A Tramonti tornano le suggestioni del Palio e Corteo Storico che rievoca la devozione degli abitanti di Tramonti alla Casa Reale d’Aragona nel XV secolo. Due giorni, sabato 20 e domenica 21 luglio, in cui si riunisce la popolazione, unitamente ai tanti visitatori, turisti, cultori e appassionati di storia locale, a rievocare i fasti che l’antica terra di Tramonti ebbe a vivere durante il periodo del regno aragonese, nel 1460 e seguenti, precisamente regnando Ferrante I d’Aragona.
La rievocazione, alla XIII edizione, viene incentrata su di un evento storico accertato.
Il Corteo Storico rievoca la devozione dei Tramontani alla Casa Reale d’Aragona, nel secolo XV. Tramonti ha inteso rivisitare la sua storia e specialmente la giornata della battaglia di Sarno, ove rifulse la gloria dei suoi figli migliori, che si batterono a favore della causa aragonese.
La manifestazione di Tramonti si svolge nella frazione di Polvica, e i figuranti dei tredici casali sfilano lungo un percorso centralizzato, intorno all’antica sede del Sedile del Popolo di Tramonti, ubicato nei pressi della parrocchiale chiesa di san Giovanni Battista, ove un tempo aveva la residenza la municipalità tramontana.
Il corteo storico intende rivivere, attraverso una ricostruzione verosimile e quanto più fedele agli usi e ai costumi dell’epoca, l’avvenimento dell’insigne riconoscimento che il sovrano Ferrante d’Aragona volle attribuire ai Tramontani nel 1461, che è impresso nell’immaginario collettivo di una popolazione, legata fortemente ai valori della sua Tradizione Storica.
Nel Settecento i Tramontani applicarono una lapide commemorativa sulla parete della parrocchiale chiesa di san Giovanni Battista di Polvica, sulla quale è possibile leggere, tuttora, la seguente iscrizione:
A Dio Ottimo Massimo
Qui i Nobili Uomini di Tramonti,
Come re Ferdinando li dichiarò e Decorò
Si Radunano e Siedono per gli Affari della Patria.
Anno Domini 1461
Dopo i fasti della gloriosa epopea della Repubblica e del Ducato di Amalfi (la terra di Tramonti, con i suoi casali, ne faceva pienamente parte), il territorio dell’antico ducato veniva smembrato e concesso in feudo ad esponenti della nobiltà del Regno di Napoli.
Le alterne vicende belliche per la lotta per l’Investitura videro ora questo o quest’altro feudatario: i marchesi di Hohenbruk nel 1254; Giovanni da Procida nel 1260; la regina Sancia nel 1334; Nicola Acciaiuoli nel 1345.
Dopo un’alternante successione di periodi di dipendenza regale e di momentanee infeudazioni, il ducato d’Amalfi fu stabilmente concesso in feudo, da Alfonso I d’Aragona, divenuto sovrano di tutto il Meridione d’Italia, a Raimondo Orsini, marito di Eleonora d’Aragona, sua consobrina (cugina per parte materna).
Raimondo Orsini ebbe molto a cuore la terra di Tramonti, rinforzò le sue difese, edificò la torre di Chiunzi e il castello di Santa Maria la Nova detto di “Particelle”.
Alla sua morte, nel 1459, Eleonora d’Aragona, divenne reggente del ducato di Amalfi. Ella amava risiedere spesso nella terra di Tramonti, specialmente nel castello di Particelle.
Le alterne vicende per la successione al trono di Napoli, ereditato da Ferrante I, dopo la morte del padre Alfonso I d’Aragona, vide la duchessa Eleonora schierarsi contro il nipote cugino Ferrante, sostenendo le mire del pretendente al trono Giovanni d’Angiò, figlio di Roberto, che rivendicava la corona del Regno, che era stata dei suoi antenati. Eleonora, inoltre, sosteneva anche il principe di Taranto: Giovanni Antonio Orsini, parente del suo defunto marito, che unitamente ad altri potenti baroni del Regno, sostenevano le mire della Casa d’Angiò.
La presa di posizione filo angioina della duchessa Eleonora portò alla divisione della città e delle terre del ducato Amalfitano: Amalfi (addirittura nella stesa città vi furono più fazioni opposte), Atrani, Scala, Agerola, Conca e la fortezza di Cesarano di Tramonti, si schierarono con la duchessa Eleonora, a favore di Giovanni d’Angiò; mentre Maiori, Ravello e Tramonti rimasero fedeli al re Ferrante. La posizione di Ferrante, tuttavia, era abbastanza seria: non possedeva una flotta, mentre gli Angioini avevano a disposizione la potente flotta della repubblica di Genova, e non possedeva abbastanza denaro.
Dopo alterne vicende, i due schieramenti si affrontarono nella piana di Sarno.
L’armata Aragonese, grazie all’effetto della sorpresa, ottenne un momentaneo successo, e, mentre le milizie Aragonese si davano al saccheggio dell’accampamento Angioino, Giovanni d’Angiò, con un contrattacco inflisse una sonora sconfitta all’esercito di Ferrante, che si trovò in una condizione sfavorevole, tanto da correre il rischio di essere fatto prigioniero dell’Angiò.
All’improvviso ed inaspettatamente, una armata di 500 militi Cavesi (tra loro, probabilmente, vi erano anche dei Tramontani), al comando dei fratelli: Giosuè e Marino Longo, irruppe dai monti di Foce di Sarno, rompendo l’accerchiamento al campo Aragonese, permettendo in questo modo a Ferrante d’Aragona di sfuggire alla cattura e riparare verso i monti Lattari e la tradizione vuole, presso la fedele terra di Tramonti, per poi riparare indenne in Napoli.
Era il 7 luglio 1460. La battaglia di Sarno, tuttavia non fu fatale a re Ferrante.
La regina Isabella di Chiaramonte, consorte di Ferrante e nipote del principe di Taranto, riuscì a ricostruire una nuova armata e a persuadere suo zio, ad abbracciare la causa Aragonese ( si racconta che, la regina Isabella, travestita da frate, a marce forzate si portò nella fortezza di Sarno, ove aveva il quartiere generale Giovanni II d’Angiò, e Giovanni Antonio Orsini, principe di Taranto e suo zio, e gettandosi ai suoi piedi esclamò “… voi che mi avete fatta regina tale mi conserviate …”, implorandolo di abbandonare la causa angioina, e tanto fu persuasiva che il principe di Taranto abbandonò Giovanni d’Angiò), tant’è, che il 18 agosto 1462, nella battaglia di Troja, Ferrante d’Aragona sconfisse definitivamente Giovanni d’Angiò, grazie anche questa volta, dell’aiuto di Giorgio Castriota Eskandeberg, condottiero albanese.
Re Ferrante I d’Aragona volle gratificare i Tramontani che gli avevano salvato la vita nella triste circostanza della battaglia di Sarno, dichiarando la popolazione di Tramonti “Uomini Nobili ”, e, nel Sedile del Popolo di Napoli, il sindaco di Tramonti doveva avere la prima voce nell’elezione dell’Eletto del Popolo napoletano. Inoltre, concesse ed elargì privilegi d’immunità per i Mercati del Regno, sia sulla terra ferma che sul mare.
Grazie a questi privilegi, la popolazione di Tramonti ascese ad una elevata posizione sociale, formando una agiata classe sociale, una borghesia, sia terriera che artigianale, già attiva in epoca angioina, come mutuatores della corona, in modo tale di potersi fregiare ed assumere titoli nobiliari ed onorifici.
Non solo!
Grazie all’immunità molte famiglie poterono lasciare Tramonti e portare la loro arte (arte della lana; l’arte della bambacia; l’arte del bottaio; l’arte delle ceste e delle sporte; l’arte dello speziale e del ceraiolo; nonché il notariato) nelle più svariate parti, regione e provincie del Regno.
La ricchezza così accumulata andò alla ricostruzione delle antiche abitazioni, delle chiese e delle cappelle gentilizie e private, dotandole di cospicue rendite e vitalizi.
Nel passato le manifestazioni erano incentrate su due momenti: Un Evento Storico (accertato) e l’aggiudicazione del Palio Città di Tramonti (evento aggiuntivo); da dopo l’avvento del periodo epidemologico Covid 19, l’aggiudicazione del Palio non si è più disputata, però lo presentiamo.
Il Palio
Il Palio consiste in un Gonfalone, con la rappresentazione dell’insegna araldica della città di Tramonti, contornata dalle insegne delle frazioni che compongono l’Università di Tramonti.
L’aggiudicazione del Palio avviene mediante una gara di abilità: tiro alla fune, da squadre formate dalle frazioni. La gara è ad eliminazione diretta dopo tre tiri consecutivi.
Si aggiudica il Palio, la squadra che riuscirà a eliminare tutte le altre.
Il Palio sarà custodito, con tutti gli onori del caso, in una sede idonea: Circolo, sede Associativa o sede Parrocchiale, per un anno, per consegnarlo al Comitato promotore, all’inizio della prossima celebrazione.
All’inizio delle celebrazioni, il Palio, consegnato al Comitato, viene portato nella chiesa di una frazione, ove viene tenuto un convegno storico culturale, dal tema “Ferrante e il suo tempo”, curato sia dall’Università Federico II di Napoli e UNISA SA, che dalle locali Associazioni Storiche, viene benedetto e contemporaneamente e solennemente i Capitani delle squadre, partecipanti al tiro alla fune e in rappresentanza della loro frazione, giurano di conservare e custodire il Palio con tutti gli onori, previa la squalifica della loro frazione dalle successive edizioni.