sulle opere dei pittori costaioli a Maiori, un’altra su Pietro Scoppetta ad Amalfi, un museo del mare nella torre del Capo di Conca e nelle acque adiacenti, un itinerario della Romanità classica che colleghi le ville di Minori, Amalfi, Tramonti, Positano e il Museo dell’Arte Contadina di Agerola, che conserva le testimonianze più antiche della presenza umana sui Monti Lattari (IX secolo a.C.), museo che costituisce un primo punto di arrivo per l’illuminata politica culturale e turistica del sindaco emerito Tommaso Cuomo e dell’attuale primo cittadino Luca Mascolo.

Occorre organizzare uno stabile ufficio di coordinamento tra tutti i sindaci del territorio, al fine della creazione di calendari di manifestazioni annuali non sovrapponibili. In tal modo una società di giovani potrebbe trasportare, mediante appositi vettori, gli ospiti delle strutture alberghiere nelle località dove si svolgono tali attività culturali e folkloristiche.

Il turismo amalfitano è, quindi, oggi combattuto tra la deleteria componente escursionistica che premia pochi dal punto di vista economico e la sua vera vocazione culturale indirizzata verso permanenze più stabili e durature. Noi lavoriamo per auspicare l’affermazione definitiva di tale vocazione, che, tra l’altro, favorisce il progresso civile dell’umanità e determina una più equa ridistribuzione delle ricchezze, incrementando l’occupazione giovanile.

Nucleo formativo in tal senso è certamente l’Istituto Tecnico per il Turismo “Flavio Gioia” di Amalfi, nato nel lontano 1955 come professionale dipendente da quello di Roma e poi divenuto autonomo. La “Scuola turistica”, come amano definirla gli amalfitani, deve tornare ad essere la guida ispiratrice per la preparazione di giovani pronti a lanciarsi nel mondo del lavoro sul territorio; quella scuola che ha formato nel passato generazioni di quadri dirigenti per il turismo amalfitano ed internazionale, grazie all’appassionato impegno e alla valida opera di un figlio di Sicilia ma amalfitano di adozione, il Direttore Antonio Maiorana, alla cui insigne memoria dedichiamo questo scritto.

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