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Storia della monarchia: il monarca divino

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di GIUSEPPE GARGANO

Erodoto, il più antico storico dell’Antichità, trovava l’origine del potere assoluto nella necessità della distribuzione dell’acqua col massimo comune vantaggio. Ciò interessò, sebbene in forme diverse, l’Egitto e la Mesopotamia.

L’Egitto era considerato dai suoi abitanti “un dono del Nilo”, che assurgeva a divinità fluviale; il personaggio umano capace di irrigimentare le sue acque per favorire la coltivazione del grano e sfamare la popolazione diventava sovrano divino. Le sue capacità taumaturgiche, derivate dalla sua funzione di sacerdote-astronomo, gli permettevano di predire con infallibile successo ogni anno lo straripamento del Nilo intorno al 21 luglio con la conseguente inondazione delle terre attigue al corso fluviale e la loro ferilizzazione. Poteva farlo in virtù del suo paziente spirito osservativo, che gli consentiva di sapere quando la stella Sirio, la più luminosa della volta celeste, sorgeva insieme al Sole, seguendo i movimenti della stella Procione. Sirio, la dea Iside apportatrice di vita, rappresentava una lancetta cosmica che segnava il tempo di accadimento ciclico di un fenomeno terrestre.

Pochi gradi più su nella volta celeste si dispiega la costellazione di Orione, il dio Osiride sposo di Iside, pronto a generare una progenie celeste destinata a scendere tra gli umani e ad aiutarli a vivere secondo la giustizia. E Osiride fissava la sua divina impronta sulla Terra delineata dalle piramidi di Cheope, Chefren e Micerino come proiezione delle stelle della cintura di Orione (delta, epsilon e csi) e della Sfinge (la nebulosa M42, nursery di giovani stelle).

Osiride e Iside, figli del dio della Terra Geb e della dea del Cielo Nut, divennero i primi faraoni con il compito di civilizzare l’umanità.

Durante la V dinastia (2500-2350 a.C.) emergeva il dio Ra, autogeneratosi, raffigurato come il Sole a mezzogiorno e ritenuto creatore del mondo. Quindi si generò suo figlio Horo, il dio-falco che rappresentava il Cielo, la forza celeste che giungeva agli uomini.

Allora il re dell’Egitto diventava il faraone, il figlio di Ra, il re-Horo divinizzato. Il nuovo faraone non era il figlio del padre faraone al quale era succeduto bensì figlio di se stesso in quanto dio. Così i faraoni erano divinità contemporaneamente sempre uguali e sempre differenti.

In seguito un altro dio, Amon, si sovrappose a Ra, diventando il creatore di ogni cosa. Allora il faraone si trasformò in figlio di Amon-Ra, figlio consostanziale al padre e da lui autogeneratosi. La conseguenza fu la fusione tra principio divino e principio statale. Tutto dipendeva dal faraone che era il padrone di ogni cosa, per cui dominava sui suoi sudditi a lui sottoposti. Questi erano considerati, almeno nella fase più antica, come una massa di mortali che non erano proprietari di nulla se non per volontà del faraone. Tutto ciò che avveniva era per volontà del faraone, che operava secondo la giustizia, cioè l’ordine naturale da lui voluto: egli si autovincolava a rispettarlo. La guerra era intesa come opera necessaria voluta dal faraone per difendere la giustizia e la pace tra il suo popolo o anche per sottomettere e convertire gli infedeli.

Il sistema politico egizio costituiva la prima teocrazia della storia.

Nel Nuovo Regno (1550-1069 a.C.) il faraone diventò una divinità soggetta a leggi scritte, tra cui quelle del Rituale dei morti egizi (c. 1800 a.C.):

non mentire

non fare falsa testimonianza

sfamare l’affamato

dar da bere all’assetato

non frodare la mercede all’operaio

Si tratta di norme simili ai Dieci Comandamenti ebraici.

Allora si consolidò un’aristocrazia di funzionari che si collocò tra il faraone e il popolo. Un’altra categoria sociale che ottenne un riconoscimento rilevante fu quella dei guerrieri. La casta più potente era divenuta quella dei sacerdoti, con la quale il faraone era in continuo e diretto contatto e dalla quale, in tempi molto lontani, perduti nei secoli precedenti, egli stesso era emerso grazie alle conoscenze astronomiche e alle speculazioni astrologiche.

Addirittura una donna nel 1478 a.C. riuscì a imporsi come faraone, facendosi rappresentare con la barba finta, le insegne regali e l’abbigliamento maschile. Era Hashepsut, la regina che governò fino al 1458 in nome e per conto del nipote Thutmose III. Dopo la sua morte si cercò di cancellare ogni prova dell’esistenza del “faraone-donna” ma le moderne tecniche dell’archeologia hanno permesso la scoperta del suo regno, facendo giustizia alla storia.

Durante il Nuovo Regno avvenne una vera e propria rivoluzione religiosa, voluta dal faraone Amenophis IV (1351-1334) e dalla sua consorte la regina Nefertiti, la quale, a giudicare da un suo busto in terracotta, sarebbe stata, per tradizione tramandata e per intuizione degli archeologi, “la più bella donna dell’Antichità”, entrando in competizione con Elena di Sparta e di Troia e Cleopatra. Sarebbe stata proprio Nefertiti a influenzare il marito nell’abolizione di tutti gli dei tradizionali del pantheon egizio e nell’adozione del culto di un unico dio, Aton, creatore del mondo e rappresentato dal disco solare raggiante. Così il faraone, sommo ministro di Aton, decise di assumere l’onomastico Akhenaton (“splendore di Aton”), nominando il proprio piccolo figlio Tuthankaton (“immagine di Aton”) quale suo erede. La chiusura dei templi dedicati alle antiche divinità causò il crolloo finanziario dei sacerdoti che li gestivano. Questi, a seguito della morte dapprima di Nefertiti e poi di Akhenaton, costrinsero il giovane successore Tuthankaton alla loro riapertura e al ripristino dell’antica religione. Per dimostrare pubblicamente la sua conversione, il faraone mutava il suo nome in Tuthankamon (“immagine di Amon”, l’antico Ammone-Ra). Intanto perdeva la vita a diciotto anni in circostanze ancora misteriose e gli succedeva il generale Oremheb, ligio alla casta dei sacerdoti. La divinizzazione dei faraoni andò scemando sempre più con l’avvento del regno ellenistico dei Tolomei, la cui monarchia, sebbene detentrice della più vasta cultura dell’Antichità, il cui sommo sapere era custodito nella biblioteca di Alessandria, andava smorzandosi per finire nell’enorme calderone dell’impero di Roma.

redazione
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