di EMILIANO AMATO
Quando la propria casa, luogo sacro per ognuno di noi, viene minacciata, scatta dentro di noi un istinto primordiale: difenderla a tutti i costi esponendosi anche in prima persona. Siamo disposti a tutto pur di proteggere quello che è lo scrigno prezioso che custodisce quanto abbiamo di più caro. Ci appelliamo alle forze dell’ordine ma, nello stesso tempo, ci attrezziamo per farci trovare pronti di fronte agli ‘invasori’. Legittimo atteggiamento, purché non degeneri sfociando nella tentazione di farsi giustizia da soli, come in un Far West postmoderno, che suona francamente anacronistico.
Non bisogna commettere l’errore di seguire istintivamente voci e sentito dire scavalcando competenze e i canali istituzionali e gli organi competenti. E in questo delicato meccanismo la comunicazione gioca un ruolo importante. Un gruppo Whats app, per uno scambio di informazioni in tempo reale tra la gente circa la possibile presenza dei malviventi in paese per la loro localizzazione, può apparire una buona idea. Ma la difficile gestione pratica di un flusso di informazioni, non sempre verificate, paradossalmente metterebbe a rischio ognuno dei circa 200 iscritti (e le loro famiglie) regalando un vantaggio clamoroso proprio a quei soggetti dai quali si cerca di difendersi. Se le informazioni entrassero in possesso dei malintenzionati (ipotesi per altro realistica), attraverso i loro riferimenti sul territorio, si creerebbe l’effetto paradosso. Insomma, quando la cura è peggio della malattia. Come se ci si affidasse ai suggerimenti di internet invece di rivolgersi al medico.
Se poi notizie sensibili, come la creazione del gruppo Whats app e la convocazione di una riunione di pubblica sicurezza in Comune (svelando che le persone si sarebbero recate alle 17.00 in Municipio lasciando inevitabilmente incustodite le proprie abitazioni per qualche ora, proprio nel lasso di tempo preferito dai ladri per colpire) vengono pubblicate da “radio marciapiede”, blog che millanta di fare informazione quotidiana senza averne i requisiti (senza un direttore responsabile), siamo all’harakiri.
Con queste azioni irresponsabili di dilettanti e incompetenti allo sbaraglio, non si fa altro che mettere in serio pericolo i cittadini e vanificare il lavoro delle Autorità.
La notizia va sempre data, per carità (se il fatto è notiziabile). E’ una delle regole auree del giornalismo.
I cittadini vanno messi a conoscenza dei fatti, onde consentire di formulare riflessioni critiche e valutazioni oggettive nei confronti di tutti coloro cui sono affidate pubbliche funzioni che devono essere adempiute “con disciplina e onore” secondo il dettato costituzionale sancito dall’articolo 54 della Carta Costituzionale.
Per questo ci sono i giornali e i giornalisti, iscritti a un albo professionale. Professionisti che gli articoli li firmano con nome e cognome, non con sigle ed esotismi a voler confondere i lettori. E le redazioni sono giornalistiche, sia chiaro.
Oggi in Costiera Amalfitana c’è chi si spaccia per giornalista ma in realtà ha soltanto un unico fine: quello di fare sensazionalismo (e sciacallaggio mediatico) per guadagnare attraverso le notizie spalmandole su portali fotocopia. I cosiddetti acchiappaclick.
Sembra, però, che gradualmente la gente comune si stia rendendo conto di questo gioco scorretto (chi conosce le dinamiche del giornalismo e della comunicazione lo ha compreso da tempo). Anche dopo i fatti accaduti a Tramonti, svelati senza alcun senso di responsabilità, figuriamoci stile e professionalità.
Il nostro invito, quello del Quotidiano della Costiera, è sempre lo stesso: leggere giornali registrati con direttori responsabili, quindi scritti da giornalisti, verificando sempre la gerenza che solitamente si trova in fondo (per i siti web), diffidando da chi non ci mette la faccia. Non blog di natura commerciale che mescolano notizie di cronaca con pubbliredazionali per meri scopi promozionali.
Quella del giornalista, ci pace ricordarlo sempre, è una professione di grande responsabilità. Noi continuiamo a batterci affinché si diffonda una buona cultura dell’informazione, corretta e giusta.