di EMILIANO AMATO
Sia nel mar Tirreno che nell’Adriatico, di fronte alla furia implacabile generata dallo scatenarsi di trombe marine, si tramanda che in un passato non molto lontano i pescatori usassero recitare una preghiera, accompagnata dal segno della croce ripetuto più volte, per poi compiere un gesto rituale: tagliare l’aria in direzione della tromba con un coltello dal manico nero e dalla lama affilata.

Secondo la tradizione questa funzione poteva essere svolta solo dal primogenito maschio che avesse appreso dal padre pescatore, la notte di Natale, la speciale e segreta formula da pronunciare. Formula che il figlio giurava di non rivelare mai a nessuno se non al suo primogenito maschio, a sua volta pescatore, di generazione in generazione.
Il marinaio prescelto si posizionava così sulla prua e disegnava con vigore un taglio immaginario che rappresentava l’atto di spezzare in due la minacciosa tromba prodottasi in mare aperto.


Tra leggende e superstizioni, tra sacro e profano, questa usanza che richiama i riti apotropaici del mondo classico fusi con la simbologia della religione cristiana, viene ricordata e tramandata da coloro che sono considerati nell’immaginario popolare i protettori delle popolazioni che vivono nei paesi costieri: i pescatori.
Da sempre, infatti, abituati a fronteggiare i mille pericoli del mare, a domare le tempeste portando a casa salva la pelle, i pescatori in passato erano considerati depositari di conoscenze magiche capaci di scongiurare eventi calamitosi, risolvendo situazioni estreme e salvando vite.
Un passato che nei ricordi e nella tradizione orale ancora resiste, anche di fronte alle più ineccepibili spiegazioni scientifiche dei fenomeni metereologici.
Foto di copertina e video: Filippo Amato