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La festa patronale a Maiori in tempo di guerra: il 15 agosto 1943

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di DONATO SARNO

Gli antichi documenti dei secoli scorsi, nel descrivere la festa patronale dell’Assunta a Maiori, ci narrano che essa veniva sempre svolta, anche nei momenti di grave penuria economica, “con pompa e dispendio”, con una solenne e partecipata processione per le vie del paese, addobbate artisticamente con luminarie ed archi trionfali, con l’intervento di rinomate bande musicali e con lo sparo di “fuochi artificiali in gran quantità e diversi”. Per coprire le spese dei festeggiamenti, il Comune, prima dell’Unità d’Italia, destinava i proventi di un apposito tributo, gravante sul grano impiegato per la panificazione, ed inoltre, fino ad epoca relativamente recente, nominava annualmente una apposita Commissione, incaricata di organizzare tali festeggiamenti nel miglior modo possibile. Tutto ciò era voluto, visto e considerato dalla popolazione quale doveroso segno di devozione, affetto filiale e giubilo nei confronti della Beata Vergine, venerata sotto il titolo di Santa Maria a Mare.

Può pertanto ben immaginarsi il dolore ed il rincrescimento provati dai Maioresi quando, durante la seconda guerra mondiale, l’aggravarsi della situazione bellica costrinse a disapplicare parzialmente tali sentite e plurisecolari tradizioni, a cui erano attaccatissimi. Già la festa patronale del 15 agosto del 1942 si era svolta senza concerti musicali, in quanto l’Arcivescovo Monsignor Ercolano Marini aveva disposto che per l’intera Arcidiocesi le processioni avessero luogo con “spirito e forma penitenziali” e dunque solo con “canti di litanie di Santi, del Miserere e di altre invocazioni imploranti la misericordia di Dio, nelle cui mani sono la vittoria e la pacenel 1943 i bombardamenti che avevano iniziato, già da giugno, ad interessare la Campania, colpendo anche Salerno ed Amalfi, restrinsero ancor più i festeggiamenti, i quali furono limitati alle sole funzioni ecclesiastiche e comunque con la prescrizione di terminare all’imbrunire, dovendo essere rispettato di notte l’obbligo del coprifuoco. La caduta del Fascismo, avvenuta il 26 luglio 1943, non risolse i problemi, giacché la guerra continuava e le incursioni aeree si facevano sempre più intense, per cui in tutta la Costa d’Amalfi si temevano sia nuovi bombardamenti sia l’invasione in armi dell’esercito angloamericano, che dalla Sicilia in cui era sbarcato puntava minaccioso al continente. La situazione era talmente pericolosa che lo stesso Monsignor Marini, lasciata Amalfi, si era rifugiato per sicurezza a Scala presso i Padri Liguorini. E fu proprio a Scala che gli fu presentata intorno al 10 agosto 1943 una petizione dei Maioresi, suggerita da Salvatore Apicella, detto “o’ barone” ed appoggiata dalle autorità civili, dal clero e dal popolo: in essa si chiedeva all’Arcivescovo il premesso, in via del tutto eccezionale, di far discendere, in occasione della festa patronale del 15 agosto 1943, dalla sua nicchia l’antica e prodigiosa statua lignea di Santa Maria a Mare (cosa che di regola avveniva solo ogni cento anni), affinché proteggesse Maiori in un momento così difficile, in cui si trepidava non più soltanto per i soldati al fronte, ma anche per le sorti dell’intera cittadina, che rischiava di essere devastata e distrutta.

Monsignor Marini, essendo un pastore assai pio, subito diede con entusiasmo il suo assenso. La notizia di ciò – come racconta in una sua memoria Salvatore Apicella – fu accolta dai Maioresi,commossi “con le lacrime agli occhi” e “raggianti di gioia, e “si propagò non solo per tutto il paese, ma anche per i paesi limitrofi”. Sia il pomeriggio del 14 agosto, quando Santa Maria a Mare discese dalla nicchia, sia per tutta la giornata del 15 agosto la Collegiata fu gremitissima di fedeli. Il pontificale fu celebrato alle ore 10.00 dal Prevosto Monsignor Carlo Pasquali, il quale durante la predica si rivolse alla Patrona con queste toccanti ed accorate parole: “Solo Tu, o Madre di Dio, potrai salvarci! E devi volerlo, perché sei venuta prodigiosamente dal mare per costituirti nostra Regina. Abbi almeno pietà dei piccoli figli, di queste creature innocenti, o Maria”. Tra il pomeriggio del 14 e la mattina del 15 agosto si confessarono e comunicarono ben oltre cinquemila persone. Si può dire davvero che tutta Maiori si riversò in Collegiata; non a caso fu proprio il 15 agosto che alcuni tecnici militari dell’esercito alleato, approfittando di ciò ed in vista di un futuro sbarco, vennero in borghese ed in incognito a verificare se la strada di copertura del Corso Reginna poteva sostenere il passaggio dei carri armati, dopo aver preso contatti con uno stimato ingegnere del posto, l’ing. Gennaro Conforti, che li guidò nell’ispezione.

Nel pomeriggiodel 15 agosto, dopo i canti del Vespro, presieduto dal Prevosto Pasquali, rivestito della mitra e degli abiti prelatizi, la statua di Santa Maria a Mare fu portata fino al sagrato. In “quella grande terrazza, si fermò la Madonna a guardare Maiori, mentre tutti “con gli occhi umidi di lacrime guardavano la loro Patrona e qualcuno, balbettando a fior di labbra, diceva: “O Mamma, benedici la mia casa, benedici Maiori, benedici tutti e non permettere che Maiori diventi un mucchio di rovine”. Dopo qualche minuto di sosta, la venerata immagine ritornò indietro “verso il suo trono di misericordia, al canto di preghiere ed inni sacri”.

Fu insomma una festa in formato ridotto, senza la tradizionale processione per le strade del paese, senza gli spari e senza le artistiche luminarie, ma fu una festa caratterizzata ed impreziosita da manifestazioni di fede davvero sincere, che non restarono inascoltate. Infatti, come ebbe a ricordare trenta anni dopo il Prevosto Monsignor Nicola Milo, Maiori, pur risultando nel 1943 “maggiormente esposta per essere stata scelta come zona di sbarco, in virtù delle preghiere elevate accuratamente nella Collegiata nei giorni 14 e 15 agosto 1943, ed in virtù della protezione di S. Maria a Mare, la cui statua fu fatta oggetto di piena devozione da parte dei fedeli che eccezionalmente la rimossero dal trono portandola processionalmente sul sagrato, rimase completamente illesa dagli atti di guerra e dallo sbarco”. Ancora una volta Santa Maria a Mare, quale Madre amorevole e pietosa, aveva ascoltato la voce dei Suoi figli che a Lei avevano implorato aiuto e protezione. Ed è stato anche e soprattutto in considerazione di tale grazia ottenuta che esattamente cinquanta anni or sono, il 13 agosto 1973, giorno in cui si ricorda l’incoronazione di Santa Maria a Mare del 1769, venne riconosciuto all’Insigne Collegiata di Maiori il titolo di Santuario, di cui a giusto titolo continua a fregiarsi.

redazione
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