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Il parlamento generale della Città di Ravello del 29 giugno 1624 riunito a San Pietro alla Costa

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di SALVATORE AMATO

L’universitas civium o universitas loci era un ente collettivo che si autogovernava entro certi ambiti e con determinati poteri tradizionali, in dipendenza da un’autorità superiore. La sua istituzione risulterebbe attestata tra XIII e XIV secolo, periodo in cui in alcune città meridionali esisteva una universitas nobilium e una universitas popularium, entrambe soggetti attivi nella collettazione fiscale.  Nel caso di Ravello, in una fase iniziale, nobili e cittadini si riunivano in un unico sedile; successivamente, emergendo il ceto mediano ed insorti contrasti tra le due rappresentanze, fu scelta la soluzione dei seggi separati.  Una situazione, questa, che sembra aver avuto la sua fase più acuta nei primi decenni del Viceregno spagnolo, quando, alla stregua dei ‘Seggi’ napoletani, i Sedili nobiliari delle Università della Costa d’Amalfi godettero del privilegio di ‘Piazza Chiusa’, anche se in rapporto di subalternità con quelli della Città ‘dominante’, di cui emulavano comportamenti e istituzioni.

I luoghi in cui si celebrava la pubblica rappresentanza cittadina, oltre alle piazze pubbliche di Sant’Adiutore (attuale Piazza Fontana Moresca) e del Vescovado, potevano dipendere anche da particolari contingenze legate alla mobilità dei rappresentanti pubblici in occasione dell’annuale ciclo festivo cittadino, come avvenne il 29 giugno 1624, festa dei Santi Pietro e Paolo.

Quel giorno, poiché nella chiesa del casale di San Pietro alla Costa erano soliti accorrere numerosi cittadini a motivo della festa parrocchiale, il regio governatore di Ravello, don Francesco Morales, convocò l’Università Generale in parlamento per mezzo del giurato Cesare Manduca.

Alla seduta, riunita nell’atrio del luogo di culto, parteciparono i rappresentanti del governo nobiliare, il sindaco Fabio Fusco e l’eletto Andrea de Fusco, e il sindaco del popolo Giovan Domenico Pisano. A completare la rappresentanza pubblica c’erano altri 55 cittadini di estrazione nobiliare e popolare.

Il primo punto discusso riguardava il pagamento di alcune competenze in favore del precedente governatore regio Baldassarre Fonsega Sambia. Non essendo disponibile alcuna somma per il pagamento nella cassa pubblica, fu deliberato il recupero del denaro dall’affitto della semina del monte Cerreto per evitare l’arrivo di un commissario.

Successivamente, i rappresentanti del governo vennero autorizzati dai cittadini alla stipula di un atto notarile a beneficio di Giovan Angelo Rosa e la seduta si concluse con la nomina dei revisori dei conti, detti razionali, incaricati del controllo contabile relativo all’ultimo decennio amministrativo. Le persone individuate furono Orazio Frezza, Agostino Fenice e Giacomo Manso, prevedendo la rapida comunicazione dei nomi al governo regnicolo, per scongiurare la presenza di un controllore esterno, anche se in realtà la revisione spettava alla Città.

Così, quel lontano 29 giugno di quattrocento anni fa, partecipando alla festa di San Pietro, la cittadinanza si era raccolta anche per la celebrazione dei comuni valori civili e municipali.

redazione
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