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Ravello, 24 aprile 1944: la testimonianza di Benedetto Croce a Palazzo Episcopio

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di SALVATORE AMATO

Nei “Quaderni della Critica”, editi dal 1945 al 1951, Benedetto Croce pubblicò in più puntate l’estratto di un diario dal titolo: “Quando l’Italia era tagliata in due”, relativo al periodo dal 25 luglio 1943 all’8 giugno 1944.

Appartenente al partito liberale italiano, Croce venne nominato Ministro senza portafoglio del governo Badoglio II insieme a Sforza, Rodinò e Togliatti (CLICCA QUI PER IL VIDEO).

Nel suo diario registrò minutamente gli eventi di quel 24 aprile di 80 anni fa:

«L’automobile è venuto da Salerno alle otto; e alle dieci erano già raccolti nel palazzo del Comune molti dei ministri e sottosegretari: è seguita la presentazione di quelli che non conoscevo e particolarmente dei ministri militari. Si è dovuto indugiare un’ora e mezza, perché lo Sforza coi suoi amici ha  telefonato da Napoli di un guasto accaduto nella sua auto. IL Consiglio dei ministri è stato breve: si sono presi accordi, primo circa le dichiarazioni programmatiche che  stenderò io  con gli altri quattro ministri  senza  portafoglio  in  una riunione  che si terrà nella mia casa dopo domani alle 15,30; secondo, per  formulare una dichiarazione, che il Badoglio leggerà al re, circa  i  ministri designati dai vari partiti e le ragioni della loro  unione presente e  della  loro  concordia,  che non   vuol dire rinunzia ai convincimenti politici di ciascuno,- che ciascuno farà valere quando il  popolo italiano sarà convocato  ai  liberi comizi e  deciderà circa la forma dello stato, ma che oggi prevale su ogni altra cosa la necessità, che tutti essi sentono  del pari, d’intendere unicamente al comune bene della  patria. Presi altri accordi e scambiate idee, particolarmente sulla convenienza  di una Consulta da porre  accanto al governo  quasi simbolo del non ancora esistente  parlamento, il Consiglio  si è sciolto. 

Alle 14,30 tutti i ministri sono partiti per Ravello dove dimora il re, che li ha accolti molto   correttamente, e me cordialmente, con una vigorosa stretta di mano. L’ho ritrovato non solo  molto  vecchio, come  siamo  diventati tutti della sua generazione, ma  sbiancato nel  colore,  molle nelle  linee del volto  e reso quasi più piccolo nella sua piccola persona, con occhi fissi, e mi pareva di averlo già visto,  e  pur di non averlo visto,  in questa  sembianza, finchè mi sono ricordato che così era diventata sua madre, la regina Margherita, nell’espressione, nel  gesto e nell’atteggiamento, quando nel 1921 avevo  occasione di visitarla come ministro  dell’istruzione. 

Egli ha ascoltato la formula lettagli dal Badoglio (che credo che gli sia stata comunicata prima del nostro arrivo), ed a sua volta ha letto alcune parole nelle quali ha detto che il bene della  patria è stato il  fine che lui come il Badoglio ha tenuto  sempre in cima dei  suoi pensieri. Sottoscritti i fogli del  giuramento, mi ha soffermato  per dirmi che, in quella villa dei  Sangro dove dimora, aveva  trovato molti  volumi  miei, che leggeva, e  mi ha manifestato il suo particolare interesse per i miei racconti delle  vite  del conte di Campobasso Cola di Monforte e di Lucrezia d’Alagno. Ho assai sofferto per le sei ore e più di automobile e  per la  giornata afosissima,  e sono tornato a  Sorrento con lo  stomaco  nauseato e  prostrato di forze. La sera abbiamo dovuto assistere di qui all’angoscioso spettacolo di una nuova incursione tedesca su Napoli».

redazione
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