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“Mario Carotenuto, La compagna della pittura”, 20 novembre si chiude a Salerno evento centenario

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Nell’ambito delle manifestazioni per il centenario della nascita dell’artista Mario Carotenuto e all’interno della mostra curata da Massimo Bignardi e ospitata presso la Pinacoteca provinciale in via dei Mercanti a Salerno, domenica 20 novembre, alle 11.00 – giornata conclusiva della mostra – si presenterà in anteprima il volume edito da Francesco D’Amato editore “Mario Carotenuto, La compagna della pittura” a cura di Corradino Pellecchia.

Dialogheranno con il curatore il senatore Alfonso Andria e il professor Massimo Bignardi.

La ricerca e la riorganizzazione degli scritti di Mario Carotenuto, curata da Corradino Pellecchia, ha dato vita a questa antologia che traduce, in un’unica ‘narrazione’ – rileva Bignardi nella postfazione – l’assiduo esercizio che l’artista ha lasciato scorrere in parallelo al suo lavoro di pittore. Vien fuori, seguendo le datazioni poste a margine di ciascun testo, un’esperienza di confronto che Carotenuto ha tessuto, innanzitutto, con il contesto culturale nazionale, privo di toni polemici, anzi arricchito di curiosità e di realismo. Lo si scorge, in primis, dalle pagine dedicate alle significative esperienze artistiche che hanno segnato il Novecento italiano: la sua è una lucida analisi presente, con la stessa verve, nelle riflessioni, nelle domande che pone al proprio operato, con accenti introspettivi. Un’introspezione, che fronteggia “momenti propri della solitudine”, come avrebbe detto Bauman, di ripensamenti, che in un pittore che ha vissuto nell’immediato secondo dopoguerra le tensioni alimentate dal ‘duello’ tra astrattismo e realismo, assume la cifra di scavo. È stata la necessità di riflettere sul Sé, insistentemente avvertita nel corso dell’ultimo decennio di vita, nel quale la pittura lascia un ampio, se non proprio completo, spazio alla scrittura.

Negli scritti che Pellecchia ha raccolto nella sezione “La memoria del pittore”, l’avvicinarsi alla realtà, con gli occhi del presente, non ha obbligato Mario ad essere realista; nelle espressioni più alte della sua pittura, penso alla Crocifissione del 1949, a quelle datate al 1960, ai collages della metà degli anni Sessanta, ai dipinti nei quali si confronta con Giorgione, Raffaello, Velazquez, eccetera, si avverte una maggiore necessità di tenere i fili dell’immaginazione, cioè, con la fertile terra che si fa spazio illimitato di accadimenti. È,  conclude Bignardi, un “confronto con il contesto culturale italiano del dopoguerra, aperto al dialogo, dapprima con la città e, questo negli anni di maggiore sviluppo del dibattito sull’arte, registrato tra gli anni Sessanta e Settanta, e con gli intellettuali che in quegli anni contribuirono a segnare un nuovo passo alla cultura italiana: penso a Filiberto Menna, Aldo Falivena, Alfonso Gatto, Paolo Ricci, Vasco Pratolini, Eduardo Sanguineti, Rafael Alberti, Michele Prisco, figure che hanno condiviso le atmosfere dei suoi studi, da quello di via Matteo Ripa all’atelier della Torretta, a via san Benedetto, ove approda nella prima metà del decennio Settanta”.

Negli ultimi decenni, soprattutto nel Novanta, la pittura del Nostro acquista una nuova accelerazione; la grande dimensione che aveva già affrontato nel decennio precedente, ora si imponeva come un’ulteriore sfida. In campo, alcuni temi che riprendono sollecitazioni alimentate dal clima di quegli anni incerti, sul piano sociale, per le vicende giudiziarie che, di lì a poco, avrebbero visto l’azzeramento (così ci era parso) di un vecchio e corrotto sistema politico. Sono gli anni, per la critica così detta ufficiale, della condizione postmoderna, di un citazionismo che si serve di brani, separati, sconnessi, rispetto all’originale formulazione, tendente, in più casi, a giustapporre i linguaggi.

redazione
http://www.quotidianocostiera.it
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