di FRANCESCO CRISCUOLO
Un’ampia parte del popolo minorese e maiorese ha appreso con dolore la notizia della dipartita di P. Candido Del Pizzo o.f.m., già parroco per circa un decennio a Villamena in Minori.
Figura rappresentativa della famiglia francescana della Provincia Salernitano-Lucana, può essere annoverato a buon diritto tra i protagonisti del rinnovamento conciliare nella Diocesi di Amalfi, a cavallo degli anni ’60 del secolo scorso.

La sua vicenda personale e comunitaria ci restituisce il ritratto di una vita in movimento. Giovane sacerdote, dottore in Teologia morale, dopo una breve esperienza di studio in Germania e nei Paesi Scandinavi, partecipò, in qualità di consultore, alla discussione e alla redazione, in seno al Concilio Vaticano II, della Costituzione Gaudium et spes relativa ai rapporti tra Chiesa e mondo contemporaneo.
Forte del solido impianto filosofico-teologico acquisito, si adoperò, appena aggregato al Convento di Maiori nel 1966, per portare una ventata di aria nuova nella Chiesa particolare di Amalfi, sotto alcuni profili ancorata a schemi teorico-operativi di stampo tridentino e ad una visione tradizionalistica e devozionale, su cui purtroppo poco avevano inciso i lungimiranti insegnamenti di vescovi illuminati come Mons. Ercolano Marini e il coevo primate salernitano Mons. Nicola Monterisi, che più volte avevano invitato il clero e i laici più sensibili a non essere promotori di “troppe funzioni e processioni e poca evangelizzazione”.

Nella piena consapevolezza che la Chiesa non fosse un organismo statico, asfittico, chiuso nei recinti di comode consuetudini praticate in ossequio ad una malintesa tradizione, ma una realtà dinamica e capace di abbracciare “ogni uomo e tutto l’uomo”, secondo la felice espressione di S. Paolo VI, si impegnò coraggiosamente a smuovere acque stagnanti, a scuotere, anche con incontri ad personam, coscienze assopite e convinzioni di incredulità, a sgombrare il campo da stereotipi e pregiudizi tra cui il più tenace, quello del “si è fatto sempre così”, è stato apertamente deplorato, nel 2013, al n. 33 dell’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium.

Ha avuto la stoffa del sognatore, con effetti alquanto dirompenti, ma è stato, per ciò stesso, l’uomo della concretezza, in quanto non si è crogiolato in aspirazioni irrealistiche, che spesso sono una variante camuffata del principio “quieta non movere”, vale a dire del rifugio nell’inerzia, dell’autocompiacimento nella lamentela, della propensione ad arrendersi al primo ostacolo, della volontà di preferire il cedimento e la resa alla resistenza, dell’asservimento supino al potere.
Recentemente Papa Bergoglio ha affermato che “i sogni sono importanti perché tengono il nostro sguardo largo”. Padre Candido ha avuto lo sguardo largo, perché il suo ministero sacerdotale e il suo animus di figlio di S. Francesco si sono ben radicati nell’invito evangelico “Euntes…docete!” (Mt 28, 29), ad andare, cioè, e insegnare, alla luce della Parola, non a stare fermi nel ristretto perimetro delle sacrestie. Non si è collocato nel solco dei due discepoli di Emmaus che, prima di riconoscere Gesù, “si fermarono con il volto triste” (Lc 24, 17).
In cima ai suoi interessi ha posto, con limpida coerenza, ispirazioni, idee e modalità di azione fondate su verbi ricorrenti nei testi evangelici quali “andare”, “mettersi in cammino”, “partire senza indugio”, sempre nello spirito diobbedienza alla volontà di Dio (At 5, 29), come egli stesso si espresse in occasione della partenza per uno dei numerosi trasferimenti di sede cui si sobbarcò su indicazione dei superiori.
È questa la bussola che lo ha guidato, come uomo tutt’altro che stanziale, e che gli ha fatto imboccare sentieri autenticamente innovativi, dalla veste di padre guardiano nei conventi di Maiori, Banzi, Polla, Potenza a quella di formatore e animatore in altri conventi, come ultimamente a Cava de’ Tirreni, dalle responsabilità parrocchiali agli incarichi di rilievo in ambito diocesano, dalla fondazione del Coro religioso-folcloristico “Voci del Mare” a Minori, nel 1967, all’espletamento dell’attività di direzione, nei primi anni ’80, del Coro liturgico “Amici di San Francesco”, che ne è la successiva filiazione e che è attualmente diretto con mano sicura dall’omonimo nipote, degnissimo continuatore.
Platone ha scritto nel Fedone che è un grande bene ascoltare spesso i grandi maestri.
P. Candido Del Pizzo va, dunque, ricordato e imitato come maestro e testimone dei nostri tempi travagliati, cui, con “l’andare per le strade del mondo” (Mc 16, 15) ha dedicato la vita, spesa nell’amore ardente per la causa francescana e nel servizio umile e fedele a Cristo e alla Chiesa!