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Un buco… nella fontana!

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di VALENTINA CRISCUOLO*

«Mamma, hanno fatto un buco nella fontana! Ma non dovevano aggiustarla?»

Così domandava mio figlio di quasi sette anni qualche giorno fa. Ammetto che non ho saputo rispondergli… ma vorrei provarci.

La Fontana dei leoni è uno dei monumenti-simbolo della storia, della cultura, delle tradizioni di Minori. Si pensi alla funzione che essa ha avuto negli anni in cui il Paese poteva essere annoverato tra i luoghi d’eccellenza per la produzione della pasta, quando il lungomare si trasformava in un pastificio en plein air.

Il termine monumento rimanda al verbo latino monēre, ovvero “ricordare”, “ammonire”, “avvertire”, da cui monumentum assume l’accezione non tanto di un ricordo da lasciare, quanto di un ammonimento. Un ammonimento che deriva direttamente dall’autorità della memoria, la quale non è altro che il potere di preservare e riconsegnare ai posteri quanto abbiamo ereditato.

Prendendo in prestito il lessico foucaultiano, si può dire che il trasloco della fontana dal lungomare California a Piazza Umberto I rientra, a buon diritto, in una semantica di relazioni di potere: da un lato il potere della memoria come ammonimento imperituro, dall’altro il potere di chi agisce sul presente per stravolgere sconsideratamente il passato.

Estirpare un bene appartenente alla memoria collettiva dal contesto paesaggistico, in cui era collocato da oltre un secolo, per tradurlo nel preteso ed enfatizzato luogo originario è il risultato di un gioco di potere consistente nell’imposizione arbitraria della volontà di un singolo soggetto.

Questa imposizione non viene perpetrata in maniera coercitiva ma subdola, cioè facendo leva su un’inerte condiscendenza e su un consenso quasi obbligato, allorquando si è portati a credere di essere impotenti di fronte a tale forza.

Così, alla notizia dell’imminente dislocazione della fontana, la stragrande maggioranza dei minoresi si è espressa, attraverso i social e non solo, a sfavore di questo ingiustificato, quanto inutile, provvedimento.

Le critiche, oltre ad evidenziare l’intento, palesemente manipolatorio, di convincere tutti che la fontana avrebbe riavuto la sua antica ubicazione, insistevano sull’indubitabile danno d’immagine alla bellezza e all’armonia simmetrica del lungomare e sul legame affettivo di ciascun cittadino con quel luogo, pregno di storie e di ricordi, che sarebbe stato inevitabilmente spezzato. I beni architettonici e paesaggistici di una comunità, proprio in quanto res communes omnium, non possono essere trattati o utilizzati come pedine di una scacchiera, spostati o danneggiati come soprammobili senza alcun valore!

Tuttavia, rabbia e indignazione di un popolo niente hanno potuto contro la decisione di un singolo individuo che, volendo utilizzare le parole di un bambino, ha voluto “aggiustare” la memoria a proprio uso e piacimento.

Ogni rimostranza ha preso la forma di un buco nell’acqua e si è perduta in quelle grosse crepe visibili sull’ampia colonna di stile dorico, spezzata in più parti e maldestramente ricomposta quasi fosse un puzzle di bassa fattura.

Ogni parere negativo è rimasto immobile nel regno virtuale dei social, cementificandosi tra i gradoni di pietra dura, chiudendosi tra le pareti di marmo grezzo picconate, scheggiate e incollate a più riprese in stile “art attack”.

Ogni commento, democraticamente espresso, non ha avuto possibilità di tradursi in monito a desistere per chi ha messo in campo un’insensata strategia di potere, tutta a proprio vantaggio.

Allora il solo gesto utile a porre fine al distruttivo gioco è il silenzio, poiché sentimenti e parole inascoltate gonfiano il petto di un presunto superuomo e accrescono la sua malsana volontà di autoaffermazione, ma, soprattutto, logorano e fanno più male che assistere impotenti allo scempio fatto di buchi e rattoppi sulla nostra amata fontana.

*docente di Storia e Filosofia

redazione
http://www.quotidianocostiera.it
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