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Da Ravello a Londra: un gelato a Piccadilly e un incontro inaspettato

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di NOVELLA NICODEMI

Il destino o il caso. O tutti e due. Il mondo è davvero piccolo, e capitano degli incontri incredibili, inimmaginabili, che ci sbloccano ricordi antichi e ci fanno emozionare all’improvviso.

Questo è quello che è successo, alcuni giorni fa, ad Antonio Ferrara di Ravello, front office manager dell’hotel Palazzo Avino, che si trovava a Londra per lavoro. Antonio in Inghilterra ci è nato, rimanendovi fino all’età di dieci anni. Poi è ritornato in Italia e ora occupa una posizione di prestigio in uno degli hotel di lusso più rinomati e apprezzati dai turisti di ogni parte del mondo.

Ma nella capitale britannica ci ha lasciato il cuore. Ogni volta che ci ritorna si materializzano davanti ai suoi occhi i mille ricordi della sua infanzia, che prendono la forma di immagini, colori, odori e sapori. In particolare il sapore del gelato prodotto dal papà che, emigrato nel Regno Unito come tanti ravellesi, lavorava come venditore ambulante di gelati. Si riforniva da un altro ravellese, Mario Cioffi (fratello di Gaetano, ex consigliere comunale di Sambuco) a Northampton. Aveva il suo posto al mercato il giovedì e il sabato: poi, per il resto della settimana, girava con il suo camioncino. Da bambino Antonio si intrufolava di sera nel van e faceva una scorpacciata del suo gelato preferito: il 99, il gelato più grande con il flake di cioccolato, mentre lo sguardo indulgente e affettuoso del papà, che mai lo aveva sgridato per queste dolci incursioni notturne, lo faceva sentire in qualche modo non colpevole di alcun reato. Una consuetudine che rafforzava il legame tra un padre e un figlio.

Ebbene, ieri mattina Antonio si trovava a Piccadilly Circus. Si era concesso una pausa dal lavoro. Il suo sguardo è attratto da un chiosco di venditori ambulanti di gelati. Spinto da un richiamo fortissimo, da una voglia irrefrenabile, come fosse ancora quel bambino goloso, si avvicina al carretto, già emozionato per quella presenza che lo riporta indietro nel tempo. Una signora dall’aspetto rassicurante e cordiale gli chiede da dove venga, e quando lui le dice “Amalfi Coast”, la risposta della donna lo lascia letteralmente di stucco: Me too! E anche lei aveva origini ravellesi! Lei è Mirella Bonito, figlia di Antonio Bonito e Anna D’Auria di Minori, entrambi emigrati agli inizi degli anni Settanta.

I fratelli D’Auria, Mario, Alberto, Arturo, Anna e Filomena (Vincenzo ha poi preferito l’Irlanda) con i genitori Alfonso D’Auria di Minori e Trofimena Amato di Ravello, sorella di don Pantaleone Amato, iniziarono la loro attività come venditori ambulanti di gelati sotto il nome di “D’Auria Brothers”. Un commercio da subito fiorente che si estese ad altre attività nella ristorazione.

E ieri il caso ha voluto che due ravellesi, con storie e situazioni diverse alle spalle, s’incontrassero nel bel mezzo di Piccadilly Circus. L’emozione di Antonio è stata fortissima, indescrivibile, come ha raccontato sul gruppo facebook “Sei di Ravello se…”

Questa è una di quelle piccole storie straordinarie che ci riscaldano l’anima e ci fanno commuovere.

La comunità ravellese a Londra conta più di duecento nuclei familiari, per lo più arrivati come emigranti. Partiti da Ravello in diverse ondate a partire dalla fine dell’Ottocento, per cercare lavoro nella Londra dickensiana, trasformata dalla seconda rivoluzione industriale in metropoli produttiva, ma con sacche di povertà, degrado, e criminalità. La Londra vittoriana, in grande espansione, e nello stesso tempo con le periferie fuligginose per le tante fabbriche, e gli orfanelli scalzi, soprattutto italiani, che gironzolavano per gli sterminati sobborghi.

Nei decenni successivi all’Unità d’Italia ben 14 milioni di Italiani furono protagonisti della grande emigrazione (1876-1915) con prevalente destinazione le Americhe. Viaggi della speranza sui bastimenti resi famosi da tante canzoni.

I ravellesi scelsero come meta elettiva Londra e si specializzarono nella produzione e vendita itinerante di un prodotto che piaceva tantissimo, esercitando un mestiere che sembrava non essere gradito né dalle altre comunità né dagli inglesi stessi, inizialmente per mandare a casa la maggior parte del guadagno.

Oggi molti Ravellesi fanno parte integrante dell’economia londinese, soprattutto nel segmento della ristorazione “made in Italy”, ma, come testimonia l’incontro inaspettato di Antonio, l’antico mestiere di ambulante che porta un po’ di fredda dolcezza ai londinesi è ancora praticato da molti di loro.

Gli emigranti ravellesi si lanciarono coraggiosi e intraprendenti in questa avventura, diventando gelatieri ambulanti e anche stanziali (ice-cream shops) e vincendo una scommessa: la novità e la piacevolezza di questo prodotto squisito furono accolte con simpatia dalla popolazione, che gradiva molto un po’ di svago da assaporare in tarda sera, dopo la chiusura dei pub.

I gelatieri hanno avuto anche un grande merito: riscattare l’immagine dell’immigrato italiano che i benpensanti londinesi facevano coincidere con gli individui nullafacenti o dediti ad attività illecite che affollavano i bassifondi della capitale.

L’identità dell’emigrazione italiana in Inghilterra è stata per molto legata a prodotti come il caffè espresso, l’olio d’oliva e i maccheroni, quella dei ravellesi indiscutibilmente al gelato. Suggestive foto d’epoca in bianco e nero o color seppia ci mostrano quei meravigliosi carrettini che portavano i gelati nei diversi quartieri della metropoli, e con i gelati quel calore umano e quella espansività che contraddistinguevano il nostro popolo. È il caso della storica famiglia Manzi che, partita da Ravello (Via San Martino), rientra nel novero delle famiglie che hanno svolto questa attività.

redazione
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