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Il rischioso precedente di Cetara

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di EMILIANO AMATO

Il voto di oggi del Consiglio regionale della Campania sulla proposta del Comune di Cetara di modificare il PUT (L.R. 35/1987) ai sensi dell’art. 13 della L.R. 1/2007 per rendere possibile la costruzione di 30 alloggi di edilizia residenziale sociale, rappresenta un momento di particolare significato nella storia recente di territori della Costiera.

Al di là delle tante criticità strettamente giuridiche, messe in evidenza in questi giorni dagli esperti e rimarcate dalle associazioni ambientaliste, fino a questo momento le modifiche al Piano Urbanistico Territoriale dell’area Sorrentino-Amalfitana avevano riguardato quasi esclusivamente la costruzione di opere pubbliche. L’intervento in questione si configura invece come un progetto che consente a privati, riuniti con la forma giuridica di cooperativa edilizia, di poter costruire alloggi residenziali, previa concessione dei suoli con le consuete prassi amministrative.

Ma ciò avverrebbe non in un luogo qualsiasi. L’intervento – e per questo si chiede la modifica del PUT – è ubicato in un’area che la legge regionale citata classificava in zona territoriale 1a, vale a dire di massimo pregio e tutela naturale, dove non è possibile nessuna nuova edificazione. Senza considerare che l’area prescelta, per quanto riguarda il rischio idrogeologico, è una zona R2 (rischio moderato) e si incunea fra due aree a rischio elevato o molto elevato, con la strada di accesso da realizzare che è collocata in zona a rischio elevato.

Tra l’altro, come spiegato nella lettera inviata a tutti i consiglieri della regione Campania, mancano i presupposti demografici che nella pianificazione urbanistica comunale giustificano la realizzazione di nuovi alloggi, come previsto dall’articolo 9 della L.R. 35/87. Come si legge, la popolazione del piccolo centro costiero si è ridotta di circa il 20% negli ultimi anni rispetto alle stime indicate nella pianificazione (2400 abitanti nel 2024 a fronte degli attuali 1960 circa) e dunque la costruzione dei nuovi alloggi è in contrasto con i principi del proporzionamento dei piani.

E qui arriva il punto critico. Se si ammette che per un territorio soggetto a tutela paesaggistica, come la costiera Amalfitana, patrimonio UNESCO, la mancanza di aree idonee per soddisfare l’esigenza di disporre di nuovi alloggi, non supportata dall’andamento demografico, si può superare semplicemente cancellando la tutela per le zone che in precedenza erano state classificate da salvaguardare, allora è giunto il momento in cui tutto è possibile: basta chiederlo alla Regione. In sintesi, considerato che le zone classificate 1a sono quelle che  “comprendono  le maggiori emergenze tettoniche e morfologiche che si presentano prevalentemente con roccia affiorante o talvolta vegetazione spontanea” e come tali non devono accogliere nuova edificazione, ci si chiede cosa è cambiato nella sostanza del territorio per poter ignorare la precedente classificazione?

Non sfugge che la pericolosità di questa impostazione risiede nel fatto che essa andrebbe a costituire un incredibile precedente negativo al quale altri comuni non tarderebbero ad accodarsi. Visto che i vincoli demografici non contano, gli elementi di rischio idrogeologico presenti nelle aree a margine non destano preoccupazione, la classificazione dell’area può mutare senza troppe riflessioni, e c’è da soddisfare il bisogno di possedere un’abitazione, un’esigenza sempre presente in tutti i comuni soggetti al PUT, chi potrà fermare le nuove richieste? I rappresentanti dell’istituzione regionale si assumano la responsabilità di dare risposte e spieghino, dopo il caso Cetara, come si potranno declinare le esigenze di tutela paesaggistica e di presidio dei rischi con la deriva che si potrebbe aprire dopo l’approvazione dell’argomento in discussione.

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