Un «collasso» dell’assetto pensionistico è «verosimile», gravato com’è dall’erogazione («per decenni») di assegni non sostenuti da «un corrispondente gettito contributivo», che è «alla radice del disavanzo» del sistema, nonché di «gran parte del debito pubblico». Del resto, le uscite per prestazioni sono stimate pari almeno al «23% del Prodotto interno lordo (Pil) attorno al 2030».
È il presidente del Cnel Renato Brunetta a lanciare l’allarme, intervenendo nella seconda audizione convocata dalla Bicamerale sugli Enti di previdenza, dopo il «debutto» una manciata di giorni fa della Corte dei Conti; «l’immigrazione, se regolare, può essere una risposta anche allo squilibrio contributivo», ha proseguito, puntando l’indice su quello che ha definito «il difetto» della riforma Dini (la legge 335/1995 che introdusse il sistema di calcolo contributivo, stabilendone la totale applicazione nei confronti di tutti gli assicurati dal 1° gennaio 1996, ndr), ossia «aver scaricato l’equilibrio del sistema sui futuri pensionati, salvaguardando soprattutto i lavoratori più anziani».