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Il ricordo di Mons. Ercolano Marini a 72 anni dalla morte

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di SIGISMONDO NASTRI

16 novembre: settantaduesimo anniversario della morte di Mons. Ercolano Marini, arcivescovo di Amalfi dal 1915 al 1945. “Gloria tibi Trinitas” era il motto nel suo stemma. Sul mistero trinitario fu incentrata, infatti, tutta la sua attività pastorale e quella di teologo. Che tuttavia non lo distrasse da una intensa proficua e generosa azione umanitaria, in un periodo tragico della nostra storia, compreso tra i due conflitti mondiali.

La creazione dell’Orfanotrofio Anna e Natalia, “mentre la guerra [1915-18] aveva compiuto il suo ciclo di odio e di sangue – rilevò Matteo Incagliati, un giornalista che conosceva bene la realtà amalfitana -, parve all’arcivescovo mons. Ercolano Marini una necessità sociale, una ispirazione del ministero divino cui l’illustre prelato confida con austera virtù e con fervida anima le sue idealità. E gli orfani di guerra della città di Amalfi furono così tratti dalla via, e raccolti in un asilo, dove signoreggia lo spirito della solidarietà umana, non la pietà, non la carità. Perché l’arcivescovo Marini con la parola e con le consuetudini del suo ministero è riuscito a far sentire come il precetto di Gesù per i fanciulli abbia tale e tanta forza di suggestione da sollevare i diritti dell’amore in un’alta sublime sfera”.

Mi piace sottolineare che la data della morte del venerato presule s’intreccia con la ricorrenza, in calendario, della festa di San Giuseppe Moscati, del quale Mons. Marini fu grande estimatore in vita, primo biografo dopo la dipartita, anticipatore convinto della santità. Nella biografia dell’illustre clinico napoletano, l’arcivescovo si poneva l’interrogativo: “Che ne sarà del Moscati?…”, a cui dava questa risposta: “Io non sono in grado di sollevare il velo in cui è avvolto l’avvenire… Io amo vedere l’anima del prof. Moscati che con gli eletti scioglie il canto ineffabile a cui unisco l’umile canto dell’anima mia”.

Sono un devoto di Mons. Marini, mi rivolgo a lui nella preghiera. Credo fortemente nella sua santità: rammaricato che la Chiesa amalfitana, alla quale per anni ho rivolto accorati appelli, abbia fatto trascorrere quasi tre quarti di secolo (da quando è scomparso) prima di avviare la causa di beatificazione. Molti che avrebbero potuto sostenere l’iniziativa con la loro testimonianza ormai non ci sono più.

redazione
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