di Antonio Schiavo
Dopo il mio editoriale sulla parata in pompa magna a Sorrento dei principali esponenti politici del Paese qualche lettore ha storto il naso rimproverandomi benevolmente lo scarso ottimismo che contraddistingueva la scritto e la poca speranza nei proclami megagalattici sparsi ai quattro venti che battono la costa confinante con la nostra…
Si sa, “chi di speranza vive…” ma io ho sempre pensato che la speranza non sorga spontanea negli uomini senza essere coniugata ad una piccola dose di fiducia ma pure a un pizzico di sano realismo.
I fatti, da un bel po’ (in parte a causa di pandemia e guerra in Ucraina da non usare però come alibi), hanno ridotto ai minimi termini la fiducia.
Il realismo si dovrebbe peraltro basare su elementi e fatti concreti di cui non si vedono tracce o, per usare un eufemismo, sono impercettibili.
Fatti, sì!
Non fanfaronate contando sui soldi – in gran parte presi a prestito – con il PNRR che i nostri figli e i nostri nipoti si troveranno chissà per quanto sul groppone.
Se si dovesse, infatti, dar credito a quanti progetti e quante iniziative dovrebbero essere finanziati con quel denaro europeo, il PNRR dovrebbe trasformarsi in un inesauribile vaso di Pandora. Ma questo nessuno lo dice.
A proposito di fatti: è di un paio di giorni la notizia, ampiamente prevista, che due milioni di famiglie e cioè cinque milioni di nostri concittadini hanno superato la soglia della povertà assoluta.
Che significa non avere nemmeno il minimo necessario per un’esistenza degna di essere chiamata tale, di non metter insieme non dico pranzo e cena ma nemmeno un pasto caldo al giorno tanto che sono cresciute a dismisura le persone che si rivolgono alle mense degli Enti caritatevoli e di assistenza soprattutto religiosi.
Queste donne e questi uomini si badi, rinunciano anche curarsi perché non possono permettersi le medicine, molte delle quali a pagamento, tra cui pure alcune salvavita.
Ci siamo commossi con Napoli Milionaria di Eduardo De Filippo quando un farmaco per salvare la figlia del protagonista era reperibile solo alla borsa nera, ma oggi quanti padri e madri vivono lo stesso dramma, la stessa umiliante impotenza!
E, come al solito, in questa tragica contabilità primeggia il nostro Sud, con tassi di disoccupazione sempre alti, a stridente contrasto con il paradosso di un’economia turistica che affronta la mancanza di personale perché spesso mal pagato o costretto a orari disumani.
Che deve fare i conti ancora con il caporalato uso a sbattere nei campi di pomodoro o negli agrumeti poveri cristi per pochi euro all’ora dopo che li abbiamo fatti entrare indiscriminatamente in Italia in nome di una malintesa teoria dell’accoglienza.
E oggi fra i nuovi poveri d’Italia ci sono anche poco più di un milione di immigrati regolari.
Credetemi: invidio gli amici lettori del nostro Quotidiano che mi hanno amabilmente rimbrottato ma i fatti, i numeri sono questi. Brutali, incontestabili che, purtroppo, lasciano poco spazio alla fiducia e alla speranza.
Qui non si tratta o non si tratta più di essere ottimisti o pessimisti, speranzosi o disfattisti.
Si vorrebbe solo non essere costretti a ripetere all’infinito, fideisticamente, proprio come faceva Eduardo nell’opera citata: “Ha da passà a nuttata…”.