di FRANCESCO CRISCUOLO*
E’ doveroso prendere atto delle precisazioni fornite dal sindaco di Furore, avv. Giovanni Milo, in merito a una breve notazione contenuta nell’articolo a firma dello scrivente sugli sfregi pubblici in Costiera amalfitana, pubblicato il 20 agosto u.s.. Non c’è bisogno di ricorrere alla dottrina di Aristotele per affermare che è vero tutto ciò che cade sotto la percezione naturale dei sensi. Nella fattispecie, agli occhi di un quisque de populo, ignaro di atti presupposti, connessi e consequenziali, è di tutta evidenza lo stato di degrado e di abbandono del “Giardino di Pellerina”. È augurabile che si perseveri nella dichiarata volontà di porvi rimedio.
Quanto alla modesta analisi storico – urbanistica, condotta nello stesso articolo, sulla dislocazione della “fontana dei leoni” a Minori, la replica è avvenuta con un pubblico manifesto firmato dall’Amministrazione comunale, che – non occorre ricordarlo – dev’essere, di per sé, super partes. Dichiarazioni scritte a nome dell’Ente rappresentato, nell’ intento di offrire chiarimenti tecnici di rito, sono equivalenti a un atto istituzionale rivolto alla generalità dei cittadini, sui quali peraltro ne ricade anche il costo economico, e, per ciò stesso, sottratto a qualsiasi valutazione di parte.
Non rientra nei compiti o nella potestà amministrativa intestarsi la paternità di una posizione, assunta strumentalmente, per prodursi in espressioni lesive della reputazione di cittadini dissenzienti, pochi o molti che siano. Né risponde ai canoni del gioco democratico puntare l’indice contro chi non è in linea con il pensiero dominante, anzi con un pensiero che si vorrebbe unico da parte di chi è chiamato alla gestione della res publica.
Da atti concludenti si desume che il dissenso è considerato un fatto da censuraree quanti lo manifestano, unicamente in forza di una coscienza civica testimoniata in trentennale impegno politico – amministrativo, sono additati come portatori di una “scialba retorica vuota di idee e di progetti”. Non si accetta di buon grado l’esercizio di un diritto fondamentale, quello cioè di esprimere una libertà di visione, nel rispetto incondizionato di ogni persona, sia essa un privato cittadino o un pubblico amministratore.
Coloro che si sono avvalsi di questo diritto, costituzionalmente garantito – tra essi è ricompreso un ex consigliere comunale che non vive a Minori da circa cinquant’anni – sono stati accomunati dall’accusa di “livore malriposto”.
Non c’è da meravigliarsene. È la stessa graffiante accusa lanciata da Vincenzo De Luca contro l’ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e docente universitario Isaia Sales, reo di essersi opposto, insieme con altri autorevoli intellettuali, alla proposta di un terzo mandato per il governatore.
Le diatribe locali non hanno senso di fronte a un interesse superiore: la salvaguardia del paesaggio urbano e rurale, con il correlativo sapiente utilizzo dei beni pubblici.
Si tratta di uno snodo cruciale per l’identità e l’economia del territorio costiero e, più in generale, del territorio campano. Si invocano semplificazioni in materia e i tentativi, in questo senso, del presidente De Luca fanno scuola.
Parla da solo l’ecomostro, di pertinenza di una persona giuridica pubblica, sorto su una spiaggia del comune di Ascea, ai piedi del patrimonio archeologico di Elea – Velia, città della Magna Grecia e patria di Parmenide, uno dei padri del pensiero europeo.
Si vuole, insomma, da parte degli amministratori locali, totale libertà di azione. I manovratori non devono essere disturbati, in modo da poter continuare a perpretare scempi.
È sempre attuale l’accorato monito virgiliano: satis vastaverunt orbem.
*docente in quiescenza, già preside del Liceo “Ercolano Marini” di Amalfi
