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«’Ravellizzare’ l’Italia»: Vittorio Sgarbi esalta il ‘suo’ «paradiso anticipato» dal balcone della Rondinaia, ricordando Gore Vidal

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di EMILIANO AMATO

«Se si riuscisse a “ravellizzare” l’Italia, sarebbe tutto molto meglio. Qui non è meridione d’Italia, ma un posto del mondo, un luogo dell’anima, un paradiso anticipato».

Lo ha dichiarato il sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi che ieri, reduce dalla lectio magistralis su Caravaggio la sera prima nel Duomo di Scala, ha chiesto di visitare i luoghi iconici della città della musica, per un tour “rapido”, prima di ripartire e adempiere i suoi impegni istituzionali. Per lui Ravello resta uno stato d’animo, un modello culturale da seguire.

Di stanza all’hotel Palazzo Avino, doveva trovarsi a Verona per ritirare un riconoscimento per il Comune di Arpino, nel frusinate, di cui è sindaco. «Ma non ho resistito al fascino di Ravello, sono certo che mi scuserete» ha detto in collegamento skype al sindaco scaligero Damiano Tommasi e agli altri convenuti. Troppo forte il desiderio, aveva confidato al vicesindaco Gianluca Mansi (il sindaco non era in paese), di rivedere il busto di Sigilgaida, Villa Rufolo e la Rondinaia che fu dello scrittore americano Gore Vidal.

Nel mezzo il passaggio tra i palazzi gentilizi del centro storico, dove ha potuto ammirare la facciata di Palazzo Episcopio che la Regione Campania si appresta a completarne i restauri. «Parlerò con De Luca per sapere cosa vorrà farne e mi vorrò interessare personalmente delle fasi di restauro interno».

«Ravello mi ricorda la mia infanzia, quando ci venivo con i miei genitori. Farò il sindaco qui, prima poi». Scherza, ma non troppo Sgarbi, quando pensa al suo futuro, di impegno pubblico per la bellezza e l’arte, ammirando la sala di rappresentanza di Palazzo Tolla, sede del Municipio.

Passa il tempo ma lui resta sempre molto attento e critico, prosegue a passo spedito e non trascura nulla. Prima di arrivare in piazza nota i nuovi giardini pubblici del Monsignore, alle spalle del Duomo e ne giudica negativamente i moderni arredi, specie le balaustre in ferro «un’irruzione di elementi di design e contemporaneità contraddice lo spirito di Ravello», mettendo in discussione le scelte della Soprintendenza.

Sulla piazza, tra i saluti di turisti che lo riconoscono non rinunciando a un selfie e a una battuta, il noto critico d’arte fa una sortita al museo del Corallo per tornare ad ammirare il dipinto di Santa Francesca Romana di Antiveduto Grammatico, di scuola caravaggesca, che ben conosceva, avendolo “scoperto” per caso nel 2014, tra le opere di maggior pregio nella collezione privata del maestro Giorgio Filocamo, tanto da includerla nel suo ultimo libro «Scoperte e rivelazioni-caccia al tesoro dell’arte», edito da La nave di Teseo.

A La Rondinaia, che oggi è un relais di lusso, per prima cosa Sgarbi entra nello studio-museo di Gore Vidal, l’unica stanza rimasta inalterata, da cui sono nate alcune tra le sue opere più celebri. Con il direttore Flaviano Pinto, dopo un momento contemplativo, lascia il segno del suo passaggio sul libro degli ospiti. «L’emozione presente è scrivere un ricordo di Gore Vidal seduto dove lui scriveva e ricordando che lui ebbro era più lucido di tutti noi sobri, non io» scrive. Ma è sul balcone a strapiombo sul mare, poggiato sulla ringhiera a scrutare l’orizzonte, che si lascia andare. «Il mio pensiero da qui? E’ che siamo vivi in un luogo eterno. Una volta soltanto sono venuto a trovare qui Gore Vidal, e viveva come se fosse una cosa normale, come una divinità o un imperatore romano. Quando venni forse non vidi tutta la casa perché la ricordavo meno sontuosa, oggi che siamo qui lui non c’è più ma il luogo c’è ancora, i luoghi servono a ricordare le persone, danno memoria di Tiberio, di Malaparte, D’Annunzio e qui la memoria di Gore Vidal è viva, come se la sua vita fosse trasferita nei muri e lui rimanesse qui presente come un’anima inquieta che vaga nelle stanze. Lo si incontra anche se non c’è, quindi lo spirito dei luoghi sono i luoghi e lo spirito di chi li abita».

Il tour è poi proseguito per Villa Cimbrone col direttore Giorgio Vuilleumier che al sottosegretario ha mostrato gli ultimi interventi di restauro eseguiti esclusivamente con risorse proprie. «Non voglio accusare i dipendenti del mio ministero che rispetto e che seguo con l’attenzione che meritano – ha detto qui Sgarbi -, ma la visione del giardino del Monsignore con gli elementi delle ringhiere mostra una sensibilità estranea a Ravello rispetto a quello che un privato ha fatto in ferro battuto per la ringhiera di Villa Cimbrone. Dico alla Soprintendenza che si ispirino a questo modello, piuttosto che chiamare architetti e designer e inventare forme assurde». Il tour è proseguito, sempre di corsa, tra una scoperta e l’altra, tra la biblioteca di San Francesco, accolto  da Padre Francesco Capobianco a cui Sgarbi promette: «Tornerò a trovarti presto, vecchio mio».

Nel Duomo di Ravello alla presenza di Don Angelo Mansi. Qui ha potuto ammirare il busto di Sigilgaida Rufolo «tra le maggiori opere di età federiciana» ha detto, scrutando la teca con la sua inseparabile torcia a led. Il giorno prima aveva invece visitato al millenaria chiesa di San Giovanni del Toro.

Immancabile la visita a Villa Rufolo, dopo aver annunciato il suo arrivo. Col direttore generale Maurizio Pietrantonio si è discusso della necessità di sottoscrivere il nuovo accordo per la regolamentazione della parte demaniale del complesso monumentale, di competenza ministeriale. Il giorno precedente Sgarbi aveva visitato anche l’albergo Palazzo Confalone, apprezzandone lo stile e lo stato di conservazione interna che restituisce l’architettura delle antiche domus patrizie locali, apprezzandone gli elementi d’arerredi e riconoscendo alcune opere d’arte.

Insomma, doveva essere un tour rapido, trasformatosi nella riscoperta della parte più visibile del vastissimo patrimonio culturale di Ravello, che Sgarbi ha ancora una volta esaltato.

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