11.6 C
Amalfi

Dal mulino al forno. La panificazione e la produzione dolciaria in Costa d’Amalfi nei secoli passati

ultima modifica

Share post:

spot_imgspot_imgspot_img

di GIUSEPPE GARGANO*
Investimento tipico della società medievale amalfitana era il mulino: per la sua attività produttiva intervenivano enti ecclesiastici, monasteri, aristocratici. Il mulino, mola aquaria o molendinum, era presente lungo tutti i corsi d’acqua del ducato. Esso era attrezzato mediante camere fabbricate, mole, fuso (albero di trasmissione), tremoggia, canali in muratura o in legno contenenti tubazioni dello spessore di due dita, torri piezometriche. Veniva venduto in quote-parti, cioè once, la cui totalità era 12, oppure in quote-tempo, cioè in mesi, anch’essi 12, il cui costo era alquanto elevato e negli anni ’20 dell’XI secolo si attestava sui 50 tarì. L’aggregazione di numerosi opifici per la macinazione dei cereali lungo il fiume Bonea di Vietri sul Mare, nell’ambito del principato longobardo di Salerno, diede luogo alla località tuttora denominata Molina.

I cereali macinati non erano coltivati in loco ma venivano importati da vari siti del Meridione. Innanzitutto vi era il triticum bonum et siccum spesso associato all’ordeum (orzo); vi erano anche il frumentum venduto a salme e il grano. In particolare, le imbarcazioni amalfitane caricavano grano, orzo e frumento alla foce del Sele, cereali provenienti da Maritone e da Olevano; lungo il fiume Tusciano nel 1023 si producevano 5 terziaria di grano e 6 di orzo (2 terziaria equivalevano a 1 moggio). Per volontà di Federico II, sul frumento importato dal Sele ad Amalfi i monaci di S. Pietro della Canonica (ex albergo Cappuccini) non pagavano il portaticum. Nel 1314 nel ducato 1 tumulo di orzo (18 kg.) costava 2 tarì siciliani.

Frumento e orzo provenivano anche dalla Puglia, importati da ravellesi, scalesi e tramontani per via terra. Grano e orzo giungevano poi da S. Eufemia in Calabria e solo frumento da Rocca Imperiale. La Sicilia era la fonte principale di approvvigionamento di tali vettovaglie, specialmente Termini, Trapani, Sciacca, Agrigento; nel 1266 furono importate nel ducato 2500 salme, grossa quantità pari a 540 t. Nel secolo successivo navi amalfitane si recavano in Catalogna per caricare grano e orzo.

Nel X secolo i mugnai cominciarono anche a fare il pane, come prova un atto del 990 relativo all’area napoletana; un secolo dopo a Troia, in Puglia, provvedevano a cuocerlo nel forno. Nel territorio amalfitano i primi mulini-forni apparvero a Campora di Agerola e a Maiori. A Vecite era attiva una significativa catena di produzione e trasformazione nel 1273, composta da mulino, forno e botteghe.

Naturalmente erano in uso pure i forni domestici, presenti ai terranei delle abitazioni e ospitati nei catodea: lì il pane era ben cotto nel clibanus o furnus.
Giuseppe Galasso prova che i primi forni pubblici in Italia meridionale comparvero nel XII secolo. Così troviamo una camera con forno nella Platea S. Adiutorii di Ravello nel 1122, associata a botteghe attigue. Il documento di sicura attestazione di un forno pubblico in Costa d’Amalfi riguarda Minori. Qui nel 1168 la nobile famiglia dei de Comite Maurone di Atrani possedeva botteghe e forno presso la spiaggia; in quell’anno donò il forno all’episcopio minorese. Nel 1175 esso era tenuto in fitto dai fornari Apicella, una stirpe che ancora oggi panifica a Minori e ad Amalfi, sicuramente derivata dalla località S. Croce sita tra Maiori e Tramonti, dove un secolo prima gestiva mulini. Il loro forno di Minori si affacciava verso settentrione nella piazza pubblica. Nella vicina Maiori nel 1213 alcune case possedevano forno e bottega.
Le qualità di pani confezionati in tali forni avevano quasi sempre una forma rotonda: tra questi segnaliamo l’oblata, una species panis offerta alle chiese. Era costume nel Medioevo amalfitano distribuire ai poveri pane e formaggio, insieme al vino, nell’atrio della cattedrale di Amalfi o nelle cappelle gentilizie in occasione dei funerali dei nobili o della celebrazione dei loro anniversari; nel 1345 Andrea Vicedomino, primicerio minorese, legò per testamento 1 tarì e 5 grani per il pane da distribuire al termine della processione del S. Salvatore presso l’omonima chiesa della località Paradiso.


Un atto del 1129 fornisce utili informazioni relative alla panificazione e non solo: a Tramonti operavano i butallani, artigiani che fabbricavano con la creta locale il butallus, un recipiente usato per contenere il tartarico, un acido ottenuto dalla feccia nelle fermentazioni vinicole, antiossidante ed emulsionante nella panificazione e nella preparazione di agenti lievitanti per dolci e per il pane. Così allora i fornari tramontani potevano avvalersi del lievito per la loro produzione.


Con il germano (segala), un cereale così detto perchè introdotto dai longobardi, si facevano i biscotti, che venivano assegnati ai militi delle fortezze e ai marinai delle galee da guerra durante il XIII secolo: ciascun marinaio riceveva 1⁄4 di cantaro (22,5 kg.) al mese; 1 cantaro (90 kg.) costava l’accessibile somma 55 tarì siciliani nel 1314.

Nel corso del X secolo facevano la loro prima apparizione le pizze, il cui nome era una deformazione longobarda del bizantino pytta, cioè di forma schiacciata. Esse comparvero in tutta la Campania; nella fase iniziale erano condite con lardo e cipolle, quindi in seguito con varie qualità di formaggi. Per quelle col pomodoro, le alici, l’origano, l’olio, insieme alla celebre Margherita, dobbiamo attendere il secolo XIX.
Insieme alle pizze apparivano pure le focacce bone facte et cocte; nel 1027 le realizzava un molinatore a Vietri.

Altra specialità dei fornari erano i tortini mundi boni.
Gradualmente, nel corso del Basso Medioevo, alcuni fornari si trasformarono in dolcieri; nel retro della bottega infornavano deliziosi dolci e manicaretti, mentre nella camera antistante le loro mogli, dette pistore, provvedevano alla vendita.

All’XI secolo risale l’umbula, una sorta di pane rotondo a forma di bolo, confezionato mediante l’impasto della farina con rosso d’uova, spezie, miele. Essa veniva offerta alle chiese in occasione della Pasqua.
Nel X secolo era in uso il mostacciolo, un dolce di forma romboidale fatto con farina, mosto di vino cotto, miele e mandorle nella sua versione più semplice, arricchito con spezie, uva passa e frutta candita per i matrimoni. Il suo nome divenne cognome di una stirpe della Costiera, che lo usò come figura parlante nel suo stemma araldico.

Altri onomastici collegati al pane e ai suoi derivati furono Buccella (piccolo pane rotondo) e Taralla (presente a Ravello). Il toponimo Pogerola nell’Alto Medioevo assumeva la forma Pigellula, diminutivo di pigella, un piatto rotondo di terracotta utilizzato per infornare il pane. Tale breve relazione è soltanto un assaggio di un ben più ampio studio sull’alimentazione amalfitana medievale, che stiamo conducendo da alcuni anni, analizzando attentamente le fonti documentarie e iconografiche, nonché le tradizioni popolari.
Ci piace ricordare il pasticciere-poeta del Cyrano de Bergerac di Rostand, che ai tempi del Re Sole sapeva egregiamente illuminare la golosità degli uomini di spada, come oggi il maestro Salvatore De Riso sa accendere in noi tutti piacevoli desideri con le sue creazioni.

Foto: casapane.com

*storico medievalista, presidente del Comitato scientifico Centro Cultura e Storia Amalfitana

redazione
http://www.quotidianocostiera.it
spot_imgspot_img

articoli correlati

Scala, 25 aprile festa a Santa Maria dei Monti: una consolidata tradizione di fede. Si inaugura la panchina gigante

di EMILIANO AMATO A Scala il 25 aprile si rinnova la tradizione di fede per Santa Maria dei Monti attraverso la devozione alla Vergine...

Fuori “Maschere”, il singolo del rapper-avvocato salernitano Mastafive. «Rime e arringhe alla ricerca di giustizia»

«Non credo alla tua lingua, credo solo alla famiglia». Parole che incarnano perfettamente l’anima del rapper Signor D,...

Resistenza, gli studenti del “Marini Gioia” di Amalfi approfondiscono la figura del partigiano Adolfo Bella

Mercoledì 24 aprile 2024, in occasione dell'anniversario della liberazione dell'Italia dall'oppressione nazi-fascista, presso l'Istituto di Istruzione Superiore Statale...

L’ANPI Costa d’Amalfi commemora il 25 aprile a Minori

La neocostituita sezione ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d'Italia), che già conta al suo interno numerosi iscritti provenienti da...