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2 giugno 1946, il “voto” delle monache di Ravello

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di SALVATORE AMATO

«2 giugno 1946. Giorno in cui milioni di italiani si sono recati, nel nuovo clima di democrazia e libertà, alle urne ad assegnare il proprio voto. E le suore di clausura anche questa volta hanno adempiuto questo sacro santo dovere». Sono le parole con cui la cronaca monastica inizia il racconto di quella giornata. Era la seconda volta, dopo le consultazioni amministrative del 17 marzo, che la comunità si recava al seggio elettorale.

Così, «nelle prime ore della mattina», accompagnate da padre Vincenzo Santoro, vicerettore del Collegio serafico del Convento di San Francesco, 38 religiose tra professe e converse raggiungevano il palazzo municipale dove era stata allestita la sezione. Il tutto si verificò «in forma normale e senza alcun incidente» e lungo il percorso la comunità religiosa ricevette l’affettuoso saluto della popolazione, che rivolse attestazioni di stima all’abbadessa, Maria Maddalena Proto, a conferma dell’«attaccamento dei cittadini verso questa Alma Comunità».

Pur non manifestando l’intenzione di voto, le religiose orientarono la loro preferenza per la Costituente «a quel partito che offre garanzie ed affidamento per la Santa Chiesa e per i valori etici, sociali e patriottici della propria dottrina» e per il referendum «alla istituzione che è sì cara al cuore del popolo italiano per le sue tradizioni storiche e per il suo passato glorioso». All’esito della consultazione referendaria, nella dimensione che le era più consona, la comunità rivolgeva «preghiera di ringraziamento impetrando per la nostra amata Patria un sereno avvenire in un clima di cristiana e libera prosperità».

Foto: collezione B. Fraulo

redazione
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