Il Tribunale di Salerno, sezione del Lavoro, ha rigettato il ricorso dei cinque parcheggiatori licenziati il 24 febbraio 2021 dalla società in house del Comune di Amali “Amalfi Mobilità” condannandoli inoltre alla rifusione delle spese processuali.
Nell’ottobre del 2020 per loro scattò la misura della sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio, con interdizione totale dalle attività ad esse inerenti. Vennero sorpresi mentre intascavano il danaro contante che ignari turisti avrebbero dovuto inserire nell’apposita cassa automatica del parcheggio, restituendo agli avventori un chip coin “scarico” che apriva la sbarra posta all’uscita del parcheggio. In soli tre mesi di osservazione, i Carabinieri diretti dal capitano Umberto D’Angelantonio, accertarono oltre 300 episodi, calcolando un ammanco di circa 10mila euro alle casse comunali.
Con una corposa sentenza di primo grado, resa il 19 luglio scorso dal giudice Caterina Petrosino, è stato confermato il licenziamento dei parcheggiatori, ribadendo i contenuti dell’ordinanza conclusiva della fase sommaria del giudizio resa il 7 giugno 2022. Con tale ordinanza era stata già rigettata l’impugnativa al licenziamento disposto dalla società a totale partecipazione del Comune di Amalfi.
La sentenza del Tribunale di Salerno (sezione Lavoro) ha respinto tutti i motivi di impugnazione proposti dai parcheggiatori tra cui l’insussistenza dei fatti contestati, la genericità della contestazione disciplinare, nonché l’inutilizzabilità delle immagini e delle riprese video.
Su tale ultimo punto, la sentenza ha chiarito che la società ha correttamente e legittimamente posto alla base delle contestazioni “gli esiti delle indagini penali e, dunque, l’esercizio dell’azione penale con la richiesta di rinvio a giudizio dei ricorrenti, per fatti avvenuti durante l’orario di lavoro, sul luogo di lavoro e nell’esercizio delle loro mansioni. La società ha richiamato, dunque, gli elementi raccolti dalla Procura della Repubblica di Salerno, anche alla luce delle dettagliate indagini condotte dalla polizia giudiziaria, dai quali era emerso che i ricorrenti, a più riprese, presso il parcheggio ‘Berma Portuale’, approfittando della qualità di dipendenti dell’azienda, si sarebbero appropriati di somme corrisposte a titolo di tariffa per il parcheggio dei veicoli da parte di diversi utenti”.
Ad avviso del giudicante, prosegue la sentenza, le condotte sono state “caratterizzate da una intensa intenzionalità speculativa e fraudolenta e poste deliberatamente in essere ai danni della società datrice di lavoro, peraltro a totale partecipazione pubblica” e “non possono che aver fatto legittimamente venire meno la fiducia di quest’ultima nel futuro corretto adempimento della prestazione lavorativa da parte dei ricorrenti con conseguente improseguibilità del rapporto di lavoro”.