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Per sempre l’uomo e la roccia: cento anni fa nasceva Don Pantaleone Amato

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di Nicola Amato

Oggi ricorrono i cento anni dalla nascita di Don Pantaleone avvenuta il  27 aprile del 1922.

Mi piace ricordare Don Pantaleone con le parole di Antonio Borgese, suo amico fraterno,  nella  prefazione al libro “L’uomo e la roccia”  edito  nel 1997 in occasione dei cinquant’anni di sacerdozio di Don Pantaleone.

Questi alcuni passaggi della prefazione.

“Si dice comunemente che si nasce con una stella.

Descrivere il cammino fatto dalla stella sotto cui è nato don Pantaleone ed ha operato per oltre mezzo secolo, nel campo pastorale e umano, è estremamente impegnativo.

Se nel discorso commemorativo da me fatto in occasione dei festeggiamenti delle nozze d’argento del parroco, ebbi a dire che mi sentivo tremare ‘le vene e i polsi’, questa volta debbo confessare, con tutta sincerità, che provo addirittura paura, per una complessità di motivi nella trattazione della monografica storia di un uomo di fede.

Infatti, voler registrare tutta quella miriade di ricordi e di avvenimenti svoltisi nell’arco di cinquant’anni,è quasi letteral­mente impossibile, benché di molti di essi io sia stato anche testimone oculare e, talvolta, involontario spettatore. Tuttavia, conscio delle difficoltà, mi limiterò a descrivere, in modo sinte­tico, i fatti più salienti del cammino esistenziale e pastorale di un uomo e di un sacerdote che ha speso l’intera esistenza a servizio della chiesa, dei suoi parrocchiani e delle sue amate borgate, delle quali è stato sempre il punto di riferimento insostituibile per tutti e per tutti i loro bisogni e necessità umane, spirituali e sociali.

E’ la narrazione di una vita umile e sempli­ce, ma operosa e fèconda di bene, spesa totalmente per tutti i soggetti ai quali è stata rivolta la sua attività pastorale, con edificante abnegazione ed encomiabile zelo, realizzando opere imponenti con coraggio, con sacrificio, con sudore.

Solo colui che non si è mai imbrattato le mani nella calce o nel cemento come invece ha sempre fatto il nostro festeggiato, non può comprendere tutta la sconfinata ammirazione che biso­gna avere per un prete operaio e costruttore, anche di anime e di destini, il quale secondo me, meriterebbe già da vivo, un monumento per tutto quanto ha saputo realizzare…”

Bastano queste poche ma intense parole per descrivere Don Pantaleone e per consegnarlo alla memoria e alla storia utilizzando la celebre frase di Flacco Quinto Orazio: Non omnis moriar….

“Ho innalzato un monumento più duraturo del bronzo e più alto della regale maestà delle piramidi che nè la pioggia che corrode nè il vento impetuoso potrà abbattere nè l’interminabile corso degli anni e la fuga del tempo.

Non morirò del tutto, anzi una gran parte di me eviterà la morte e per sempre io crescerò rinnovato nella lode dei posteri”.

L’immortalità, sebbene non cercata dal Don Pantaleone,  è il frutto di un connubio tra la vita e la morte, ove il giudizio sulla vita vissuta, da chi l’ha conosciuto e da chi oggi ne può testimoniare e attestare la sua storia,  è solo l’anello di congiunzione con la vita, dopo la morte, che è il ricordo (il cd monumento alla memoria) piuttosto che l’oblio che ti proietta nella dimenticanza eterna.

Ne la “Voce del Santuario” del 1972, don Pantaleone scriveva: Un proverbio dice: chi si ferma è perduto. La vita è nel movimento. Quanti lavori sono stati intrapresi, eppure il traguardo non è ancora raggiunto. Per tutto quanto c’è la Provvidenza che tutto vede e a tutto provvede.

Quella Provvidenza che nel 1964 gli aveva permesso di realizzare, dai primi di aprile al 25 settembre, in poco meno di 180 giorni, il nuovo Santuario!

Pochi giorni prima della risurrezione di Cristo, Don Pantaleone, illuminato da Dio, già presagendo l’avvicinarsi al Padre celeste, aveva scritto il suo testamento spirituale nel messaggio pasquale che di lì a qualche giorno sarebbe stato distribuito ai suoi parrocchiani:

“La vita di tutti noi dovrebbe essere una corsa verso l’Assoluto… Sulla strada che ci porta a Dio è necessario correre, così potremo scoprire quanto sia vuota la vita senza Dio…… Chi si ferma è perduto….”

Aveva anche scritto che “ …la morte non è la fine di tutto” perché chi crede in Gesù è meritevole della vita eterna.

Con il senno di poi si può affermare che il tempo per tutti noi non trascorre mai invano e che nulla è perso se il tempo stesso ci aiuta a pensare e a meglio operare per il bene comune  e per gli obiettivi che ci si pone.

 “L’importante è che tutti ci sforziamo a rendere questo mondo sempre più bello e accogliente con la nostra fede, col nostro amore e con la nostra umiltà” (omelia di Don Pantaleone  del marzo 2005 pochi giorni prima della sua dipartita avvenuta il 22 marzo 2005).

Ma l’attività di Don Pantaleone non si è esaurita con la sua morte.

In questi anni l’Arcidiocesi di Amalfi Cava, grazie alla sensibilità del ns Arcivescovo Mons. Orazio Soricelli e dell’Economo diocesano don Luigi Colavolpe, ha emulato il ns compianto parroco.

E così ci si è  improvvisati costruttori di opere che tanto hanno giovato alle ragioni della Chiesa Santuario (Ascensore, Casa di accoglienza, Piazzetta Mons. Amato, adeguamento Santuario) e della Parrocchia (Cripta San Pietro, Chiesa Torello e da ultimo il restauro della Chiesa di San Pietro).

Sono state ristrutturate le case sottostanti il Santuario (donate dal compianto parroco alla Diocesi)  e manca veramente poco per  concederle in locazione alle famiglie vittime dello “sfratto per motivi turistici”.

Sono anche iniziati i lavori di rifacimento della  facciata del Santuario e del campanile.

Ma il 2022 è anche l’anno dei festeggiamenti nel ricordo di Don Pantaleone e di grandi novità per il “Suo” Santuario, di cui daremo notizia nei prossimi giorni.

Di sicuro oggi  Don Pantaleone ci sta sorridendo da lassù  per trasmetterci la certezza che la morte non è la fine di tutto!

redazione
http://www.quotidianocostiera.it
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