di EMILIANO AMATO
«La Fondazione Ravello sta acquisendo buona stampa da un certo tempo a questa parte. Probabilmente le critiche vengono soprattutto da persone che rimpiangono di non esserne più parte». E’ uno dei passaggi del presidente della Fondazione Ravello, Dino Falconio, questa mattina in sede di presentazione del programma del Ravello Festival 2023.
Chiaro il riferimento a chi costantemente orienta un mezzo d’informazione per colpire l’ente che gestisce Villa Rufolo e l’auditorium “Oscar Niemeyer” e che organizza il Ravello Festival.
Critiche gratuite – con i soliti e inossidabili espedienti di personaggi arcinoti e vetusti – alle politiche di gestione dell’ente culturale che Falconio difende a spada tratta.
«Di fatto l’attività culturale alla quale siamo chiamati viene eseguita nel rispetto non solo degli scopi statutari – sottolinea il presidente – ma nel rispetto di una filiera ordinamentale che è la bussola di orientamento della nostra azione che parte dall’articolo 9 e 33 della Costituzione passa per lo statuto regionale che individua l’attività culturale come uno dei campi di azione. E noi interpretiamo questo ruolo in uno spirito repubblicano democratico di diffusione della cultura e della conoscenza. Lo facciamo quest’anno con un programma che coniuga originalità e internazionalità».
«Secondo l’internazionalità la cultura non ha senso se non è scambio e il nostro scambio avviene con le orchestre più importanti del mondo e dunque in questo mix tra originalità e internazionalità riusciamo a ottenere un ambizioso obiettivo di essere i produttori di una cultura che sia una cultura che unisca gli elementi della globalizzazione e le radici locali» ha sottolineato Falconio.