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Katia siamo tutte noi: il grande senso di humanitas della Costiera Amalfitana

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di NOVELLA NICODEMI

Il marito di Katia ha ringraziato, attraverso le pagine de Il Quotidiano della Costiera, tutte le persone che, nella giornata convulsa e concitata di mercoledì, si sono tempestivamente attivate per dare una mano concreta nelle ricerche della moglie, dalle Forze dell’Ordine alla stampa locale e ai singoli cittadini. Ognuno ha fatto ciò che poteva. Katia si era allontanata, facendo perdere le sue tracce. Ora è di nuovo a casa sua, sta bene, circondata dall’amore della sua famiglia.

Oggi a Katia tutta la comunità della Costiera amalfitana dedica idealmente una mimosa speciale, gialla e luminosa come il sole, che le possa riscaldare il cuore e farle sentire la vicinanza e l’affetto di quanti sono stati costantemente in apprensione per lei.

Una mimosa simbolica,  accompagnata da un lungo e forte abbraccio che parli da solo. Senza bisogno di parole. Un abbraccio collettivo e avvolgente che dica: ti siamo vicini, ti comprendiamo, hai tutto il nostro sostegno.

La Costiera amalfitana è una realtà che viaggia a doppia velocità: meta del turismo internazionale, ma poi pur sempre un “grande paese” in cui tutti, bene o male, si conoscono. Il senso di appartenenza ad una piccola grande comunità è forte.

Sapere di far parte integrante di una comunità significa sapere di non essere soli, di poter contare, oltre che sull’affetto della propria famiglia, su quello della famiglia allargata che è la Costa d’Amalfi. Non è sempre così, certo, ma la giornata di ieri ha dimostrato concretamente che può essere così. In un mondo dominato dalla spersonalizzazione dei rapporti, dall’individualismo e dal menefreghismo, dall’isolamento fisico e psicologico, questa testimonianza ci dà ancora speranza e fiducia.

La vicenda di Katia ha allertato e mobilitato tutta la Costiera. Sono stati in tantissimi gli abitanti che si sono dati da fare per poter essere utili. La sua storia è stata trattata dalla stampa locale in modo sensibile e rispettoso, come è giusto che sia e come dovrebbe essere sempre. Non ho visto commenti di persone che non fossero di sincera partecipazione, di preoccupazione per lei e di sostegno alla sua famiglia che ha vissuto momenti drammatici.

Si è entrati nella vita di questa donna con estrema cautela e attenzione, con grande sensibilità, in punta di piedi, solo ed esclusivamente per contribuire al suo ritrovamento. E dare una parola di conforto.

Spesso in vicende simili a livello nazionale noto con disgusto e raccapriccio commenti odiosi di gente frustrata e cattiva che, nascondendosi dietro lo schermo di un computer, vigliaccamente, si permette il lusso di giudicare. Nessuno può giudicare nessuno. Nessuno sa e può sapere cosa stia passando una persona, che sofferenza abbia, in quali difficoltà si trovi. L’unico atteggiamento che possiamo e dobbiamo avere è di umana partecipazione e comprensione.

Nella giornata internazionale dei diritti delle donne, mi sento di rivendicare che fra questi diritti c’è quello alla fragilità.

Ogni donna può avere un momento di smarrimento. Non c’è nulla di strano o di anormale in questo. È capitato a ognuna di noi, magari più di una volta, magari sta capitando adesso. In un mondo dove siamo costantemente bombardate da stimoli spesso contrastanti, continue sollecitazioni, insopportabili pressioni, mille doveri, si esige da noi quella forza che è diventata un luogo comune. La forza delle donne! Le donne, contrariamente agli uomini, sanno essere multitasking! Ok. Probabilmente è così, le donne da sempre sono state costrette ad essere forti. Per necessità.

Ma il cedimento è dietro l’angolo, per ognuna di noi. Anzi, mi sentirei di affermare che è fisiologico, connaturato alla natura umana. Per ognuna di noi si può manifestare in modo diverso. Non c’è da vergognarsi di nulla, fa parte della vita. Un momento di blackout e disorientamento, in cui ci si sente perse. Niente di più normale. Fa parte del nostro essere umane.

Nella commedia di Terenzio Heautontimorùmenos Menedemo punisce sé stesso col duro lavoro dei campi perché si sente in colpa per non essere stato un buon padre. Quando Cremete, il suo vicino di casa, vuole capire la sua situazione, predisponendosi all’ascolto con il desiderio di consolarlo, Menedemo non riesce proprio a comprendere perché una persona che quasi non conosce dovrebbe interessarsi della sua vita e dei suoi problemi. Il senso dell’interrogativo di Menedemo è sostanzialmente questo: ma perché dovrebbe importarti di me?

Homo sum: humani nihil a me alienum puto.

Questa la risposta tanto semplice quanto spiazzante di Cremete: siamo esseri umani e niente di ciò che è umano possiamo considerarlo lontano da noi. Humanitas, nient’altro. Con Terenzio siamo nel I secolo a.C. Oggi, che di secoli ne sono passati tanti, questa grande verità sembra misconosciuta. Ognuno pensa a sé oppure se si interessa alle vicende altrui lo fa per proprio tornaconto, in modo morboso e con atteggiamento giudicante.

Ma mercoledì scorso la Costiera amalfitana ha mostrato tangibilmente che per fortuna il senso di humanitas non è passato di moda. E che in questa comunità esiste. Piccoli e grandi gesti che fanno la differenza.

Leggi anche:

Katia di nuovo a casa, il marito Michele: «Mia moglie sta bene. Grazie a quanti si sono spesi nelle ricerche»

redazione
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