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Cafoni al mare, il ritorno

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di Miriam Bella

Vivere di turismo impone, che ci piaccia o meno, una certa predisposizione all’ospitalità. Per chi come me ha il privilegio di risiedere in Costiera Amalfitana, è giunto il momento dell’anno in cui è necessario fare i conti con un aspetto in particolare della questione. Uno fra quelli più incresciosi, di cui volentieri si farebbe a meno. Eppure, puntuali come lo sciame di moscerini quando indossi una t-shirt gialla, gradevoli come la sabbia sul ghiacciolo, al primo innalzamento delle temperature vedi spuntare quelli che per convenzione qui chiameremo “cafoni al mare”.

I cafoni al mare provengono da tutte le latitudini e si esprimono con diversi idiomi; la categoria, che naturalmente include persone ambosessi, ha come caratteristica l’ostentazione/esibizione delle proprie grazie. Da qui, la deduzione che i cafoni al mare siano dotati di grossa autostima, cosa che comunque risulta al momento irrilevante. Quel che importa, invece, è la loro ostinazione a spostarsi per le nostre vie cittadine, nonché nelle attività commerciali, così come stessero in spiaggia, senza pensare all’opportunità di indossare, che so, un capo di ultima generazione che, se non vado errata, si chiama copricostume. Eh no, non è un problema di “poterselo permettere”, come erroneamente potremmo pensare, non si tratta di quanto tonico sia il corpo esibito, o se la signora in due pezzi abbia la cellulite sui fianchi. Trattasi semplicemente di decoro, che come la legge dovrebbe essere uguale per tutti, e prescinde dalle ore trascorse in palestra.

“Ma come?”, potrebbe obiettare qualcuno, “e l’ospitalità? Quelli stanno in vacanza, vogliono stare tranquilli e noi mettiamo in mezzo il decoro?” Ecco, allora facciamo un esempio facile facile. Poniamo il caso, per quanto remoto, che io inviti qualcuno a stare da me, intendo proprio nella mia casa; questo qualcuno arriva e mi si presenta in mutande. Ora, immaginando che io quel giorno sia molto “Zen”, altro caso remoto, lo inviterei ad accomodarsi in bagno, supponendo abbia un’irrefrenabile voglia di farsi una doccia, unica scusa plausibile per la sua mise.

In poche parole, ospitare dovrebbe voler dire mettere a disposizione di chi arriva il proprio salotto buono, ma allo stesso modo pretenderne il rispetto, per sé ma anche per chi, a differenza dei cafoni del mare, è ospite con la O maiuscola. Essere ospitali, quando necessario, dovrebbe anche voler dire, di fronte a chi si mostra come se stesse nel proprio orinatoio, indicargli con chiarezza dov’è il bagno, altrimenti il rischio che si corre è che questi alla fine si confonda e la faccia lì dove si trova.

redazione
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