di GIUSEPPE GARGANO
Il Big Bang, la grande esplosione della singolarità o “uovo cosmico, che originò l’universo circa 14 miliardi di anni fa diede di conseguenza origine alla formazione della materia e dell’energia, l’una legata intimamente all’altra dall’equazione di Einstein energia = massa x velocità della luce al quadrato, secondo la quale anche una piccola quantità di materia può sviluppare un’enorme quantità di energia. La possente esplosione iniziale proiettò in tutte le direzioni dello spazio la materia a quel tempo enormemente calda e formata quasi completamente da protoni, cioè da idrogeno. Subito la materia incandescente cominciò ad aggregarsi, sotto l’effetto dell’esplosione e attrattivo della gravità, in grossi astri di varie centinaia di masse solari (1 massa solare = 2 miliardi di miliardi di miliardi di tonnellate!). In tempi brevissimi gli oggetti più massicci collassarono in grandi buchi neri, oggetti così pesanti da non lasciar partire dalla loro superficie né la luce né le altre onde elettromagnetiche; questi, non più visibili né “ascoltabili”, facevano comunque sentire la loro mostruosa presenza, attraendo intorno a sé, in virtù dei consistenti campi gravitazionali prodotti, enormi quantità di materia e di altri corpi minori, costringendoli a moti rotatori rivoluzionari secondo le curve spazio-temporali da essi stessi generate: nascevano così le protogalassie.
Col passare del tempo le continue e frequenti esplosioni di supernovae (stelle massicce alla fine della loro evoluzione) arricchivano sempre di più le galassie di elementi via via più pesanti (elio, carbonio, azoto, ossigeno, silicio, ferro), dai quali si andavano a formare stelle meno massicce, meno calde, più stabili e dalla vita molto lunga. Queste stelle nane, ricche di metalli e di molecole di composti vari, risultavano essere per la maggior parte rosse: da qui deriva la tendenza all’arrossamento delle galassie e, di conseguenza, dell’intero universo, un universo sempre più ricco di elementi pesanti e sempre più freddo.
Quando, in un tempo molto lungo, si stabilirebbe l’equilibrio termico in tutto l’universo, cioè quando la temperatura assumerebbe lo stesso valore in ogni sua parte, allora non vi sarebbe evoluzione e, per il II principio della termodinamica, si verificherebbe la “morte termica”. Questo possibile futuro dell’universo dovrà, comunque, fare i conti con il ruolo svolto dai buchi neri e dalla materia oscura.
La formazione della nostra galassia, la Via Lattea, è stata determinata da un grande buco nero, prodotto del collasso di una struttura supermassiccia con massa dell’ordine di 2 milioni di masse solari. Intorno ad esso si formò una sfera alquanto uniforme o un ellissoide lievemente schiacciato di gas. L’azione dell’attrazione gravitazionale imponeva una rotazione a tale sistema e un collasso, che a sua volta condensava il gas e lo riscaldava, dando, quindi, origine a processi di formazione stellare. Tale collasso sarebbe durato 200 milioni di anni. Intanto il gas si frammentava, formando sistemi di nubi che, urtandosi, si riscaldavano ulteriormente ed emettevano l’eccesso di energia sotto forma di radiazione: se il gas è esistito per un tempo sufficientemente lungo, allora ha irradiato molta parte dell’energia cinetica prodotta dalle nubi ma ha conservato il momento di rotazione. Così il sistema diminuiva gradualmente il proprio spessore ma teneva invariato il diametro; diventava, quindi, uno sferoide che si trasformava in un disco piatto. Questi sono i contenuti della teoria di Eggen, Lynden-Bell e Sandage.
Invece Searle e Zinn propongono una formazione della galassia dalla collisione e dalla fusione di diverse nubi di gas, quasi piccole galassie irregolari: il tempo di fusione sarebbe durato 2 o 3 miliardi di anni. Se il tempo di collasso della nube gassosa fosse stato maggiore di 1 miliardo di anni, il gas avrebbe formato stelle, la cui successiva esplosione avrebbe prodotto gli elementi pesanti; così questi si sarebbero concentrati con maggiore percentuale nelle stelle più interne della galassia, in concomitanza con l’accumulo di gas verso il centro. Se il collasso fosse avvenuto rapidamente, il predetto processo non sarebbe accaduto.
In quello stadio iniziale vi era soltanto il gas; praticamente assenti risultavano essere gli elementi pesanti e la polvere, per cui era difficile la formazione di elio, l’elemento più pesante dopo l’idrogeno con nucleo costituito da 2 protoni. La temperatura del gas interstellare allora non doveva scendere al di sotto dei 200-300°K (0°k = – 273°C), mentre allo stato attuale essa raggiunge al minimo i 4-6°K. Inoltre, ora il gas interstellare rappresenta l’1-2% della massa totale della galassia, poiché il resto è condensato nelle stelle.
Nella fase evolutiva della galassia si formarono stelle molto massicce e grandi ammassi, gli ammassi globulari, vecchi di 10-14 miliardi di anni e poveri di elementi pesanti. L’evoluzione rapida e la loro esplosione arricchì il gas interstellare di elementi pesanti forgiati nella loro fucina termonucleare. Intorno al centro galattico, sede del super buco nero, la materia interstellare è per 1/3 organizzata in nubi molecolari giganti molto calde e dense, capaci di resistere agli effetti di marea dell’intenso campo gravitazionale generato dal nucleo della galassia.
Due modelli, allo stato attuale, cercano di spiegare la formazione del disco galattico.
Il modello top-down prevede dapprima la formazione del disco spesso a seguito della concentrazione della galassia; quindi si ha la distinzione tra stelle di popolazione intermedia, che dissipano energia per interazione reciproca e col gas interstellare, e stelle di alone, che non dissipano e restano indisturbate sulle loro orbite. Le prime, perdendo energia, vanno a collocarsi sul piano equatoriale galattico e a formare il disco sottile.
Il modello bottom-up considera la formazione del disco sottile da perturbazioni subìte dalle stelle originarie. Meccanismi di riscaldamento lasciano espellere progressivamente alcune stelle dal piano galattico: tali meccanismi sarebbero prodotti da incontri di stelle con nubi molecolari giganti, bracci di spirale, oggetti massicci in rapido movimento. In tal modo dal disco sottile la popolazione intermedia emigrerebbe per formare il disco spesso. In pratica, vicino al piano galattico si muovono le stelle di Popolazione I, ricche di elementi pesanti, su orbite quasi circolari; mentre le stelle formatesi di recente dal gas interstellare costituiscono la Popolazione I estrema. Su orbite schiacciate e povere di elementi pesanti si muovono le stelle di Popolazione II, della quale fanno parte pure gli ammassi globulari. Così la Popolazione I costituisce un alone sferico che avvolge il disco galattico ed è caratterizzato da stelle giovani; mentre la Popolazione II o alone è formatada stelle vecchie. In definitiva, la sequenza cronologica di formazione delle popolazioni stellari galattiche è la seguente: Popolazione II estrema – Popolazione II – Popolazione I vecchia – Popolazione I – Popolazione I estrema.