23.6 C
Amalfi

Il re è nudo… la violenza non ha genere

ultima modifica

Share post:

spot_imgspot_imgspot_img

di MARIA TERESA de SCIANNI*

Per chi la ricorda, è una favola di Hans Cristian Andersen, in cui un bambino con la semplicità e la purezza che gli è propria, non contaminato da convinzioni di comodo, da giudizi di merito o da piaggeria, dichiara ciò che vede, (o che non vede) e che tutti gli altri ugualmente vedono (o non vedono) e non hanno il coraggio di dire: “il Re è nudo”, cioè non indossa alcun vestito dal tessuto tanto raffinato e pregiato di cui si vanta.

Nella favola nessuno aveva avuto l’ardire di contraddire il Re… neanche lui stesso aveva avuto il coraggio di contraddire se stesso, pur sapendo in fondo di non avere indossato alcun vestito, convinto com’era di potersi permettere di dire il falso senza essere smentito, perché nessuno avrebbe osato smentirlo.

Non aveva calcolato che qualcuno, un uomo ancora “vergine” nell’animo, come solo un bambino può essere, l’avrebbe smentito!

Non è vero, però, che la verità possa arrivare solo da chi non la teme, la verità è sotto gli occhi di tutti ma non è facile ammetterla, a se stessi e agli altri, perché la verità impone il coraggio di affrontare la smentita, di subìre l’affronto di chi, forte della folla, del potere, dell’età, è pronto a dire il contrario e utilizzare il potere mediatico per affermarlo.

La società è composta da uomini e donne, da persone che, nel bene e nel male, sono cresciute in ambienti che li hanno forgiati e convinti che certe convenzioni, certe soluzioni, certe ideologie siano quelle giuste … perché è più facile dire che siano vere, come tutti pensano, piuttosto che il contrario.

Siamo tutti il frutto di famiglie che portano su di sé il retaggio di secoli di condizionamenti, religiosi, politici, sociali, che è difficile disapprovare, di cui è difficile non essere intrisi, da cui è eroico discostarsi.

Condizionamenti tali da farci credere che sia giusto o sia sbagliato ciò che è sempre stato considerato giusto o sbagliato.

E’ così che certi stereotipi, certi luoghi comuni hanno preso a far parte dei nostri pensieri al punto da non avere, noi, il coraggio di sconfessarli, di contestarli e provarne la falsità o l’errore.

E’ vero, ci sono voluti secoli di lotte per l’affermazione di certi diritti, ma è anche vero che ancora non si è compreso che il diritto non ha sesso, non ha religione, non ha colore della pelle, non ha condizione sociale.

Non siamo tutti uguali, e questo è, per fortuna, un dato di fatto, ma è anche vero che “essere accomunati” per genere, per età o per capacità e condizione sociale, per appartenenza ad una fede o ad un partito, fa comodo e rassicura, ma è profondamente sbagliato.

I cani sciolti non piacciono, non sono gestibili, fanno paura e vanno eliminati con la derisione, con la critica più bieca, con il disprezzo.

E cani sciolti non sono certo quegli animali amici dell’uomo, che tanto si proteggono, ma gli uomini e le donne che parlano una lingua diversa, nei concetti, da quella comunemente parlata.

Io sono convinta che la violenza non ha genere, non ha età, non ha estrazione sociale, non ha giustificazioni di sorta, non ha appartenenza ad alcun ambiente o realtà singolare, sia essa familiare o comunitaria.

La violenza è violenza e basta!

Ma da dove nasce la violenza?…. dall’esempio, dalla paura di non essere adeguato, di essere un minus rispetto ai più.

Lì dove un marito non rispetta la moglie o dove la moglie non rispetta un marito o dove, più semplicemente, una persona non rispetta l’altra, c’è anche un bambino che osserva, che impara e fa tesoro di quell’esempio.

In famiglia, a scuola, in palestra… si alza la voce, si impone la propria ragione con la violenza del comportamento aggressivo, prepotente, abusante…

Un genitore che non lascia parlare l’altro, che lo interrompe e lo deride o lo offende di fronte ai figli… un insegnante che non rispetta i tempi e i bisogni degli alunni ed impone a tutti il suo ruolo, la sua supremazia senza ascoltare, senza capire, utilizzando il potere della funzione e dell’età… un magistrato che non si sforza di capire ciò che è giusto, nel rispetto della legge, ma si limita ad applicare una legge che, per sua natura è fredda, generica e apodittica, per niente scritta per il singolo cittadino ma per una collettività, e che andrebbe applicata, adattandola, al caso concreto di quello stesso cittadino che chiede aiuto.. beh, quel magistrato non fa altro che leggere un testo e ripeterlo a voce alta, la voce del suo potere, senza interpretare quel testo, senza andare oltre, senza capire come, quel testo astratto, possa adattarsi al caso concreto, per meglio rappresentare il senso della giustizia, per meglio garantire ciò che è giusto.

Una donna che subìsce violenza da un uomo è una vittima…ma, nell’opinione comune è anche una che “se l’è cercata”!  un uomo che subìsce violenza da una donna, è un debole, ma per la stessa opinione comune, anche lui “se l’è cercata!

Non può di certo giustificarsi chi, abusando della propria forza o del proprio ruolo, aggredisce e si approfitta di chi è più debole…

Ma il punto è… chi è il più debole?

La forza e la debolezza non appartengono a priori a un uomo o a una donna per il solo fatto di essere un uomo e una donna.

E’ un problema culturale, non di rapporto tra i sessi, non di confronto tra chi ha forza e chi non ne ha.

Fino a quando i figli saranno educati al valore della forza (fisica e verbale) prima che della ragione e del rispetto, non cambieranno i ruoli e non cambierà la storia della nostra civiltà.

Finchè una madre non dimostrerà ai suoi figli che per lei, maschio o femmina, hanno lo stesso diritto di mangiare, di crescere, di parlare, ma anche lo stesso dovere di ascoltare, di capire, di collaborare, di condividere, senza ruoli, senza pregiudizi o preconcetti di genere… finchè quella madre, che è anche una donna, non pretenderà per se e per i figli lo stesso rispetto che lei riserva al suo compagno (marito o altro che sia) e, soprattutto, che dà a se stessa, non cresceranno figli con il senso del rispetto reciproco, con il senso profondo di ciò che è giusto, a prescindere dal sesso o dalla forza.

Finchè un padre non dimostrerà ai suoi figli l’importanza di vivere, assumendosi le proprie responsabilità, uomo o donna che sia, padre o madre, fratello o sorella, qualunque ruolo si occupi nella società, fuori o dentro casa, ricordando che ciò che conta è la responsabilità delle proprie azioni, la capacità di riconoscere i propri torti e di ottenere ragione con la forza dell’esempio, del comportamento ma soprattutto del ragionamento, che porta l’altro a riconoscere un torto… che poi torto non vuol dire errore colposo, ma solo un modo diverso di interpretare un fatto, senza la esperienza di riconoscerne la natura e la tipologia, buona o sbagliata che sia.

Finchè questo padre non dimostrerà ai suoi figli che il suo lavoro è importante per la sua famiglia al pari di quello della madre, qualunque esso sia, e finchè la madre non dimostrerà ai suoi figli che il valore di una persona non è direttamente proporzionato al tipo di lavoro che fa, ma alla capacità di assumersi le sua responsabilità…

Finchè tutto questo non sarà “normale” come mangiare, bere o dormire…, quei figli, se avranno vissuto nella prevaricazione e/o nella violenza, fisica o anche verbale, che non avranno imparato il valore “del sé” e “dell’altro”, ricorderanno l’esempio che hanno avuto e lo duplicheranno come esempio di vita da seguire.

Le donne useranno l’astuzia così come subiranno la forza, che per loro avrà il fascino dell’Uomo… quello che “non deve chiedere mai”…. Gli uomini useranno la forza fisica così come subiranno il fascino della donna che, facendo bella mostra di se, li terrà legati per soddisfare la loro vanità e desiderio di “possesso”…

Gli uni e le altre non avranno un rapporto equilibrato e basato sulla supremazia della ragione e della dialettica ma solo sugli istinti e sulle astuzie… finchè qualcuno non “sbaglierà” e allora “si sarà meritato la reazione”… perché anche questo si dice, che chi subisce violenza, di qualunque violenza si tratti, se l’è cercata! Perché non si è stati in grado di ragionare o capire il punto di vista dell’altro, ma solo di reagire a qualcosa che si è avvertito come “offensivo” e “lesivo” di un proprio spazio o di una propria condizione conquistata, e della quale non si è disposti a fare a meno.

Educare alla famiglia, alla parità umana, al rispetto dell’altro… E’ una strada ancora lunga da percorrere e liquidare quella che è violenza, con la parola “femminicidio” et similia, equivale a ridurre la portata del problema e a non riconoscere che le sue origini nascono da ragioni lontane e più profonde del semplice rapporto maschio-femmina, che affonda le radici in una cultura ancestrale e che è l’opposto di quella cultura che, invece, fatica ad affermarsi e a far comprendere che al di sopra dei maschi e delle femmine, esistono gli esseri umani!

Ma per qualcuno, questa cultura sarà sempre una forma di debolezza, questo è il vero problema.

Il Re è nudo… ci vuole coraggio a riconoscerlo!

*avvocato, presidente Osservatorio Nazionale sul Diritto di Famiglia, sezione di Salerno

redazione
http://www.quotidianocostiera.it
spot_imgspot_img

articoli correlati

Vaticano: Giornata Mondiale dei Bambini presentazione programma e partecipanti

Si terrà giovedì 16 maggio alle 11.30, nella Sala Stampa della Santa Sede (Sala San Pio X via dell’Ospedale...

Ravello, tassa di soggiorno: Comune ricorda le modalità di versamento

Con una nota il Comune di Ravello ricorda a tutti gli operatori turistici che il versamento alle casse...

“Fattorie Aperte”, sinergia tra Istituto “G. Pascoli” e Comune di Tramonti

L'Istituto Comprensivo "Giovanni Pascoli" e il Comune di Tramonti hanno collaborato con successo alla XV edizione di "Fattorie...

Salerno: addio a Rosaria Marrocco, docente di spessore e valore. Lutto al Regina Margherita

di EMILIANO AMATO Sono rari quegli insegnanti che non solo ti formano come persona e cittadino e nel contempo,...