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San Pietro Apostolo: luoghi di culto e simbolismo civile nella Longobardia Minor

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di GIUSEPPE GARGANO

L’Apostolo prediletto da Cristo terminò la Sua missione evangelica nella capitale dell’impero al tempo dello spietato Nerone, insieme al compagno Paolo. Crocifisso a testa in giù, perché non si riteneva degno di morire come il Maestro, Pietro ricevette le chiavi del Paradiso: «L’una era d’oro e l’altra era d’argento:/ pria con la bianca e poscia con la gialla» (Dante, Purgatorio IX, 118-119).

Con l’autorità di rimettere i peccati (chiave d’oro) e con la prudenza e la sapienza (chiave d’argento) sulla pietra della tomba di Pietro trovarono solide fondamenta la primazia ecclesiale romana e il papato. In aperta contrapposizione si sarebbe, poi, schierato, almeno sin dal IV secolo, il basileus pontifex maximus di Costantinopoli (la nova Roma) insieme al suo sommo patriarca, glorificando l’Apostolo dell’Oriente, il Protoclito Andrea, il cui corpo conservava nella chiesa dei SS. Apostoli, fino alla IV crociata, quando il legato pontificio, l’amalfitano cardinale Pietro Capuano, lo trasferì nella città marinara, tumulandolo nella cripta della cattedrale l’8 maggio 1208.

La caccia all’acquisizione di corpi di Apostoli ed Evangelisti si diffuse ben presto nei secoli dell’Alto Medioevo, con lo scopo precipuo di elevare a dimensione internazionale alcune chiese locali: così giunsero a Salerno le sacre spoglie di S. Matteo, a Venezia quelle di S. Marco, a Benevento di S. Bartolomeo, di S. Giacomo a Compostela nella Galizia (Spagna). Sull’onda della peregrinatio petrina Romana devoti pellegrini d’ogni luogo si recavano a pregare sulle arche di Pietro e dei Suoi fratelli in Cristo.

La tradizione vuole che una delle prime chiese a Lui dedicata sia proprio quella di S. Pietro a Grado, nel territorio pisano e presso l’Arno, dove l’Apostolo sarebbe sbarcato per raggiungere Roma.

Il Suo culto si propagò nell’Occidente mediterraneo ed europeo; a tal proposito è sufficiente sottolineare che la cattedrale di Brema, nella Germania settentrionale, era a Lui dedicata già nel X secolo, quando vi giunsero capitelli marmorei prodotti a Benevento.

Festa di San Pietro

La copiosa presenza dei patrimonia S. Petri, abilmente organizzati dal Consul Dei Gregorio Magno, favorì la costituzione di vari cenobi benedettini e orientali intitolati al primo Aposotolo.

Uno dei più importanti era di certo quello imperiale di Taranto, che nel 1080 fu donato a Montecassino dal duca Roberto il Guiscardo.

L’area pugliese fu la maggiormente interessata circa la fondazione di complessi monastici dedicati a S. Pietro. Così nel castello di Biccaro, nella giurisdizione dell’episcopato di Troia, erano ubicate l’abbazia di S. Pietro in Burgo e la chiesa di S. Pietro de Sandorio.

Nella stessa città di Troia esisteva, inoltre, il cenobio benedettino di S. Pietro de Turri Majore, che nel 1067 fu esentato da ogni imposta dal duca Roberto, per intercessione del suo consanguineo conte Roberto de Lucatello.

Nel villaggio di Orietano, lungo il litorale tra S. Eufemia e Nicastro in Calabria, si trovavano vari insediamenti monastici, tra i quali quello di S. Pietro de Episcopio. Tra i confini con la Puglia e la Rocca di S. Agata fu costruito il monastero di S. Pietro in loco qui vocatur Olibula, ubicato in una posizione strategica tra le vie che conducevano a Tremuleto e ad Ariano, nonché alla Serra Beneventana, presso un mulino che nel 1086 produceva maccaroni.

Un altro cenobio intitolato all’Apostolo era situato sul Monte Aperto, appena fuori la città di Benevento e al di là del fiume Sabato.

La città longobarda di Salerno ne conteneva addirittura due. Uno, dedicato anche a S. Giovanni, era collocato presso la Porta Rotese; l’altro fu fondato intorno al 1039 dal giudice Pietro.

La città romanico-bizantina di Napoli ne possedeva uno femminile, posto anche sotto la tutela dei Ss. Erasmo e Marcellino, ubicato nella località Patricciana della Regio di Porta Nova.

A Meta, nel territorio sorrentino, esisteva sin dal 961 la comgregatio de ecclesia S. Petri principis Apostolorum. Nell’ambito della diocesi di Sorrento, in area stabiana, fu attivo il cenobio di S. Pietro de Caprile, che ricevette, in età normanna, numerose donazioni terriere dalla giovane aristocrazia dominorum di Scala e del casale amalfitano di Pogerola.

Nel contesto del castrum di Pozzuoli, contea del ducato di Napoli, vi era un monastero di S. Pietro confinante con l’episcopio di S. Proculo e posto sopra una grotta che affacciava nella platea publica Curtense.

I centri principali e le aree di loro pertinenza della Longobardìa Minor, cioè l’Italia meridionale peninsulare, erano altresì interessati da chiese riservate all’Apostolo Pietro.

Il Thema di Longobardìa era caratterizzato da un verso dai ducati romanico-bizantini di Napoli, Gaeta e Amalfi, da un altro dai principati longobardi di Benevento, Salerno e Capua, da un altro ancora dalle terre pugliesi e calabresi oggetto di perenne contesa, prima della conquista normanna, tra bizantini e longobardi.

Tra 971 e 1027 è attestata nel Vicus S. Georgii della città di Napoli la chiesa patrizia di S. Pietro ad illos Ferrarios, fondata dalla nobile e ricca prosapia dei Ferrario e gestita da una congregazione di sacerdoti. Presso le mura orientali era situata la chiesa di S. Pietro at Carbonario; singolare a tal proposito è la coincidenza dell’attestazione di luoghi di culto intitolati a S. Pietro de Carbonario sive de Mundeczario, ancora una volta attigui alle muraglie del versante est di Amalfi e di Atrani: il Carbonarius era il sito dove s’incenerivano i rifiuti urbani.

A Gaeta una chiesa dedicata a S. Pietro Apostolo era collocata nel porto della città; così pure presso il litorale brindisino erano dislocate le chiese di S. Pietro in loco Blandi e di S. Pietro in loco Barbarie prossima al mare magnum.

La città di Amalfi fu nel Medioevo fortemente interessata dalla presenza, tra le sue mura e nei centri del suo ducato, di numerosi luoghi di culto destinati all’Apostolo.

La più antica chiesa di S. Pietro presente ivi era di certo quella fondata verso la metà del X secolo nel sito extramoenia di Bostopla da Sergio, figlio di Orso Comite e cognato del duca Sergio I. Accanto ad essa, tra il verde lussureggiante della Valle dei Mulini, fu poi realizzato il cimitero dell’abitato, denominato Paradisus.

Nella piazza centrale di Amalfi e nella contigua Piazza dei Ferrari furono attive ben tre chiese dedicate all’Apostolo: S. Pietro de Platea Nova o de Platea Fructuum, S. Pietro de Platea Fabrorum e S. Pietro de Curte.

Appena fuori la porta occidentale di Vallenula, alle falde del Monte Falconcello, il cardinale Pietro Capuano edificò nel 1212 il monastero cistercense di S. Pietro della Canonica, intorno all’antica chiesa rupestre di S. Pietro de Toczulo; il chiostro originale di questo cenobio è oggi inserito nel contesto dell’Albergo Antico Convento (già dei Cappuccini), una delle prime strutture ricettive nella storia del turismo nazionale, realizzata agli inizi del XIX secolo negli ambienti dell’abbandonato convento.

Anche nei casali occidentali di Amalfi furono presenti chiese di S. Pietro: quella di Dudaro a Vettica Minore, l’altra di Tovere, fondata nel corso del Duecento angioino dalla ricca stirpe autoctona degli Spizzatortile; questa conserva nella sagrestia (navata dell’edificio di culto originario) un affresco raffigurante l’Apostolo sul seggio pontificio ed arabeschi in stucco.

Imponente per le sue dimensioni e la sua collocazione è di certo la chiesa di S. Pietro de Castanea nella contrada Campoleone di Scala, il cui impianto tradisce a chiare lettere influssi bizantini dell’XI secolo.

I rioni del versante urbano orientale di Ravello furono interessati da culti decisamente apostolici: mentre al Pendolo in età normanna sorsero le chiese di S. Matteo e di S. Andrea, alla Costa apparve quella di S. Pietro, la cui cupola orientaleggiante svetta tuttora nell’abitato circostante.

Tra le creste rocciose che avanzano tra i territori di Ravello e di Tramonti fu realizzata la chiesa rupestre di S. Pietro da Sere, documentata nel 1018.

Nel casale Figlino di Tramonti ne fu edificata un’altra, che conserva nei locali sottostanti, forse l’edificio primitivo, grossolani affreschi del XIV secolo, mentre mostra sul pavimento superiore artistiche ceramiche settecentesche.

All’interno della città vescovile di Minori vi era, quindi, la chiesa di S. Pietro de lo Pitrito.

Lungo il confine settentrionale del centro abitato della vicina Maiori esiste, almeno sin dal 1128, la chiesa di S. Pietro in Posula, le cui absidi sono canonicamente orientate verso est.

Sulle rocce a picco sul mare del villaggio positanese di Laurito è attestata, sin dal X secolo, un’altra chiesa dedicata all’Apostolo; il toponimo stesso lascerebbe supporre che questa sia nata a seguito della presenza di eremiti in laura.

S. Pietro de Purzano nel casale Pianillo di Agerola era attiva almeno dai primissimi anni del XII secolo.

Ad Anacapri, territorio del ducato amalfitano, nel 1165 si festeggiava S. Pietro Apostolo il 29 giugno.

Negli stessi anni gli amalfitani possedevano tres estracones, cioè tre luoghi per negoziare, nel porto di Laodicea in Siria, a settentrione della chiesa di S. Pietro de Platea.

La città di Salerno presentava entro la cerchia delle mura la chiesa di S. Pietro, prossima alla località Lama.

Nell’ambito del territorio del suo principato esistevano altri luoghi di culto dedicati all’Apostolo.

A Nocera ve n’era uno, presso il quale stavano alcune proprietà terriere di esponenti atranesi residenti a Salerno. Nella medesima zona c’era la chiesa dei Ss. Pietro e Benedetto, ubicata, alla fine del X secolo, in una località rurale.

In quel tempo nel villaggio di Dragonea, presso il luogo detto Traversa, cominciava ad essere attestata nelle fonti la chiesa principale di quella comunità, intitolata a S. Pietro.

Molto antica risulta essere la chiesa di S. Pietro Apostolo di Cetara, il cui nume tutelare apostolo pescatore la dice lunga circa la protezione di un popolo che da epoche lontane ha avuto a che fare con la pesca e la conseguente attività di trasformazione e di conservazione del pescato. Collocata ad oriente del corso fluviale, che divideva il ducato di Amalfi dal principato di Salerno, la chiesa si trovava nella giurisdizione di quest’ultimo.

Da un atto del 988 si rileva che in quell’anno essa risultava essere distrutta; forse fu devastata dai saraceni, che un secolo prima avevano ivi stazionato per un bel p0′, infastidendo principalmente i salernitani. Nel 990 la chiesa era stata già ricostruita, grazie soprattutto all’interessamento dell’atranese di Salerno Marino, figlio dell’omonimo giudice, il quale possedeva, con i suoi fratelli Orso, Mansone e Leone, porzioni dell’edificio di culto, nonché terreni coltivati e case rurali tra lo stesso e il mare.

La città di Capua aveva la chiesa di S. Pietro ad Pontem accanto al muro urbico di cinta.

A Bari, capitale della Capitanata bizantina, sorgeva la basilica di S. Pietro, posta dietro il monastero di S. Maria e presso la chiesa di S. Felice.

Anche a Foggia nel 1174 vi era una chiesa di S. Pietro, mentre quella omonima di Venosa risaliva almeno al 1053.

A Canne era presente la chiesa di S. Pietro de Radulese nell’ultimo quarto del XII secolo; a Rutiliano quella Sanctorum principum apostolorum Petri et Pauli sin dal 1059.

Nella diocesi di Troia un documento del 1188 riscontra la chiesa di S. Pietro de Emma.

Altre chiese intitolate all’Apostolo erano ubicate nei castelli pugliesi o nei loro pressi. Così a Gioi si trovava quella di S. Pietro de Sclavezolis nel 1108, a Modugno S. Pietro de Luciniano nel 1118; la chiesa di Frassinito era dedicata ad un distinto S. Pietro, detto “novizio”, nel 1111.

Un intero casale litoraneo nel Brindisino fu intitolato a S. Pietro: in esso era attiva una salina nel 1107, vicino al ponte di S. Leucio. Quindi una via pubblica a Casalnuovo era dedicata a S. Pietro in Campo.

L’Apostolo Pietro influenzò anche il simbolismo civile del Medioevo meridionale, soprattutto nell’ambito della sfera del potere e della publica potestas.

Innanzitutto ciò appare evidente nelle attestazioni dei diplomi di Roberto il Guiscardo, il quale si dichiarava duca d’Italia, di Puglia, di Calabria e di Sicilia per grazia di Dio e di S. Pietro, in quanto vassallo della Chiesa di Roma.

In aggiunta, alcune cappelle palatine dei dinasti campani erano dedicate a S. Pietro, in quanto princeps Apostolorum, quindi simbolo di potestà.

Pertanto, S. Pietro a Corte era la cappella del palazzo dei principi longobardi di Salerno fino alla conquista normanna, retta da un clericus et abbas.

Del pretorio ducale di Napoli, posto sulla collina di Monterone, doveva far parte la ecclesia S. Petri at Palatine, documentata nel 1130.

Quando i normanni edificarono ad Amalfi il nuovo palazzo pubblico, essendo crollato quello dei duchi locali a seguito del terremoto del 1117, inserirono al pianterreno la cappella palatina, poi regia, di S. Pietro de Curte, attigua al Balneum Domnicum, la stazione termale dei nobili. La cappella, ancora esistente nel XVIII secolo, è ora un’oreficeria; essa evidenzia la sua originaria struttura architettonica, costituita da un’unica nave coperta a volte archiacute, caratteristiche degli inizi del secolo XII.

La figura di S. Pietro, ageminata in argento, campeggia accanto a quella del fratello Andrea sulla porta di bronzo che fu donata alla cattedrale di Amalfi dal ricco e nobile mercante, nonché disshypatos dell’impero bizantino, Pantaleone de Comite Maurone nel 1063, quando si recò a Roma per definire l’alleanza anti-normanna tra l’antipapa Cadalo e l’imperatore.

Così gli affiancati Apostoli Pietro e Andrea simboleggiano quest’auspicata alleanza; dimostrano, nel contempo, anche la posizione di equidistanza di Amalfi tra la Chiesa di Roma e quella di Bisanzio dopo lo Scisma d’Oriente. A questo forte ed ancora attuale simbolismo di pace e di unione ecclesiale fece eco il chierico Laycus della cattedrale di Amalfi, il quale, verso il 1070, definiva la Chiesa Romana come «lo specchio di tutte le altre chiese» e i monaci orientali «padri molto religiosi, molto saggi e molto eruditi».

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