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Amalfi

Sant’Andrea degli Amalfitani

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di GIUSEPPE GARGANO

La testimonianza più antica relativa al culto per l’apostolo Andrea nel territorio amalfitano risale al 964, quando in un atto del tempo il vescovado di Amalfi era protetto dal Protoclito. Pochi decenni più tardi, nel 987, la nuova cattedrale voluta dal duca Mansone I accanto a quella più antica dedicata alla Vergine Assunta fu intitolata a S. Andrea Apostolo. Così il complesso della cattedrale era composto da due basiliche accostate e comunicanti, ciascuna di tre navate, divise da una vera e propria selva di colonne, che accostava l’insigne monumento ecclesiastico alla moschea di Cordova e non a caso, perchè gli archi acuti e a sesto ribassato delineati da tufi bicromi ne segnavano l’indiscutibile somiglianza, derivata dagli scambi mercantili attivi almeno dal 942 con le città arabe spagnole. Il santo pescatore entrava ben presto nella toponomastica cittadina: l’agglomerato di abitazioni circondanti la cattedrale prendeva il nome di Vicus Ecclesie Sancti Andree Apostoli. Un altro vico di S. Andrea era presente a Pontone nel 1182, mentre un convicinius Sancti Andree era indicato nel rione Pendolo di Ravello (1392).

Il culto per il santo protettore si diffuse rapidamente in tutto il territorio dell’archidiocesi amalfitana, mediante la fondazione di chiese molto spesso patrizie: S. Andrea del Pendolo a Ravello (1145), S. Andrea de Mangano ad Atrani (1138), S. Andrea de Pando a Scala (1597), S. Andrea a Maiori, la cappella di S. Andrea ad Agerola (1362).  Al di fuori del ducato di Amalfi una chiesa della colonia di Durazzo, collocata nell’area portuale, era dedicata all’Apostolo.

Secondo un’antica tradizione, Andrea avrebbe scelto di essere crocifisso a Patrasso su di una croce a forma di X, perchè non si riteneva degno di morire come il Maestro; lo stesso avrebbe fatto il fratello Pietro, facendosi crocifiggere a testa in giù. La cosiddetta “croce decussata” appare per la prima volta nel X secolo in Francia ma la sua completa diffusione avvenne soltanto nel XV secolo. Lo storiografo amalfitano Matteo Camera afferma che tale croce sarebbe stata impiegata dalle navi di Amalfi quale labaro distintivo. Di certo è scolpita sul portale in pietra quattrocentesco, denominato volgarmente “portella”, accesso secondario alla cattedrale e alla cripta; è, inoltre, indicata in un simbolo seicentesco così blasonato: «troncato, nel primo di rosso alla croce d’argento a tutto campo; nel secondo d’argento alla croce decussata di S. Andrea di rosso».

Sin dall’Alto Medioevo ad Amalfi si festeggiava sant’Andrea il 30 novembre, il dies natalis dell’Apostolo, cioè il giorno della sua crocifissione, avvenuta al tempo dell’imperatore Nerone. Il trasporto del suo corpo da Costantinopoli e la sua introduzione nella cripta della cattedrale l’8 maggio 1208 ad opera del cardinale amalfitano Pietro Capuano, legato pontificio alla IV Crociata, accrebbero la sua fama a largo raggio: cominciavano ad essere battezzati col nome del santo protettore molti nati, nobili o popolari che fossero; personaggi illustri come santa Brigida di Svezia o Torquato Tasso ma pure gente comune si recavano in pellegrinaggio ad Amalfi per pregare sulla sua tomba. E intanto la manna miracolosa faceva camminare storpi, ridava la vista ai ciechi, riportava in vita persone in coma. Pertanto, l’8 maggio divenne una seconda festività dell’Apostolo, quando l’arcivescovo Filippo Augustariccio nel 1281 istituiva la “Festa dei Fiori”, ricordata nel vernacolo locale come “S. Andrea ‘a quaglia”, poiché connessa alla trasìta de cotornicibus, la cattura dei volatili mediante reti applicate tra gli olivi. In quella ricorrenza, che ricordava la traslazione, le nove chiese parrocchiali della città allestivano in piazza nove alberi addobbati con ghirlande di fiori. La festa fu abolita nel 1572, a causa degli schiamazzi notturni e delle volgarità che si verificavano la sera della vigilia in cattedrale. Ma già in quel tempo era in vigore una terza solenne celebrazione: essa rievocava, il 27 giugno, la miracolosa tempesta di mare che impedì alla flotta del corsaro barbaresco Khair ed-din, al secolo Barbarossa, di sbarcare e di saccheggiare Amalfi.

Nella ricorrenza di tali festività si organizzavano fiere per la vendita di ogni genere di merce. La più antica fu istituita al tempo degli Svevi, verso la metà del XIII secolo, coeva a quella di S. Matteo di Salerno voluta da Giovanni da Procida, uomo di fiducia del re Manfredi, che divenne allora arcivescovo laico di Amalfi e s’impossessò del fondaco di Montecassino, in seguito passato al monastero di S. Lorenzo del Piano. La fiera di S. Andrea si svolgeva sulla spiaggia, durava dal 28 novembre al 2 dicembre, era governata da un magister nundinarum che in quei giorni aveva il potere di stabilire l’esenzione dai dazi per i mercanti; tale prerogativa fu contesa dalle nobili famiglie Capuano e d’Alagno. Purtroppo da un po’ di anni tale fiera non viene più allestita: sarebbe il caso di tornare a farlo, non fosse altro che per la tradizione.

E la tradizione ritorna alla spiaggia in occasione delle processioni sia del 30 novembre che del 27 giugno: l’arcivescovo con i sacerdoti e il popolo portano la statua dell’Apostolo sulla sponda del mare, affinchè egli possa benedire i flutti per renderli docili e favorire così la navigazione dei “navigli amalfitani”, sedendo poi sulla loro prora.

Sant’Andrea del 30 novembre è Sant’Andrea degli Amalfitani, poiché quello del 27 giugno è “ostaggio” del frastuono estivo tra turisti e ospiti. La gastronomia collabora con la sua tradizione: come “Trofomea ‘a sasicciara” del 27 novembre in quel di Minori, così spaghetti al sugo di salsiccia, salsiccia al pomodoro e patate fritte rallegrano sulla tavola le famiglie amalfitane. Tutto comincia la mattina del 30 novembre, quando le donne amalfitane preparano il caffè corretto all’anice, procedura che dura sino a Natale: tale è l’Avvento amalfitano! E intanto spesso non manca il freddo vento di nord-est, la Bòrea latina o la Boréa bizantina, per cui le anziane donne d’un tempo esclamavano: «Sant’Andrea ‘a neve ‘mborea o ‘mbolea», che con il secondo termine significava «Sant’Andrea la neve nel grembo».

redazione
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