Le drammatiche notizie corredate da spaventose immagini che ci giungono dalle Marche ci riportano inevitabilmente ad Atrani in quel tragico 9 settembre 2010.
Tante sono le analogie: il mese di settembre, la bomba d’acqua, il fiume di fango, nessuna comunicazione preventiva, scarsa manutenzione, i morti. I sindaci marchigiani denunciano il mancato avviso d’allerta meteo. Anche ad Atrani fu così. Nessun bollettino, nessun fax della Protezione Civile al Comune. Anche in quel caso si trattò di un fenomeno improvviso (non calcolato o incalcolabile).
Oggi, specie in Campania, soprattutto dopo quell’esperienza, l’attenzione talvolta è anche eccedente: mediante il nostro lavoro di diffusione delle note, puntuali, della Protezione Civile Regionale, sovente ravvisiamo critiche, specie da parte degli operatori turistici, circa la diramazione di stati di allerta che il giorno seguente si rilevano non motivati. Magari è piovuto a Cava o a Salerno e non in Costiera.
Ma a posteriori preferiamo il senso di responsabilità e l’eccesso di prudenza, anziché essere colti di sorpresa. Meglio eccedere nelle misure preventive che essere completamente impreparati e impotenti quando ormai è troppo tardi.
Oggi ad Atrani il torrente Dragone è monitorato da un sistema di rilevatori che al raggiungimento del livello di sicurezza attivano le sirene ad allertare la popolazione. In quel momento scatta il piano di evacuazione con precise indicazioni sulle vie di fuga da seguire. E soprattutto da quell’evento è nata una nuova cultura, consapevole, della prevenzione attraverso la manutenzione costante del territorio. Ma ancora tanto c’è da fare.
La storia è maestra di vita, la prudenza non è mai troppa e soprattutto la prevenzione dal rischio idrogeologico deve continuare ad essere in cima all’agenda politica di ogni singola amministrazione comunale della Costiera. Affinchè il sacrificio di Francesca Mansi non sia mai vano.