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Enza Dipino è tornata a Ravello: sconterà pena in affidamento in prova

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di EMILIANO AMATO

È tornata a Ravello Vincenzina Dipino, la donna condannata in concorso con Giuseppe Lima per l’omicidio di Patrizia Attruia, consumato nell’appartamento di Via San Cosma tra la sera del 25 e il 26 marzo 2015.

Condannata in via definitiva a quattordici anni e due mesi, avendo espiato il quantum necessario richiesto per legge, sconterà la restante parte della pena (tre anni, in considerazione degli sconti maturati) in affidamento in prova al servizio sociale. Risiederà presso l’abitazione del cugino Gregorio Gallo, titolare di una struttura extralberghiera presso la quale sarà impiegata come colf. In questi otto anni e mezzo, con i fratelli, Gallo si è battuto strenuamente per dimostrare l’innocenza di sua cugina. Unica restrizione di Enza, l’obbligo di dimora dalle 20 alle 7 del giorno successivo.


IL PEROCRSO RIABILITATIVO

Dalla relazione di sintesi del Tribunale di Sorveglianza di Salerno emerge che la Dipino, sin dal suo ingresso in carcere, «ha mantenuto una condotta regolare, sempre disponibile, educata e rispettosa dei ruoli e ha saputo integrarsi con le compagne di detenzione». «Metodica, puntuale ed ordinata»: ai colloqui con gli operatori penitenziari ha mostrato «adeguate capacità cognitive in relazione al suo vissuto». In carcere ha frequentato fino al terzo anno l’istituto alberghiero, un laboratorio di cucito creativo, lavorando «con impegno e responsabilità» per le pulizie degli ambienti dirigenziali della casa circondariale. Tutto ciò le ha consentito di fruire di numerosi permessi.


UNA STORIA TRISTE

Figlia di genitori adottivi, ha vissuto in orfanotrofio fino all’età di nove anni quando poi è stata adottata da una coppia di Ravello. Madre casalinga e padre contadino (entrambi deceduti), non le hanno fatto mai mancare nulla se non la libertà. Mancanza di cui la Dipino sembra divenuta consapevole solo in età adulta. Infatti ha frequentato la scuola dell’obbligo per poi dedicarsi alla cura della casa, della terra e degli animali. Con la morte dei genitori è uscita di colpo dal lungo isolamento sociale, iniziando a conoscere il mondo esterno.
Nell’inverno del 2015 accoglie in casa un ex compagno di scuola, Giuseppe Lima e la sua compagna scafatese Patrizia. Entrambi vivevano in condizioni precarie in una baracca. Da allora i tre cominciano a convivere in un contesto di ambiguità relazionale.

L’ERRORE E L’ORRORE

Con Peppe, Enza aveva infatti instaurato una relazione sentimentale tra le mura domestiche. Patrizia li scoprì e dopo l’ennesima sfuriata venne uccisa dal suo compagno dopo aver subito violente percosse, con strangolamento atipico avvenuto per pressione laringea con mezzo contundente. Il cadavere venne occultato in una cassapanca all’interno dell’abitazione. La morte della donna venne dichiarata soltanto il 27 marzo. La povera Enza finì per addossarsi ogni colpa, soggiogata – per sua stessa ammissione – dal Lima che finì in carcere dieci mesi dopo (condannato alla stessa pena, è morto lo scorso 6 ottobre per una grave malattia).

LA NUOVA VITA
Oggi, a 59 anni, per Enza Dipino comincia una nuova vita con vista mare. In carcere ha maturato la convinzione che quell’isolamento preadolescenziale, da lei attribuito alle eccessive paure dei genitori adottivi, l’abbia condizionata anche nella sua immaturità rispetto alla vita. Forte di queste consapevolezze, Enza potrà vivere senza paure. Finalmente libera.

Foto d’archivio

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