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Il rito dell’aperitivo nel salotto di Ravello: la cultura del buon bere è qui

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di NOVELLA NICODEMI

C’è un momento della giornata a cui nessuno, oramai, sembra voler rinunciare. Il segnale scatta al tramonto, dopo un’intensa giornata di lavoro o nella spensieratezza del weekend. Quello dell’aperitivo è diventato un momento sacro: per scaricarsi dallo stress e ricaricare le batterie, per liberarsi, rilassarsi, per fare quattro chiacchiere con gli amici al bar con la complicità di un buon drink, ritrovando i piccoli piaceri della vita. E’ un’ora felice, quella che si può trascorrere dalle 18 alle 21, senza scomodare la moda dell’happy hour che ha provato a sostituire l’aperitivo classico. Chiamatelo pure semplicemente “ape” oppure “apericena”, a noi italiani piace così. Perché non è una novità dei nostri giorni ma ha radici ben più antiche.

Il torinese Antonio Benedetto Carpano non poteva neanche immaginare che la bevanda da lui inventata nel 1786 (a base di vino bianco miscelato a erbe e spezie), il Vermouth, sarebbe stato il re degli aperitivi, gustato nel 1800 prevalentemente nei caffè delle grandi città del nord Italia, ed esportato in seguito in tutto il mondo. Né il fiorentino conte Negroni avrebbe mai pensato che il suo cognome sarebbe stato attribuito a uno dei cocktail più bevuti di sempre.

Nell’ italian way of life, l’aperitivo è diventato irrinunciabile: negli anni Novanta imperavano i cocktails a base di Vodka, l’Americano e il Negroni ‘sbagliato’; oggi si aggiungono gli Spritz, ma anche selezionati vini al calice e l’immancabile Prosecco. Se a Milano ‘si usa’ fare un aperitivo con ricco buffet la domenica mattina – il brunch – in Costiera Amalfitana l’aperitivo, che è un vero e proprio rito, si consuma nelle piazze e negli scorci più suggestivi dei quattordici comuni – da Amalfi a Positano, da Maiori a Ravello –  con sottofondi di musica lounge. Cosa c’è di meglio che prepararsi alla cena sorseggiando un drink d’autore, accompagnato da un’accurata selezione di finger food, dopo aver spento l’interruttore dei doveri e dei pensieri?

Poi, se quel rito lo consumi a Ravello, patria di stile e dell’ozio creativo tanto caro al sociologo Domenico De Masi, quel momento diventa pura poesia: un’esaltazione dei sensi e dello spirito (in ogni sua forma), un piacere dell’anima.

In piazza Vescovado, elegante salotto en plein air, si è proiettati in un’atmosfera quasi metafisica, con il Duomo le cui campane danno la misura del tempo e i maestosi pini marittimi che la proteggono, svettando sulla vallata oltre la quale si staglia la dirimpettaia Scala. Un posto in prima fila in questo contesto è tra i tavoli del bar Al San Domingo. Questo locale storico, il cui nome e logo sono legati a una vecchia torrefazione di caffè di Napoli, fu fondato nel 1929, durante il ventennio fascista, quando, essendo banditi i forestierismi si usava il vocabolo ‘caffè’ o ‘mescita’ per indicare il bar. Oggi è gestito dalla terza generazione –  i fratelli Luigi, Giancarlo e  Marco –  che guarda alla quarta, con Fernando che è un vero mago dei cocktail. Qui il momento dedicato all’aperitivo ha un che di sacro.

Ai tavoli del San Domingo si sono seduti personaggi del calibro di Humphrey Bogart, Gina Lollobrigida, Gianni Agnelli, Bruce Springsteen, Sting, Rupert Everett, Margherita d’Inghilterra, Tim Robbins e Susan Sarandon (solo per citarne qualcuno). E non è raro poi trovarsi seduti accanto a star internazionali che si confondono con naturalezza tra i comuni mortali. E’ stato il bar di Jakie Kennedy durante la sua lunga vacanza a Ravello nell’agosto del 1962. Con una lettera della Casa Bianca ringraziò Fernando Schiavo per l’omaggio di alcune bottiglie di rhum e per l’ospitalità offerta durante le serate con giornalisti e fotografi al seguito. Qui Gore Vidal, in compagnia dell’inseparabile Howard Austin, allungava i suoi wisky con l’acqua. Il noto scrittore Antonio Scurati ci trascorre le sue sere d’estate con la famiglia, tra una fatica letteraria e l’altra. Ai tavoli di questo bar il giornalista Franco Di Mare ha scritto un romanzo di successo “Il Caffè dei miracoli”.

Basterà consultare con attenzione l’accurata lista dei drink proposti dal giovane bartender Fernando Schiavo per comprendere che dietro ogni creazione c’è studio e conoscenza profonda di ogni singola miscela, derivante dal senso di appartenenza a una storia, lunga 93 anni, oltre a estro e creatività. Ad affiancarlo Giulio Cioffi, prezioso collaboratore formatosi proprio al San Domingo, ormai uno di famiglia.

Insomma, quello che ti concedi a Ravello non è un semplice aperitivo, ma un’esperienza mistica. Perché, in questo luogo magico intriso di spiritualità, di storia e storie, oltre che occasione di svago e convivialità, questo rito diventa anche momento di meditazione, riflessione, pace e ispirazione che ti riconcilia con la vita. Un momento che provoca (sana) dipendenza.

Qui passa il mondo: turisti provenienti da ogni angolo del globo, coppie di ogni nazionalità che hanno scelto Ravello per il fatidico “sì”, che ne fanno paese poliglotta aperto a ogni cultura, anche a quella del buon bere.

redazione
http://www.quotidianocostiera.it
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