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L’operazione “Avalanche”: quando uomini e armi invasero Maiori e il Valico di Chiunzi

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di SIGISMONDO NASTRI

Lo sbarco delle truppe anglo-americane, a Maiori, avvenne alle prime luci dell’alba, il 9 settembre 1943, preceduto, alle due di notte, dal lancio di paracadutisti. All’improvviso lo specchio d’acqua antistante la spiaggia fu invaso da una moltitudine di mezzi anfibi, che trasportavano a riva uomini e armi. Dalle navi, intanto, venivano sparati, a intervalli regolari, possenti colpi di cannone verso il valico di Chiunzi, dove erano le postazioni tedesche. Non si verificarono incidenti con la popolazione. L’unico che rischiò di rimetterci la vita fu Luigi Della Pietra, detto “Gigino ‘e cacariello”. Se ne stava a dormire, come d’abitudine, in spiaggia, a ridosso di una barca. Svegliato di soprassalto, e terrorizzato dalla scena che gli si parava dinanzi, scappò. Fu rincorso e ferito dai soldati americani.Ecco come descrive lo sbarco Hugh Pond nel suo libro “Salerno!”“Ore 3,20. Le prime truppe incominciarono a sbarcare sull’estrema punta settentrionale della penisola di Sorrento, a Maiori, senza incontrare alcuna resistenza. Esse erano composte dai rangers americani agli ordini del tenente colonnello Bill Darby, e dovevano operare indipendentemente sul fianco del settore inglese. Una spiaggia scoscesa permise alle navi più grandi di avvicinarsi alla costa e ben presto cominciarono a sbarcare il materiale con la precisione e la facilità di una manovra in tempo di pace. Queste tenaci truppe d’assalto avanzarono e si trincerarono in posizioni dominanti l’ importante passo di Chiunzi, uno dei due varchi che portavano a Napoli. Da qui dominavano le strade e la ferrovia fra Salerno e Napoli. Tre ore dopo tutto il materiale e l’equipaggiamento erano a terra; le truppe si stavano scambievolmente congratulando per il successo di questa facile operazione”.

Di quell’avvenimento esiste una documentazione di grande valore storico, oltre che artistico: i tre dipinti che il professore Gaetano Conforti, architetto con la passione della pittura, realizzò seguendone le varie fasi, nascosto dietro le imposte socchiuse della sua abitazione, sita sul versante occidentale del lungomare. Maiori fu invasa da carri armati, trattori, batterie motorizzate, convogli della Croce Rossa. I cittadini cominciarono ben presto a familiarizzare con gli americani, 1600 uomini del 1°,3°,4° battaglione Ranger, al comando del colonnello William D. Darby, più quelli dell’83° battaglione mortai chimici. Non pochi rivelavano di essere figli di emigrati di queste zone. Una mattina, in piazza, un sergente stava parlando animatamente di questioni di servizio con carabinieri e persone del posto. Alla folla che s’era radunata intorno, il sottufficiale esclamò: “Ma che stamme pazzianno? Jatevenne a ‘e case vuoste, ca dovimme fa’ ‘a guerra”. Era, infatti, originario di Torre del Greco. Più complesso il rapporto con gli inglesi, ai quali competeva la ronda notturna. Darby fu ucciso qualche anno dopo, addirittura a guerra conclusa, dalle parti del lago di Garda, ad opera di un cecchino. Intanto aveva meritato la promozione a generale.

A Maiori gli alleati si insediarono a palazzo Mezzacapo. Allestirono accampamenti negli “orti” del lungomare, impiantarono i loro ospedali nei giardini pubblici e nella chiesa di san Domenico. Alcuni camion parcheggiati nell’attuale piazza Mercato fungevano da magazzini per lo spaccio. Una sala al primo piano di palazzo D’Amato divenne circolo per gli ufficiali. Subito prese corpo un attivo commercio di sigarette, cioccolato, caramelle, biscotti, carne in scatola. Le vicende dello sbarco e dell’avanzata al valico di Chiunzi restano ancora impresse nella mente dei più anziani ma anche di figli e nipoti che le hanno sentito spesso raccontare. C’è chi ricorda che i tedeschi avevano minato il ponte di sant’ Antonio, in località Ferriere di Tramonti. l proprietario di una casa, lì vicino, se ne accorse, sparò, uccidendone due. Quindi disinnescò le mine. Era stato, nella prima guerra mondiale, artificiere. Su questo episodio c’è un’altra versione, più verosimile.

Due soldati tedeschi, in fuga, stavano cercando di far saltare il ponte, in modo da ostacolare l’avanzata delle forze alleate. Uno fu inseguito e ucciso da militari americani, l’altro tentò di nascondersi in una cavità rocciosa, ma precipitò nella scarpata. In località Croce dell’Arco i tedeschi ammazzarono una ragazza, Gelsomina Giordano, mentre attingeva acqua da una cisterna. A Conca di Pietre presero in ostaggio un contadino, Matteo Stefanini, per farsi condurre al monte Cerreto, che domina la vallata di Tramonti. I Rangers avevano il compito di portarsi, il più rapidamente possibile, al valico “per essere il fianco sinistro del Corpo d’ Armata che sbarcò vicino a Salerno poche ore dopo”. La loro marcia era accompagnata da massicci bombardamenti dell’artiglieria, dell’esercito, della marina e dell’aviazione verso le principali linee di rifornimento del nemico. Ma i tedeschi, pur non organizzati, attestatisi in posizioni strategiche, riuscivano a opporre una tenace resistenza. Sulle alture di Polvica sei tedeschi, uno dei quali ferito, furono capaci di tener fermi gli angloamericani per alcuni giorni. Fino a quando il maresciallo dei carabinieri non li convinse a deporre le armi, dato che non avrebbero avuto alcuna possibilità di fronteggiare ulteriormente le straripanti e ben equipaggiate forze alleate.

Conquistato il valico di Chiunzi, il capitano Emil “Doc” Schuster vi improvvisò un ospedale da campo, in un fabbricato trasformato poi in pizzeria (“La Violetta”), per assistere e curare i feriti. Un comportamento eroico, il suo: gli era giunto l’ordine di spostarsi in un luogo più sicuro, ma rifiutò. Schuster mori sul campo, a Venafro, di lì a poco. E, per il coraggio dimostrato, gli fu conferita una decorazione. Cinquant’anni dopo, 1’8 settembre 1993, una rappresentanza di Rangers tornò a “La violetta”. Fui presente all’incontro, per il quale fu addirittura preparata una torta che ricostruiva – in miniatura e in modo assolutamente… dolce – lo scenario apocalittico dell’epoca: paesaggio, accampamento, fortificazioni, uomini in armi. Il colonnello Herman Dammer, il capitano R. Noli Dyl, il sergente Carlo Harrison Lehmann rievocarono, con commozione, fatti e personaggi di quei drammatici giorni. Dyl rivendicò un merito: fu lui a catturare il primo tedesco, dopo aver messo piede a Maiori. “Lo sbarco non fu una passeggiata – confessò il colonnello Dammer -. Ci trovammo di fronte una forza non indifferente”. E aggiunse che proprio sul Chiunzi “si crearono le premesse per la vittoria nella disperata battaglia di Salerno”.

redazione
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