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“Il cacciatore di immagini”, a Maiori la mostra di Giuseppe Palermo

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La bella mostra “Il cacciatore di immagini” di Giuseppe Palermo, allestita nelle sale piano terra del Palazzo Mezzacapo di Maiori (con ingresso dai giardini) conta, in questi ultimi giorni di agosto, innumerevoli visitatori italiani e stranieri che ne hanno apprezzato lo spirito onirico e al tempo stesso “fermo immagini” di scene reali di un tempo ormai passato. 

Il progetto dell’artista prende spunto da un piccolo romanzo del Premio Nobel Charles Simic “Il cacciatore di Immagini”,  che narra una storia fantastica fatta di incontri casuali tra lui e l’artista Joseph Cornell in una New York nel 1950.

L’incontro tra i due è definito nell’opera stessa come predestinato, due anime affini legate dalla volontà di esplorare universi fatti di cose inutili,  detriti del vivere quotidiano, nostalgie, percezioni marginali che accendono lampi visionari e offrono squarci imprevedibili sulla dimensione metafisica del tutto.

Allo stesso modo possiamo considerare predestinato l’incontro di Giuseppe Palermo con questo libro e l’universo magico che racchiude.  Palermo nella sua mostra si immerge in modo del tutto personale nell’alchimia di quel legame e si ritrova appieno nella filosofia di vita di Joseph Cornell.  Mette assieme con estrema leggerezza e semplicità tutto ciò che lo circonda; piccoli pezzi di mondo, diverse inquadrature di scene quotidiane, molteplici messe a fuoco di orizzonti, fermo immagini onirici. Scene di vita tutte apparentemente sconnesse, ma che trovano un senso nella volontà dello stesso di essere: un collezionista di frammenti.

Joseph Cornell diceva che il suo lavoro, del tutto casuale e indecifrabile, era solo la conseguenza naturale del suo amore per New York. Non si definiva un’artista, non sapeva disegnare, dipingere o scolpire, il suo talento era “mettere assieme cose”.

Allo stesso modo l’ispirazione di questa mostra prende spunto dalla curiosità di Giuseppe Palermo verso il genere umano, dalla sua capacità di percepire la presenza dell’uomo nello spazio, attraverso una visione onirica della realtà.

La poesia della mostra nasce dall’immaginario dell’artista che dispone su un ipotetico grande tavolo oggetti interessanti trovati durante una passeggiata, il ricordo di un incontro improvviso, l’angolo strappato di una fotografia che poi il tempo e la riflessione illuminano donandogli un senso. In modo provocatorio possiamo dire anche in questo caso che il talento dell’artista è quello di “mettere assieme immagini”.

Lo sguardo di Palermo è sempre attratto dal limite tra visibile ed invisibile, questo limite lascia lo spettatore spaesato. Le sue opere sono fotografie, frammenti del reale, che nascondono però sempre qualcosa di inaspettato. Citando Thoreau possiamo dire che la banalità è miracolosa se vista nel modo giusto, se riconosciuta. L’unicità non è ciò che si guarda, ma ciò che si vede.

L’intento di questa mostra è quello di farti immergere in un mondo onirico di totale felicità in cui ogni cosa insignificante si impregna di significato…

redazione
http://www.quotidianocostiera.it
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