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La (s)fortuna di nascere donna

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di NOVELLA NICODEMI

Per moltissime donne oggi non ha senso festeggiare o ricevere gli auguri, ma riflettere è sempre utile. Ricorrenze come la Giornata internazionale della donnaal pari della Giornata della Memoria e del Ricordo, hanno senso solo se ci portano a delle riflessioni critiche, a fare ogni anno il punto della situazione. Ed è utilissimo, anzi necessario, portare l’attenzione su quanto ancora essere donna in questo mondo rappresenta uno svantaggio in partenza. Una vera sfortuna. In molti paesi del mondo se sei donna non assurgi neanche allo status di essere umano. Fanno ciò che vogliono di te. Ti stuprano, ti comprano e ti vendono, ti mutilano, ti schiavizzano e ti uccidono. Nessuno fa nulla. Non costituisce reato.  

Siamo quindi fortunate noi occidentali ad essere nate in una parte del mondo dove tutto ciò non accade o se accade viene riconosciuto e sanzionato come reato. Allora di cosa ci lamentiamo? Abbiamo conquistato il diritto di voto, lavoriamo, siamo indipendenti e libere. A parte che tutto questo ce lo siamo sudato a costo di inenarrabili sacrifici, va tenuto sempre presente che il concetto di libertà, oltre ad avere una contestualizzazione storica, varia a seconda delle coordinate geografiche. 

Come diceva Nina Simone, si è liberi quando non si ha paura. E le donne, anche oggi e anche in questo paese, continuano ad averne. 

Paura di essere perseguitate da uomini che le considerano di loro proprietà e le ammazzano, paura di essere aggredite in una stazione o per strada, paura di denunciare abusi perché sanno che saranno esposte alla pubblica gogna.  La vittima viene messa sotto esame senza ritegno perché qualcosa deve aver pur fatto per provocare l’aggressore. Hanno il terrore di denunciare maltrattamenti domestici perché poi il marito violento esce dal carcere (se mai ci entra) e si vendica. 

Poi esiste un’altra forma di paura, più sottile e subdola. La paura di non essere mai adeguate. Mai. Sei troppo magra o troppo grassa, troppo giovane o troppo vecchia, troppo stupida o troppo intelligente. Se scegli di non lavorare per seguire i figli, sei una retrograda e una nullità. Se lavori e scegli di non avere figli perché non hai questa esigenza, sei una persona arida ed egoista. Perché si pretende che tutte le donne in quanto tali abbiano spirito materno. La depressione post partum è in forte aumento, ma il più delle volte non viene considerata una patologia grave, si minimizza, e poi ci si stupisce inorriditi quando si legge sui giornali che una madre ha ucciso il proprio figlio. 

Insomma, se sei donna, fin dalla nascita ti senti analizzata da una lente di ingrandimento. 

Se cerchi di essere una madre che lavora, stai sicuro che ti verranno mosse critiche perché non riesci a fare bene nessuna delle due cose. Da te si esige la perfezione. Sei sempre sotto esame. Te lo senti addosso quel tribunale invisibile che giudica ogni tua azione, dal tuo aspetto alle tue scelte. Questo processo subdolo gli uomini non lo subiscono. E non sanno cosa si provi ad essere sotto pressione per dimostrare alla società che vali quanto loro. 

A una donna ingegnere non frega niente di essere chiamata ‘ingegnera’ se poi deve lavorare il doppio per essere pagata la metà e non può lasciare i figli da nessuna parte perché non esistono strutture o quelle private costano un occhio della testa. Poi ci incensano ipocritamente  dicendoci che noi siamo empatiche e multitasking e quindi la nostra natura ci consente di fare tutto. Bella fregatura. 

Quando poi tirano in ballo quella orribile parola che è resilienza, è il massimo. Sì, è innegabile che noi donne siamo forti, ma lo siamo perché nei secoli abbiamo dovuto necessariamente esserlo. Per non soccombere. Ed è altrettanto vero, come dice Shakira, che le donne oggi non piangono più, ma fatturano. Ma spesso questa dote della resistenza viene usata come alibi, per accollarci doveri e responsabilità oltre ogni umana sopportazione. 

Tirando le somme, se fino a pochi decenni fa lo stupro era considerato un reato contro la morale e non contro la persona, esisteva il delitto d’onore, non c’era il diritto di divorziare o di abortire, allora sicuramente abbiamo fatto passi avanti. 

Ma se una donna in un’altra parte del mondo viene uccisa perché non indossa bene il velo o viene barbaramente assassinata pur avendo sporto decine di denunce, se una bambina viene infibulata e torturata o se viene venduta e costretta a prostituirsi, allora questo mondo  attende ancora la giustizia come il deserto l’acqua.  

E con la mentalità come siamo messi? 

Se una ragazzina di 15 anni ignora chi sia  Samantha Cristoforetti ma conosce pure il segno zodiacale e il gruppo sanguigno della tronista di turno, se prima di vestirsi deve seguire i consigli sull’outfit giusto  dall’influencer, se non sa chi sia Oriana Fallaci e non ha mai letto La lettera scarlatta – solo per citare alcuni esempi –  siamo messi male, malissimo. 

Se una donna single ha nel corso del tempo diverse relazioni, viene quasi sempre apostrofata ingiuriosamente col termine più antico del mondo, di cui non esiste (chissà perché!) il corrispettivo maschile. Se un uomo, anche sposato, ‘colleziona’ diverse amanti, gli si dà una bella pacca di approvazione sulla spalla, esaltandolo come viveur o campatore. E spesso le peggiori.

nemiche delle donne sono le donne stesse. Basti pensare che ci sono ancora molte madri che crescono il figlio maschio come ‘l’intoccabile’, colui che è esentato per diritto divino da mansioni che competono solo alle donne, o padri che maltrattano le mogli svilendole agli occhi dei figli, insegnando col loro modello negativo che le donne non meritano rispetto. Nel 2023, ci sono ancora uomini che chiamano le donne ‘isteriche’ se solo escono da quello che loro considerano il seminato, mentre spesso sono loro ad andare in tilt nelle situazioni più comuni. 

E allora ben venga anche questa giornata, senza disdegnare fiori e cioccolatini, che male non fanno, purché si discuta di tutto ciò che bisogna urgentemente cambiare per eliminare la disparità di genere e porre fine ai crimini abominevoli commessi contro le donne solo perché tali. Donne. 

L’augurio che ci sentiamo di fare è che venga al più presto strappato il velo alle dittature in Iran e Afghanistan e che emerga in tutta la sua reale portata – torture, avvelenamenti di gruppo, sevizie, femminicidi – la repressione criminale subita dalle donne che si oppongono con coraggio ed eroismo a questi spietati regimi oscurantisti,  protestando per il diritto alla libertà e alla vita. 

Oltre alla Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne che cade ogni anno il 25 novembre, 8 marzo è la Giornatainternazionale della donna ed ha anche un colore ufficiale, il viola, a rappresentare la dignità e la giustizia sociale. 

Negli anni Ottanta studiose femministe hanno dimostrato che la data non è da collegare al presunto rogo della leggendaria fabbrica di camicie Cottons che sarebbe avvenuto nel 1908 a New York, come si era sostenuto per anni, forse per analogia con l’incendio della fabbrica Triangle, avvenuto il 25 marzo di tre anni dopo. Su 146 lavoratori ben 123 donne morirono tra le fiamme divampate nella fabbrica che produceva camicette da donna sottoponendo le operaie, per lo più  giovani immigrate di origine italiana ed ebraica, a turni di lavoro massacranti per uno stipendio da fame. 

L’idea di istituire una Giornata internazionale della donna nasce nel febbraio del 1909 negli Stati Uniti, ma fino al 1921  i singoli Paesi scelsero giorni diversi per la celebrazione della Giornata. Solo nel 1921, a Mosca venne scelto l’8 marzo come Giornata internazionale dell’operaia, in ricordo della prima manifestazione delle operaie di Pietroburgo contro lo zarismo (1917).

L’ONU nel 1977 propose a ogni paese di dichiarare un giorno all’anno “Giornata delle Nazioni Unite per i diritti delle Donne e per la pace internazionale” riconoscendo   l’urgenza di porre fine a ogni discriminazione. 

Dopo la guerra, dal 1946 l’8 marzo fu celebrato in tutta l’Italia. L’iniziativa di associare a questo giorno il fiore della mimosa fu presa dalla parlamentare comunista ed ex partigiana Teresa Mattei, tra le ventuno donne che fecero parte della prima Assemblea Costituente. La mimosa, fiore che i partigiani erano soliti regalare alle staffette, viene scelto perché nasce spontaneamente ed è di facile reperibilità. 


redazione
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