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Gli eroi della ‘Amalfi’ che salvarono Venezia

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di GABRIELE CAVALIERE

L’articolo del Quotidiano della Costiera commemora il triste episodio che segnò la fine dell’incrociatore Amalfi. Qualcuno ricorda la storia della nave?

Che la nave venne ad Amalfi per ricevere la bandiera di combattimento? 

E, soprattutto, che dalla sua fine nacque il corpo più blasonato della Marina Militare Italiana?

Procediamo con ordine…

L’incrociatore corazzato veloce “Amalfi” fu impostato a Genova nel Cantiere Navale della Foce e dopo il varo, avvenuto il 5 maggio 1908, fu armato, quindi consegnato alla Regia Marina e assegnato, sotto il comando del Capitano di Vascello Carlo Scotti, alla Forza Navale del Mediterraneo.

Il 3 agosto 1913 la nave giunse ad Amalfi per ricevere la bandiera di combattimento, dono della cittadinanza che, per il tramite del sindaco ne aveva fatto richiesta al Ministero della Marina Militare già nel 1908. Il tricolore fu ordinato ad una ditta di Como e affidata ad una suora di origini amalfitane, Suor Stefanina Merola delle Figlie della Carità a Materdei di Napoli, affinché vi ricamasse lo stemma sabaudo. In attesa dell’inalbero la bandiera fu riposta in un baule di bronzo e rame, realizzato su disegno del pittore amalfitano Pietro Scoppetta. Sul baule, oltre allo stemma della città, erano dipinti i fatti storici più importanti della storia della antica repubblica: l’ invenzione della bussola; la fondazione dello Ordine dei Cavalieri Ospedalieri, divenuti poi di Malta; le Pandette Giustinianee e le Tavole Amalfitane; la “Galera Capitana” (la Nave Ammiraglia della flotta, ndr) e l’incrociatore Amalfi; sul coperchio del baule, infine c’era un bassorilievo che riproduceva l’ affresco della Battaglia di Ostia dell’846, che si trova nelle Stanze di Raffaello in Vaticano: un baule che era una vera opera d’arte!

La mattina del 13 agosto da tutti i centri della Costiera accorsero ad Amalfi imbarcazioni di ogni tipo. Arrivò anche la regia nave Sardegna con a bordo il contrammiraglio Ducarne e il sottosegretario di Stato alla Marina Bergamasco. Il sindaco di Amalfi Nicola Casanova salì a bordo per accoglierli ed insieme si recarono al Comune tra gli applausi della folla. In Piazza Municipio ebbe luogo la consegna del cofano contenente la bandiera che, tra ali di folla festante, fu poi trasportato a bordo e consegnato al comandante della nave. La bandiera fu finalmente issata, accompagnata da un discorso solenne e da colpi di cannone.

La nave Amalfi si coprì di gloria in mille occasioni, fino ai tragici fatti del 7 giugno 1915, quando al largo di Chioggia, poco più tardi le 4 di mattina, la Amalfi venne colpita e affondata da un siluro lanciato dal sommergibile UB 14, comandato del Tenente di Vascello von Heimburg della Marina Imperiale Germanica, che operava sotto bandiera austro-ungarica.

Dei 749 uomini dell’equipaggio 67 perirono.  I superstiti furono raccolti dalle torpediniere Calipso e Procione e da altre unità presenti in zona. Lo spirito della nave Amalfi, tuttavia, continuò a vivere nei suoi uomini che pur l’avevano vista scomparire nei flutti.

Qui ha inizio la parte meno nota ma per certi versi, addirittura più gloriosa, della nave Amalfi.

Il 3 luglio 1915, tra la Regia Marina e lo Stato Maggiore del Regio Esercito era stato stilato un accordo che prevedeva l’intervento diretto, nelle azioni svolte in aree costiere, delle unità di artiglierie della Regia Marina. Il 20 luglio, quindi, con i componenti superstiti dell’equipaggio dell’Amalfi vennero create le batterie del Gruppo Amalfi, che al fianco di fanti e bersaglieri (dell’Esercito), furono protagoniste della cruenta avanzata sulle pendici del Carso!

Sul Carso i marinai dell’Amalfi guadagnarono tre Medaglie d’ Argento (di cui una alla memoria) e diciannove Medaglie di Bronzo. La storia dell’Amalfi e del suo equipaggio che non depone le armi, ma che corre in difesa della frontiera con più ardente coraggio, ispirò la canzone Inno alla Marina, musica di Rodolfo Falvo, versi di Libero Bovio.

A partire da allora i Fucilieri di Marina furono impiegati sempre più nelle zone costiere in sostituzione dell’Esercito e il 5 novembre 1917, pochissimo tempo dopo la disfatta di Caporetto, una compagnia costituita ad hoc, con i fanti della nave Amalfi e i marinai di tutti i distaccamenti della zona di Venezia, fu attestata nella zona di Cortellazzo, a difesa della laguna veneta e di Venezia, sotto attacco da parte degli Austriaci sia dal mare che da terra.

Fu in quella occasione che nacque il motto della Forza da Sbarco: Per Mare Per Terram!

Venezia fu salva grazie al valore e al sacrificio dei marinai, che subirono ingenti perdite. In segno dell’ eterna gratitudine della città, però, il sindaco Grimani presentò istanza al Ministero della Marina «affinché al nome San Marco si intitolasse il Reggimento Marina, consacrando così il sentimento di amore e di riconoscenza, verso quegli eroi che avevano protetto con il loro sangue la sua bellezza immortale».

Insieme al nome del suo protettore Venezia offrì anche la sua bandiera con il Leone alato. L’ investitura ebbe luogo in piazza San Marco il 25 marzo 1819. Ecco svelata la storia del glorioso Battaglione San Marco che in ricordo di quell’evento, domenica 30 marzo 2019, in Piazza San Marco a Venezia ha celebrato il 100° anniversario del conferimento del nome San Marco e della concessione dello stemma del Leone alato alla Fanteria di Marina.

….

Estratto da Voglia di Raccontare – volume secondo di Rita Di Lieto | Officine Zephiro Editore

I marinai d’Italia: Inno alla Marina

Pe’ fratelli caduti – alle nostre frontiere,

pe’ fratelli travolti – nell’abisso del mare,

dalle Italiche navi – dalle navi guerriere,

nuova luce di gloria – alla patria verrà.

Sono i morti di Lissa 

che oggi veglian su noi,

 sono i pallidi eroi,

insepolti, – del mare –

E l’Amalfi riappare

più terribile e fiera,

e la nostra bandiera,

oggi, sventola al sol!

Sulle navi veglianti – or si compiano i fati,

per i morti nel mare – sia vendetta sui mari!

A martirio novello – siamo tutti votati, –

Deh, si salvi la Patria che Dio vuole così!

 Sono i morti di Lissa8

etc. etc.

Beh l’Amalfi è affondata – il latino equipaggio

non depone le armi – non ritorna alla Terra, –

e alla nostra frontiera – con più ardente coraggio

corre e grida: Fratelli, siam salvi, siamo qua!

Sono i morti di Lissa

etc. etc.

redazione
http://www.quotidianocostiera.it
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