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Gli antichi proverbi della Costiera Amalfitana riproposti da Sigismondo Nastri

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di SIGISMONDO NASTRI

Vorrei consegnare alla memoria storica questi vecchi detti, che ho raccolto nel corso del tempo (se non li ho riportati in modo preciso, aiutatemi a correggerli!).

Vecchi detti, con i quali si sfruculiavano tra loro, in un passato neppure troppo lontano, gli abitanti della Costiera.

‘A legge ‘e Majure tre juorne dura: adda essere ben fatta pe’ durà juorne quatto. Adda essere perfetta pe’ ne durà sette.

[Detto ancora attuale tra i Maioresi: testimonia la difficoltà di far rispettare una qualsiasi norma deliberata in sede locale].

Amarfe è nu bello presepio, ma ‘e pasture so’ malamente.

[Bello il posto – ci mancherebbe! – Non altrettanto gli abitanti. Non si conoscono le motivazioni di chi ha generato il detto].

Amarfe, llà ‘nce rieste!”

[Non ho capito se è un incoraggiamento o un avvertimento].

‘A Maronna ‘e Pasetano d’ ‘a staggione è ‘o passamano.

[Il 15 agosto, giorno in cui si celebra a Positano la Madonna Assunta, è tradizionalmente associato alla cosiddetta “rottura del tempo”, il primo temporale anticipatore dell’autunno].

– ‘A scalinata ‘e Amarfe (quella spettacolare del duomo: 62 gradini), ‘a mitra ‘e Scala (nella ex cattedrale, prezioso dono di Carlo d’Angiò, del 1270), ‘o pùrpeto ‘e Raviello (nel duomo: splendido monumento del 1272), ‘o cuncierto ‘e Menure (dove c’è una cultura musicale che si trasmette di generazione in generazione), ‘o scuncierto ‘e Majure (inteso, mi spiega un amico, come “sommarietà disorganizzata”).

Un’altra versione è questa:

– Mitra e Scala, pùrpeto (oppure museca) ‘e Raviello, apparato ‘e Menure, scurcierto ‘e Majure.

[Il significato non cambia].

Atrane, fuje priesto!

[Non riesco a capirne il senso: la piazzetta di Atrani è forse il luogo più accogliente della Costiera. Gli atranesi hanno una cultura atavica dell’ospitalità].

Atranese e Cetarese, uno pe’ paese. E, si nun ce ne fosse, meglio fosse.

[Credo che gli Atranesi e i Cetaresi c’entrino per caso; è un detto, di stampo campanilistico, che può essere applicato agli abitanti di qualunque altro comune].

Atranese, sanghe nuosto.

[Testimonia il forte legame esistente, anche per ragioni storiche, tra i Maioresi e gli Atranesi].

Cesarano, nè alluorgio nè campane”.

Oppure: – Cesarano, senza alluorgio e senza campane.

[Scrive Lorenzo Imperato: “Lo diceva sempre mia nonna, ravellese doc, ma postina per anni a Tramonti, terra a cui era molto legata”. Credo che il proverbio voglia segnalare he Cesarano, frazione di Tramonti situata nella parte più alta del comune, è un luogo decisamente tranquillo, dove ci si può riposare. Se questa mia interpretazione è corretta, si tratta di un bel messaggio].

Volevo poi chiederLe:perché ci sono così tanti proverbi anti amalfitani? C’è qualche popolazione in particolare che li diffondeva o queste considerazioni sul capoluogo e i suoi abitanti sono diffuse in tutti gli altri comuni costieri?

Chi è zuoppo o senza père va a Atrane e trova mugliera”.

[I vecchi detti, riferiti ai paesi e agli abitanti della Costiera, contengono abitualmente espressioni sfottenti, di disprezzo, oppure offensive, dettate dalla rivalità che esisteva (e meno male che non c’è più) tra una località e l’altra.

Quello che pubblico qui prende di mira non le donne (alle quali vanno la mia solidarietà e le mie scuse), ma una certa tendenza alla riservatezza, al farsi i fatti propri, che caratterizzava, secondo quello che ci hanno tramandato gli antenati, la popolazione atranese (emblematico, il caso Picchirillo: un delitto commesso – mi pare di ricordare – prima della guerra. Sembra che tutti conoscessero il colpevole, ma nessuno ha mai aperto bocca].

Chiove e jesce viento, maie nisciuno ha ditto niente; è arrivato o ré d’ ‘o ca..o, leva ‘o cavallo r’annanze ‘o palazzo!

[Proverbio maiorese, segnalatomi, che prende di mira qualche esponente della aristocrazia locale].

Quanno austo s’è vestuto, ‘o malanno è già venuto!

[Col primo fresco d’agosto si annunciano già i ricorrenti abituali malanni autunnali].

Chi vo’ bontiempo, a Vetteca ‘a matina e ‘a Praiano ‘a sera campa.

[L’ho trovato così in un libro].

Io lo conoscevo in italiano:

Se vuoi vivere sano, la mane a Vettica e la sera a Praiano.

[Il significato è presto spiegato: il sole batte la mattina sull’abitato di Praiano (cuore amministrativo della cittadina), che è rivolto a est; e il pomeriggio sulla frazione Vettica, esposta a ponente. Da qui, ve lo garantisco, si gode un tramonto che non ammette confronti. Mi sorprendeva che il detto – trasmesso a noi di generazione in generazione – fosse in italiano e non in napoletano. Poi m’è capitato di trovarne un altro tra vecchie carte, scritto su un foglio di quaderno ingiallito:

– Si vuò’ campà allero e sano, ‘a matina staje a Vètteca e ‘a sera a Praiano.

[Lo preferisco. Suona meglio, è di più facile comprensione. Anche più efficace].

– Chi vo’ patì ‘e pene ‘e vierno, ‘a matina a Nuvella e ‘a sera a Patierno.

[Chi vuole patire le pene dell’inverno, la mattina a Novella e la sera a Paterno. (Grazie a Federico Ferrara per avermelo segnalato)].

– Cu ‘e ddoje Maronne (quelle di Maiori e di Positano, che si festeggiano nello stesso giorno) se ne va l’està.

[È tradizione che segua a breve, dopo il caldo afoso che ci ha accompagnati nella prima metà del mese, la cosiddetta… “rottura ‘e tiempo”].

Diceva ‘o boja ‘e Salierno: “Populo ‘e Salierno, chi male se guverna priesto more!”.

[Vale anche per noi. Devastando il territorio (e il pensiero va all’abusivismo, alle frane, agli incendi boschivi che arrivano a ogni estate, a certi progetti scellerati di opere “pubbliche”, ma anche alla massificazione del turismo, il cosiddetto over tourism), ci rendiamo complici della distruzione – che va avanti impunemente – delle peculiarità che hanno reso celebre il nostro territorio nel mondo. Altro che patrimonio dell’umanità!].

– ‘E Vetrajuole teneno ‘a casa a ddoje porte.

[Una maldicenza inaccettabile, messa in giro non si sa quando e da chi: il doppio ingresso potrebbe essere immaginato come un incentivo a tradimenti amorosi].

Ha mangiato (‘o marchese) Mezacapo, ha mangiato tutta Majure.

[Il marchese Mezzacapo era un ricco proprietario di fondi agricoli: dava lavoro a contadini e trasportatrici di limoni; da lui dipendeva buona parte dell’economia di Maiori].

Hê sagliuto ‘e grare sante, hê truvato ‘o fesso ca te campa.

[È rivolto, lo si capisce, alle donne che tradizionalmente raggiungono la Collegiata di S. Maria a Mare, a Maiori, attraverso la Scala santa, per il rito nuziale].

Lone tene nu cannone ca spara a uno e coglie a doje.

[È come quell’altro detto:

– Co na sola cartuccia spare a doje fucétole].

– Majure, siente ‘a messa e fuje!

[Non è così: ci sto da 52 anni e ci vivo bene].

– Marfitane, larghe ‘e vocca e stritte ‘e mane.

[Da amalfitano, quindi di parte, non posso che smentire. Ma non dimentico quello che disse una volta Enzo Tortora in tv: In fatto di tirchieria è noto che per superare un Genovese ci vogliono tre Ebrei; ma per superare un Amalfitano ci vogliono tre Ebrei genovesi.

(Chiedo scusa agli ebrei. Non è colpa mia se la vecchia aneddotica ce li ha presentati come campioni di avarizia e maestri nel condurre gli affari)].

Meglio no muorto dint’ ‘a casa ca nu Marfitano annanz’ â porta.

[Questo è cattivissimo, inaccettabile].

Meglio nu cane ‘e presa ca na femmena majurese.

[Mi è stato suggerito da un maiorese. Non mi sembra elegante e neppure condivisibile: da oltre mezzo secolo vivo a Maiori e non vi ho mai trovato riscontro].

Mitra ‘e Scala, pùrpeto ‘e Raviello, apparate ‘e Menùre, scuncierto ‘e Majure.

[Una variante di quello riportato a inizio elenco: detto squisitamente antimaiorese, teso a evidenziarne disorganizzazione e superficialità rispetto alle caratteristiche positive degli altri paesi. Forse era così una volta, ora ci si sta impegnando a fare le cose al meglio: ved. Carnevale, Maiori festival].

Menùre, ‘nce può stà n’ora! [Non è vero: a parte certe rivalità, che vanno oltre la dialettica politica, a Minori si sta ottimamente].

Ô Tramuntano ‘nce ‘a dà nu puorco pe’ n’avé nu cane.

[Non è vero che sia così. E neppure come sentenzia un altro, che riporto qui sotto, di segno opposto].

– ‘O Tramuntano scenne c’ ‘o lenzulo e saglie c’ ‘o maccaturo. [Inequivocabilmente, antimaiorese].

Pare ‘a museca ‘e Cetara.

[Lo traggo da un libro, con questa definizione: “Per indicare una disordinata riunione di gente, in cui ognuno agisce di propria iniziativa”].

Pasta e cucuzzielle, chesta è ‘a museca ‘e Raviello.

[Pasta e zucchine, quella che oggi gli chef hanno “nobilitato” col nome di pasta alla Nerano, è una pietanza tipica della festa patronale a Ravello].

Pe’ san Pantalione a Ravello se magna patane e cucuzzielle.

[De gustibus non est

disputandum]

Ràlle, ràlle, ca è atranese!

[Non so dire perché, è un incitamento alla violenza nei confronti degli atranesi. A meno che non abbia un altro significato che non riesco ad afferrare].

Se vuoi vivere sano, la mane a Vettica, la sera a Praiano”.

[Il significato è presto spiegato: il sole batte la mattina sull’abitato di Praiano (cuore amministrativo della cittadina), che è rivolto a est; e il pomeriggio sulla frazione Vettica, esposta a ponente. Da qui, ve lo garantisco, si gode un tramonto che non ammette confronti. Mi sorprendeva che il detto – trasmesso a noi di generazione in generazione – fosse in italiano e non in napoletano. Poi m’è capitato di trovarne un altro tra vecchie carte, scritto su un foglio di quaderno ingiallito: “Si vuò’ campà allero e sano, ‘a matina staje a Vètteca e ‘a sera a Praiano”. Lo preferisco.

Suona meglio, è di più facile comprensione. Anche più efficace].

Si si’ zuoppo o senza père, va’ a Atrane e truove mugliera.

[Si diceva che l’omertà fosse un tratto distintivo del popolo atranese. Da questa convinzione è scaturito il proverbio. Si racconta di un omicidio, vittima un tal Picchirillo. Pare che tutti sapessero chi era l’assassino, nessuno ne rivelò il nome.

Personalmente ho, nei confronti degli Atranesi, un forte debito di gratitudine].

– So’ pastare ‘e minurese, jetta càntere ‘e ‘tranise, attizza lite ‘e ‘marfitane, piscatori li cunchise, sega corne ‘e furorise; bellu lino fa Praiano, canavaccio Pasetano. [Cattivissimo, e ingeneroso, questo detto, nei confronti di amalfitani e atranesi; mentre di altri paesi vengono evidenziate qualità positive, come il richiamo ad antiche pratiche artigianali, ora del tutto scomparse].

– Tanno nu Marfiitano dice ‘a verità quanno ‘o gallo d’ ‘o campanaro cantarrà. [Storicamente, qui un fondo di verità forse c’è].

– Tramuntano, se sente ‘o fieto ‘a luntano. [Inaccettabile: prendeva di mira l’applicazione della gente di Tramonti nell’agricoltura e nella pastorizia. Ma una virtù non può mai generare un’offesa].

– Vietri, Majure e Maratea, uno viento mena. [Modo di dire dei vecchi pescatori, abituati a decifrare la direzione del vento a ogni uscita per mare].

Chi ne ha memoria, mi segnali – aggiungendoli nei commenti – filastrocche, detti, proverbi, strofette, sfruculiamienti vari che abbiano attinenza col territorio o con gli abitanti della Costiera (da Vietri a Positano ad Agerola). Ormai il mio bagaglio di conoscenze si è esaurito.

Grazie!

© Ricerca, elaborazione dei testi e commenti di Sigismondo Nastri

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